1. Il CNF pronuncia sui reclami avverso i provvedimenti disciplinari nonchè in materia di albi, elenchi e registri e rilascio di certificato di compiuta pratica; pronuncia sui ricorsi relativi alle elezioni dei consigli dell’ordine; risolve i conflitti di competenza tra ordini circondariali1; esercita le funzioni disciplinari nei confronti dei propri componenti, quando il consiglio distrettuale di disciplina competente abbia deliberato l’apertura del procedimento disciplinare. La funzione giurisdizionale si svolge secondo le previsioni di cui agli articoli da 59 a 65 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37.
2. Le udienze del CNF sono pubbliche. Ad esse partecipa, con funzioni di pubblico ministero, un magistrato, con grado non inferiore a consigliere di cassazione, delegato dal procuratore generale presso la Corte di cassazione.
3. Per la partecipazione alle procedure in materia disciplinare del CNF, ai magistrati non sono riconosciuti compensi, indennità o gettoni di presenza.
4. Le decisioni del CNF sono notificate, entro trenta giorni, all’interessato e al pubblico ministero presso la corte d’appello e il tribunale della circoscrizione alla quale l’interessato appartiene. Nello stesso termine sono comunicate al consiglio dell’ordine della circoscrizione stessa.
5. Nei casi di cui al comma 1 la notificazione è fatta agli interessati e al pubblico ministero presso la Corte di cassazione.
6. Gli interessati e il pubblico ministero possono proporre ricorso avverso le decisioni del CNF alle sezioni unite della Corte di cassazione, entro trenta giorni dalla notificazione2, per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge.
7. Il ricorso non ha effetto sospensivo. Tuttavia l’esecuzione può essere sospesa dalle sezioni unite della Corte di cassazione in camera di consiglio su istanza del ricorrente.
8. Nel caso di annullamento con rinvio, il rinvio è fatto al CNF, il quale deve conformarsi alla decisione della Corte di cassazione circa il punto di diritto sul quale essa ha pronunciato.
Il giudizio dinanzi al CNF
La giurisdizione speciale domestica
Il CNF è Giudice speciale che esercita funzioni giurisdizionali in conformità a Costituzione
Le decisioni assunte dal Consiglio nazionale forense sono rese da un organo giurisdizionale (giudice speciale istituito dall’art. 21 D.Lgs.Lgt. n. 382/1944 e tuttora operante, in forza della previsione della 6″ disposizione transitoria della Costituzione), in base a norme che, quanto alla nomina dei componenti del medesimo CNF ed al procedimento di disciplina dei professionisti iscritti al relativo ordine, assicurano, per il metodo elettivo della prima e per le sufficienti garanzie difensive proprie del secondo, il corretto esercizio della funzione giurisdizionale, affidata al suddetto organo in tale materia, con riguardo all’indipendenza del giudice ed alla imparzialità dei giudizi. La disciplina della funzione giurisdizionale del C.N.F., quale giudice terzo, è coperta dall’art. 108 co. 2 Cost. e dall’art. 111 co. 2 Cost. (Cass. n. 19013/2023, CNF n. 194/2023, Cass. n. 22728/2022, Cass. n. 17334/2021, Cass. n. 8777/2021, Cass. n. 2603/2021, CNF n. 219/2020, Cass. n. 34445/2019, Cass. n. 34438/2019, Cass. n. 34435/2019, Cass. n. 34434/2019, Cass. n. 34430/2019, Cass. n. 34429/2019, Cass. n. 22714/2019, Cass. n. 2084/2019, CNF n. 80/2019, Cass. n. 19653/2018, Cass. n. 16993/2017, CNF n. 75/2016, CNF n. 27/2015, Cass. n. 12064/2014, Cass. n. 782/2014, Cass. n. 781/2014, Cass. n. 778/2014, Cass. n. 777/2014, Cass. n. 776/2014, Cass. n. 775/2014, CNF n. 209/2014, CNF n. 87/2014, CNF n. 111/2013, CNF n. 63/2013).
Peraltro, sul requisito in esame non può influire la circostanza che i componenti del Consiglio Nazionale Forense appartengano all’ordine di professionisti nei confronti dei quali il detto organo deve esercitare le sue funzioni, poiché il tratto caratteristico della c.d. giurisdizione professionale c.d. domestica (conosciuta anche dagli ordinamenti di altri Stati) è dato proprio dalla vasta partecipazione – anche indiretta tramite il sistema elettivo, garanzia di per se stesso della democraticità del sistema e costituzionalmente legittimo (cfr. art. 106 Cost., comma 2) – dei medesimi soggetti appartenenti alla categoria interessata, partecipazione che è giustificata dalla specifica idoneità dei singoli componenti il Collegio a pronunziarsi nella materia disciplinare, attinente, in sostanza, alle regole di deontologia professionale che l’Ordine ha ritenuto di dare a se stesso ed ai propri appartenenti riconoscendone la validità e la conformità alla communis opinio in un determinato momento storico ed in un determinato contesto sociale (Cass. n. 17334/2021, CNF n. 219/2020, CNF n. 85/2018, Cass. n. 12064/2014).
Infine, la funzione consultiva e di indirizzo non ne compromette la terzietà in sede giurisdizionale, sicché la circostanza che il CNF abbia espresso in sede amministrativa un parere ovvero emanato una circolare sulla medesima questione fatta poi oggetto di sua valutazione in sede giurisdizionale, non comporta alcun difetto di terzietà o imparzialità né rileva ai fini di un’eventuale astensione o ricusazione (art. 51 cpc), atteso che la natura amministrativa dell’atto evidenzia un ipotetico interesse del tutto astratto e non “diretto” del CNF (CNF n. 39/2022, CNF n. 190/2021, CNF n. 190/2021, Cass. n. 34445/2019, Cass. n. 34438/2019, Cass. n. 34435/2019, Cass. n. 34434/2019, Cass. n. 34430/2019, Cass. n. 34429/2019, Cass. n. 3706/2019, Cass. n. 3516/2019, CNF n. 195/2019, CNF n. 179/2019, CNF n. 178/2019, CNF n. 123/2019, CNF n. 54/2019, CNF n. 11/2019, CNF n. 10/2019, CNF n. 256/2018, CNF n. 255/2018, CNF n. 254/2018, CNF n. 252/2018, CNF n. 251/2018, CNF n. 250/2018, CNF n. 240/2018, CNF n. 239/2018, CNF n. 238/2018, CNF n. 237/2018, CNF n. 235/2018, CNF n. 234/2018, CNF n. 233/2018, CNF n. 232/2018, CNF n. 212/2018, CNF n. 144/2018, CNF n. 85/2014, CNF n. 79/2018, CNF n. 78/2018, Cass. n. 21114/2017, Cass. n. 19404/2017, Cass. n. 19403/2017, Cass. n. 19403/2017, Cass. n. 12064/2014, CNF n. 782/2014, CNF n. 781/2014, CNF n. 778/2014, CNF n. 777/2014, CNF n. 776/2014, CNF n. 775/2014, CNF n. 148/2014).
Sanzioni disciplinari, tenuta degli albi e contenzioso elettorale: la giurisdizione del CNF comprende anche agli atti amministrativi presupposti e conseguenti
Il CNF ha giurisdizione speciale esclusiva in relazione ai provvedimenti disciplinari, così come a quelli in materia di albi, elenchi e registri, rilascio di certificato di compiuta pratica e contenzioso elettorale, a prescindere dalla consistenza della situazione giuridica soggettiva in contesa (diritto o interesse legittimo). Tale giurisdizione riguarda anche agli atti amministrativi presupposti e conseguenti, che pertanto non possono essere autonomamente impugnati dinanzi al TAR (Cass. n. 19103/2023, CNF n. 156/2022, CNF n. 72/2022, Cass. n. 16548/2020, CNF n. 82/2020, Cass. n. 34445/2019, Cass. n. 34438/2019, Cass. n. 34435/2019, Cass. n. 34435/2019, Cass. n. 34434/2019, Cass. n. 34430/2019, Cass. n. 34429/2019, Cass. n. 3706/2019, CNF n. 158/2018, CNF n. 85/2018, Cons.Stato n. 348/2018, CNF n. 123/2017).
La composizione e le funzioni giurisdizionali del CNF sono soggette a riserva assoluta di legge
Il Consiglio nazionale forense è “giudice speciale” ai sensi e per gli effetti del combinato disposto della VI disp. trans. Cost. e dell’art. 102 Cost., sicché la disciplina che ne regola la composizione e le funzioni giurisdizionali è soggetta a riserva assoluta di legge ex art. 108 della Costituzione (CNF n. 318/2016, Cass. n. 12064/2014, CNF n. 123/2014, CNF n. 122/2014, CNF n. 111/2013, CNF n. 87/2014, CNF n. 111/2013, CNF n. 63/2013, CNF parere n. 30/2013).
Il CNF esercita legittimamente la propria funzione giurisdizionale anche in assenza di una sezione disciplinare
La mancata costituzione di un’apposita sezione disciplinare all’interno del Consiglio nazionale forense ex art. 61, comma 1, L. n. 247/2012 non incide sulla natura giurisdizionale dei suoi poteri, né sull’imparzialità e sull’autonomia dell’organo giudicante, le quali sono comunque assicurate dalla sua composizione collegiale e dalla natura elettiva dei suoi componenti (CNF n. 109/2024, Cass. n. 17334/2021, Cass. n. 23593/2020, Cass. n. 11933/2019, Cass. n. 2084/2019, CNF n. 144/2018).
Costituzionalmente legittima la coesistenza in capo al CNF di funzioni giurisdizionali e amministrative
La spettanza al Consiglio nazionale forense di funzioni amministrative accanto a quelle propriamente giurisdizionali, non ne menoma l’indipendenza quale organo giudicante, atteso che non è la mera coesistenza delle due funzioni ad incidere sull’autonomia ed imparzialità di quest’ultimo né, tantomeno, sulla natura giurisdizionale dei suoi poteri, quanto, piuttosto, il fatto che quelle amministrative siano affidate all’organo giurisdizionale in una posizione gerarchicamente subordinata, essendo in tale ipotesi (non riscontrabile nella specie) immanente il rischio che il potere dell’organo superiore indirettamente si estenda anche alle funzioni giurisdizionali (Cass. n. 17334/2021, Cass. n. 23593/2020, Cass. n. 19637/2019, Cass. n. 19367/2019, Cass. n. 2084/2019, Cass. n. 12064/2014).
La giurisdizione del CNF comprende anche i provvedimenti esecutivi del COA
Oltre ai reclami riguardanti la materia disciplinare, i ricorsi elettorali e le materie amministrative (albi, elenchi, registri, certificazioni, conflitti di competenza), rientrano nella giurisdizione speciale esclusiva del CNF (art. 36 L. n. 247/2012), a prescindere dalla consistenza della situazione giuridica soggettiva in contesa (diritto o interesse legittimo), tutti i gravami pertinenti ai provvedimenti esecutivi del COA:
– in materia disciplinare (art. 62 L. n. 247/2012 e art. 35 Reg. CNF 2/2014) (CNF n. 168/2024)
– in materia amministrativa (art. 17 L. n. 247/2012) (CNF n. 45/2019).
I provvedimenti di surroga dei Consiglieri locali non sono impugnabili al CNF
I provvedimenti adottati dal Consiglio territoriale, di surroga dei consiglieri per morte, dimissioni, incompatibilità, etc. sono impugnabili davanti al giudice amministrativo (e non già davanti al CNF) nel termine previsto dal Decreto Legislativo 2 luglio 2010, n.104 (codice del processo amministrativo) decorrente dalla pubblicazione nel sito del Consiglio stesso (Cass. n. 20344/2018, CNF n. 398/2016).
Sull’istanza di ricusazione al CNF decide il CNF stesso
In tema di procedimento avanti al Consiglio Nazionale Forense, sull’istanza di ricusazione di uno o più componenti del Collegio decide il CNF stesso, senza alcuna sospensione del giudizio (artt. 37, 64 L. n. 247/2012, art. 49 RDL n. 1578/1933). (CNF n. 212/2018, CNF n. 44/2018, CNF n. 79/2018, CNF n. 78/2018).
Sospensione dell’esecutorietà del provvedimento impugnato e ricorso al CNF ex art. 700 cpc
In sede di gravame al CNF, il ricorrente ha facoltà di chiedere, ex art. 283 c.p.c., la sospensione dell’efficacia esecutiva dei provvedimenti impugnati che fossero dotati di immediata esecutività non sospesa ex lege dalla stessa proposizione del gravame (ad es., sospensione cautelare del CDD, delibere di sospensione del COA per mancato pagamento del contributo di iscrizione all’albo, ecc.), mediante apposita richiesta inserita nel ricorso, ovvero in atto separato contenente l’istanza con l’illustrazione dei motivi che la sorreggono (attinenti al periculum in mora in ordine alla sua fondatezza e al fumus boni juris in ordine al pregiudizio imminente e irreparabile provocato dalla cadenza dei tempi necessari per farlo valere in via ordinaria). È conseguentemente inammissibile la richiesta di sospensiva avanzata ai sensi dell’art. 700 c.p.c., che riveste infatti un ruolo meramente residuale, ovvero subordinato al fatto che l’ordinamento non preveda un rimedio cautelare tipico (CNF n. 129/2018).
Il CNF non ha il potere di disapplicare gli atti amministrativi
Il CNF non è provvisto del potere di disapplicazione degli atti amministrativi, che infatti spetta ai soli organi giudiziari ordinari (artt. 4 e 5 della L. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E), e ai giudici speciali cui sia stato espressamente attribuito per legge (cfr., ad es., l’art. 7, co. 5, D.Lgs. n. 546/1992, che ha esteso il potere de quo alla Commissione Tributaria). (Cass. n. 20344/2018, CNF n. 398/2017)
Procedimenti forensi, la condanna del soccombente alle spese legali e per lite temeraria
Gli artt. 91 e 96 c.p.c. contengono disposizioni di portata e carattere generali applicabili ad ogni genere di giudizio, ivi compreso quello dinanzi al Consiglio Nazionale Forense (Cass. n. 19137/2023, Cass. n. 28383/2020, CNF n. 195/2019, CNF n. 45/2019, CNF n. 97/2015, CNF n. 76/2014, CNF n. 24/2014; contra, CNF n. 4/1997).
Tuttavia, l’ufficio del P.M. non può essere condannato al pagamento delle spese del giudizio (né al pagamento del doppio del contributo unificato ex art. 13 co. 1-quater DPR n. 115/2002) nell’ipotesi di soccombenza, trattandosi di organo propulsore dell’attività giurisdizionale cui sono attribuiti poteri, diversi da quelli svolti dalle parti, meramente processuali ed esercitati per dovere d’ufficio e nell’interesse pubblico (CNF n. 48/2023, Cass. n. 19675/2016).
Inammissibile l’impugnazione proposta a mezzo email (ordinaria)
L’impugnazione delle decisioni dei Consigli territoriali può proporsi anche a mezzo posta elettronica, purché certificata, giacché quella ordinaria è inidonea -sia dal punto di vista legale, sia da quello intrinseco- a dare certezza della avvenuta notifica e della data in cui questa è stata effettuata (CNF n. 217/2017).
Impugnazione o reclamo al CNF: il rispetto del termine nel caso di ricorso spedito a mezzo posta
Nel caso in cui l’impugnazione al CNF sia proposta mediante spedizione del ricorso a mezzo raccomandata, è sufficiente che l’atto stesso sia consegnato all’ufficio postale entro il termine di decadenza previsto dalla Legge, non essendo altresì necessario che esso effettivamente giunga al Consiglio territoriale destinatario entro il suddetto termine (CNF n. 227/2020, CNF n. 50/2020).
Il contenzioso disciplinare
(v. anche art. 33 Reg. CNF 2/2014).
La comparazione della propria sanzione con altre decisioni relative alla medesima fattispecie di illecito non può costituire error in iudicando
La sanzione disciplinare non può essere oggetto di critica attraverso la comparazione con altre decisioni stante il carattere assolutamente peculiare di ogni decisione, che deve considerare aspetti soggettivi e oggettivi del tutto peculiari, in nessun modo suscettibili di confronto con altre decisioni (CNF n. 27/2022).
L’asserita maggior severità del proprio Consiglio territoriale non rileva in sede d’impugnazione
L’asserita maggior severità del proprio Consiglio territoriale non può essere addotta, in quanto irrilevante, quale motivo di impugnazione delle relative decisioni disciplinari (CNF n. 28/2016).
Al procedimento disciplinare non si applicano le garanzie ex art. 6 CEDU
Ai procedimenti disciplinari, in cui sia in gioco il diritto di continuare ad esercitare una professione, non si applicano le garanzie di cui all’articolo 6 CEDU (Cass. n. 9547/2021).
Al procedimento disciplinare dinanzi al CNF non si applica la disciplina sul procedimento amministrativo
Al procedimento disciplinare dinanzi al CNF, che ha natura pacificamente giurisdizionale, è perciostesso inapplicabile l’art. 2 L. n. 241/1990, il cui ambito operativo è espressamente limitato all’attività amministrativa, con la conseguenza che, rispetto a tale procedimento, può ritenersi operante soltanto il principio di ragionevole durata del processo, previsto dall’art. 6 della CEDU e consacrato nell’ordinamento interno dall’art. 111 co. 2 Cost., la cui inosservanza non comporta tuttavia l’invalidità né del procedimento né della decisione (Cass. n. 13167/2021).
Procura speciale alle liti: al procedimento dinanzi al CNF si applica la sanatoria e/o ratifica ex art. 182 cpc
L’art. 182, comma secondo, cod. proc. civ è applicabile al procedimento dinanzi al Consiglio Nazionale Forense, seppur limitatamente al caso di impugnazione proposta mediante difensore cassazionista privo di procura (speciale), quindi non pure allorché il ricorso sia originariamente proposto in proprio da soggetto privo di jus postulandi (non-avvocato o avvocato sospeso/cancellato con provvedimento esecutivo) ovvero a mezzo di avvocato non abilitato alle giurisdizioni superiori (oltreché privo di procura speciale). Infatti, l’applicazione dell’art. 182, co. 2, c.p.c. presuppone la regolarizzazione in favore del soggetto o del suo procuratore già costituiti in giudizio e non anche la nomina ex novo di nuovo difensore abilitato in luogo di difensore non abilitato (CNF n. 165/2024, CNF n. 98/2024, CNF n. 254/2023, CNF n. 145/2023, CNF n. 115/2023, CNF n. 88/2023, CNF n. 267/2022, CNF n. 246/2022, CNF n. 189/2022, CNF n. 187/2022, CNF n. 148/2022, CNF n. 144/2022, CNF n. 137/2022, CNF n. 123/2022, CNF n. 116/2022, CNF n. 99/2022, CNF n. 78/2022, CNF n. 77/2022, CNF n. 63/2022, CNF n. 24/2022, CNF n. 261/2021, CNF n. 231/2021, CNF n. 228/2021, CNF n. 194/2021, CNF n. 194/2021, CNF n. 149/2021, CNF n. 136/2021, CNF n. 30/2021, CNF n. 149/2020, CNF n. 54/2020, CNF n. 49/2020, Cass. n. 10414/2017).
Tuttavia, Ai sensi del nuovo art. 182 cpc (come novellato dal D.Lgs. n. 149/2022), la sanatoria e/o ratifica del difetto di rappresentanza o di autorizzazione può riguardare anche la mancanza ab origine di procura ad litem (art. 3 co. 13 D.Lgs. cit.), ma tale novità si applica ai soli procedimenti instaurati dopo il 28 febbraio 2023 (art. 35 co. 1 D.Lgs. cit.). (Cass. n. 24279/2024, CNF n. 164/2024).
L’errore sul termine per l’impugnazione non giustifica la rimessione in termini
L’istituto della rimessione in termini (art. 153 co. 2 cpc, già art. 184 bis cpc) ha una connotazione di carattere generale e, come tale, trova in astratto applicazione anche nella fase di gravame dinanzi al CNF, ricorrendone i presupposti, ovvero una causa di forza maggiore o caso fortuito, giacché il concetto di non imputabilità deve presentare il carattere dell’assolutezza, non essendo sufficiente la prova di una impossibilità relativa, quale potrebbe essere la semplice difficoltà dell’adempimento o il ricorrere di un equivoco, evitabile con l’ordinaria diligenza, dovendo in tal caso trovare applicazione il principio di autoresponsabilità (CNF n. 65/2024, Cass. n. 19653/2018).
L’impugnazione tardiva è inammissibile
E’ inammissibile in quanto tardivo l’appello proposto oltre il termine di legge, giacché i termini per la impugnazione delle decisioni sono perentori e non possono pertanto essere prorogati, sospesi o interrotti, se non nei casi eccezionali espressamente previsti dalla legge (CNF n. 295/2023, CNF n. 176/2023, CNF n. 197/2022, CNF n. 193/2022, CNF n. 192/2022, CNF n. 190/2022, CNF n. 188/2022, CNF n. 185/2022, CNF n. 132/2022, CNF n. 119/2022, CNF n. 251/2021, CNF n. 235/2021, CNF n. 230/2021, CNF n. 145/2021).
La notifica della decisione disciplinare ad avvocato privo di jus postulandi è idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione
La notifica della decisione disciplinare all’avvocato personalmente è idonea a far decorrere il termine breve per la relativa impugnazione, a nulla rilevando in contrario che l’avvocato stesso sia privo di jus postulandi per l’impugnazione medesima, giacché tale circostanza non costituisce causa di interruzione o sospensione del relativo termine di decadenza (Cass. n. 31570/2021).
L’omessa indicazione dell’autorità e del termine per l’impugnazione
L’omessa indicazione, nella decisione adottata dal Consiglio territoriale, circa le modalità e la tempistica per la presentazione dell’impugnazione non è causa di nullità né giustifica, in caso di ritardo dell’impugnazione stessa, alcuna rimessione in termini, giacché la particolare qualifica professionale dell’incolpato esclude ogni incertezza in merito, non sussistendo pertanto un errore scusabile (CNF n. 65/2024, CNF n. 13/2021, CNF n. 103/2020, CNF n. 56/2019, Cass. n. 19526/2018, CNF n. 168/2018, CNF n. 72/2018).
Inammissibile l’impugnazione al CNF proposta a mezzo difensore non cassazionista o privo di procura speciale (se non pure sottoscritto dal ricorrente munito di jus postulandi)
Nel giudizio disciplinare dinanzi al CNF, l’incolpato può difendersi personalmente ai sensi dell’art. 50, co. 2, u.p., R.D.L. n. 1578/1933, purché 1) in possesso dello ius postulandi quindi non attinto da un provvedimento di sospensione o cancellazione già esecutivo (CNF n. 50/2024, CNF n. 115/2023, Cass. n. 7499/2022, Cass. n. 31570/2021, CNF n. 102/2021, CNF n. 92/2021, CNF n. 30/2021, CNF n. 211/2017, CNF n. 210/2017, CNF n. 137/2017, CNF n. 305/2016, CNF n. 269/2016, CNF n. 65/2016, CNF n. 92/2015, CNF n. 41/2012) e 2) iscritto nell’albo ordinario degli avvocati, quindi esclusa la legittimazione degli avvocati stabiliti (CNF n. 235/2023, CNF n. 260/2021, CNF n. 55/2020) e dei praticanti (Cass. n. 22246/2022, CNF n. 148/2022, CNF n. 261/2021, CNF n. 149/2020). In alternativa, l’incolpato può farsi assistere da altro avvocato, purché 1) iscritto all’albo dei patrocinanti davanti alle Giurisdizioni Superiori e 2) munito di mandato speciale, quindi espressamente conferito per la fase di gravame in via autonoma e successiva alla decisione da impugnarsi, non potendosi fare riferimento a precedenti procure, quand’anche rilasciate “per ogni fase e grado del giudizio” (CNF n. 182/2024, CNF n. 98/2024, Cass. n. 35130/2023, CNF n. 88/2023, CNF n. 27/2023, CNF n. 6/2023, CNF n. 266/2022, CNF n. 144/2022, CNF n. 123/2022, CNF n. 116/2022, CNF n. 24/2022, CNF n. 231/2021, CNF n. 228/2021, CNF n. 194/2021, CNF n. 5/2021, CNF n. 57/2020, CNF n. 33/2020).
Peraltro, la deroga all’iscrizione nell’albo speciale si applica nella sola materia disciplinare, in quanto così espressamente regolata dall’art. 50, co. 2, u.p., R.D.L. n. 1578/1933, la quale è disposizione speciale di stretta interpretazione sicché non può essere applicata per analogia a fattispecie diverse, come ad esempio:
1) in materia elettorale, che ha natura giurisdizionale e alla quale si applica pertanto la norma generale di cui all’art. 60, u.c., R.D. n. 37/1934, secondo cui il professionista interessato deve essere cassazionista ovvero assistito da un avvocato iscritto all’albo speciale (CNF n. 66/2023, CNF n. 2/2009)
2) in materia di sospensione dall’esercizio della professione forense per mancato pagamento dei contributi dovuti al Consiglio dell’Ordine di appartenenza ex art. 29, co. 6, L. n. 247/2012 (CNF n. 158/2019)
3) in materia di albi, registri ed elenchi (CNF n. 146/2022, CNF n. 94/2015)
In ogni caso, l’abilitazione del difensore al patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori deve sussistere già al momento della proposizione del ricorso al CNF (o alla Cassazione), non trovando altrimenti applicazione l’art. 182 cpc, che riguarda infatti il caso di impugnazione proposta mediante difensore cassazionista privo di procura (speciale), quindi non pure allorché il ricorso sia originariamente proposto in proprio da soggetto privo di jus postulandi ovvero a mezzo di avvocato non abilitato alle giurisdizioni superiori (oltreché privo di procura speciale) (CNF n. 139/2024).
Procedimento disciplinare: l’impugnazione del COA presuppone una delibera consiliare
Avverso ogni decisione del Consiglio distrettuale di disciplina, il Consiglio dell’Ordine di appartenenza dell’incolpato può proporre impugnazione, stando in giudizio per mezzo del proprio Presidente, previa delibera collegiale con cui gli si dia mandato di rappresentare processualmente il COA e autorizzandolo a conferire procura alle liti ad un avvocato (o ad esso stesso trattandosi di avvocato) (CNF n. 223/2023, CNF n. 221/2023, CNF n. 149/2023, CNF n. 138/2023, CNF n. 130/2023, CNF n. 219/2022, CNF n. 219/2022, CNF n. 137/2022, CNF n. 126/2022, CNF n. 78/2022, CNF n. 77/2022, CNF n. 209/2021).
Peraltro, il COA che impugni avanti CNF una decisione del Consiglio distrettuale di disciplina può stare in giudizio anche a mezzo del proprio presidente personalmente, purché iscritto nell’Albo speciale per il patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori, non trovando infatti applicazione a tale fattispecie il principio valevole per il solo incolpato, che può proporre in proprio l’impugnazione ancorché non cassazionista, purché munito di jus postulandi (CNF n. 183/2024, CNF n. 137/2022).
Inammissibile l’impugnazione depositata al CNF anziché presso la segreteria del Consiglio locale
È inammissibile il ricorso presentato direttamente al Consiglio Nazionale Forense anziché, come previsto dall’art. 59 R.D. n. 37/1934 (espressamente richiamato dall’art. 37, co. 1, L. n. 247/2012), presso la segreteria del Consiglio territoriale che ha pronunciato la decisione gravata. La ratio è quella di consentire all’organo disciplinare (CDD) e a quello custode dell’albo (COA) di avere contezza immediata dell’esecutorietà della decisione o di una eventuale iniziativa idonea ad impedirla (CNF n. 300/2024, CNF n. 180/2024, CNF n. 179/2024, CNF n. 57/2024, CNF n. 288/2023, CNF n. 222/2023, CNF n. 128/2023, CNF n. 102/2023, CNF n. 91/2023, CNF n. 261/2022, CNF n. 145/2022, CNF n. 20/2022, CNF n. 78/2021, CNF n. 25/2021, CNF n. 229/2020, CNF n. 189/2020, CNF n. 179/2020, CNF n. 168/2020, CNF n. 149/2020, CNF n. 108/2020, CNF n. 32/2020).
Procedimento disciplinare: inammissibile l’impugnazione da parte dell’esponente
La legittimazione a proporre impugnazione delle decisioni disciplinari del Consiglio territoriale compete esclusivamente all’incolpato (nel caso di affermazione di sua responsabilità), nonché per ogni decisione al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, al Procuratore delle Repubblica e al Procuratore Generale della Corte di Appello (art. 61 L. n. 247/2012), e non pure all’esponente, il cui eventuale ricorso deve pertanto dichiararsi inammissibile, ferma restando la facoltà di rivolgersi al giudice civile o penale per far valere i propri interessi (CNF n. 19/2024, CNF n. 17/2024, CNF n. 16/2024, CNF n. 15/2024, CNF n. 14/2024, CNF n. 267/2023, CNF n. 104/2023, CNF n. 104/2023, CNF n. 203/2022, CNF n. 138/2022, CNF n. 125/2022, CNF n. 124/2022, CNF n. 184/2021, CNF n. 174/2021, CNF n. 80/2021, CNF n. 47/2021, CNF n. 46/2021, CNF n. 45/2021, CNF n. 42/2021, CNF n. 41/2021, CNF n. 40/2021, CNF n. 39/2021, CNF n. 38/2021, CNF n. 211/2020, CNF n. 210/2020, CNF n. 209/2020, CNF n. 208/2020, CNF n. 207/2020, CNF n. 206/2020, CNF n. 44/2020).
Inammissibile l’impugnazione dell’archiviazione da parte del segnalato o incolpato prosciolto
In materia disciplinare, l’art. 61 L. n. 247/2012 stabilisce la legittimazione all’impugnazione dell’incolpato nel caso di affermazione di sua responsabilità, sicché è inammissibile -per difetto di interesse e di legittimazione- l’impugnazione dallo stesso proposta avverso il provvedimento di archiviazione, quale che sia l’intento perseguito del ricorrente, ovvero:
– al fine di ottenere una motivazione di proscioglimento più favorevole (CNF n. 140/2021, CNF n. 87/2021, CNF n. 235/2015)
– al fine di eccepire l’incompetenza per territorio del CDD che lo ha pronunciato (CNF n. 151/2024)
Inammissibile l’impugnazione proposta dal COA di appartenenza dell’avvocato del solo esponente
Ai sensi dell’art. 61 L. 247/2012 e dell’art. 33 Reg. CNF n. 2/2014 sul procedimento disciplinare, avverso i provvedimenti del Consiglio distrettuale di disciplina possono proporre ricorso:
a) l’incolpato, nel caso di affermazione di responsabilità;
b) il Consiglio dell’ordine presso cui l’incolpato è iscritto, per ogni decisione;
c) il Procuratore della Repubblica, per ogni decisione;
d) il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello del distretto dove ha sede il Consiglio distrettuale di disciplina che ha emesso la decisione, per ogni decisione.”.
Deve quindi escludersi la legittimazione del COA di appartenenza dell’avvocato esponente (che, nella specie, aveva impugnato il provvedimento di archiviazione). (CNF n. 285/2023)
Il CNF può integrare, in sede di appello, la motivazione della decisione del Consiglio territoriale
La mancanza di adeguata motivazione non costituisce motivo di nullità della decisione del Consiglio territoriale, in quanto, alla motivazione carente, il Consiglio Nazionale Forense, giudice di appello, può apportare le integrazioni che ritiene necessarie, ivi compresa una diversa qualificazione alla violazione contestata. Il C.N.F. è infatti competente quale giudice di legittimità e di merito, per cui l’eventuale inadeguatezza, incompletezza e addirittura assenza della motivazione della decisione di primo grado, può trovare completamento nella motivazione della decisione in secondo grado in relazione a tutte le questioni sollevate nel giudizio sia essenziali che accidentali (CNF n. 219/2024, CNF n. 139/2024, CNF n. 137/2024, CNF n. 132/2024, CNF n. 102/2024, CNF n. 86/2024, CNF n. 66/2024, CNF n. 240/2023, CNF n. 133/2023, CNF n. 259/2022, CNF n. 257/2022, CNF n. 254/2022, CNF n. 207/2022, CNF n. 200/2022, CNF n. 175/2022, CNF n. 162/2022, CNF n. 155/2022, CNF n. 154/2022, CNF n. 141/2022, CNF n. 134/2022, CNF n. 105/2022, CNF n. 104/2022, CNF n. 97/2022, CNF n. 88/2022, CNF n. 79/2022, CNF n. 71/2022, CNF n. 39/2022, CNF n. 27/2022, CNF n. 4/2022, CNF n. 268/2021, CNF n. 221/2021, CNF n. 219/2021, CNF n. 209/2021, CNF n. 196/2021, CNF n. 191/2021, CNF n. 189/2021, CNF n. 166/2021, CNF n. 160/2021, CNF n. 153/2021, CNF n. 144/2021, CNF n. 140/2021, CNF n. 139/2021, CNF n. 131/2021, CNF n. 129/2021, CNF n. 123/2021, CNF n. 121/2021, CNF n. 104/2021, CNF n. 101/2021, CNF n. 95/2021, CNF n. 70/2021, CNF n. 65/2021, CNF n. 63/2021, CNF n. 49/2021, CNF n. 29/2021).
Il CNF può motivare per relationem
La sentenza del Consiglio Nazionale Forense ben può essere motivata “per relationem”, purché il giudice dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate rispetto a quelle già esaminate, sicché dalla lettura della parte motiva della decisione del CDD possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente (CNF n. 127/2024, Cass. n. 25440/2023, Cass. n. 22463/2023).
Peraltro, sulla possibilità che anche il CDD motivi per relationem, cfr giurisprudenza sub art. 26 Reg. CNF 2/2014.
Procedimento disciplinare e attività istruttoria in sede d’appello: il CNF può procedere, anche d’ufficio, a tutte le ulteriori indagini ritenute necessarie per l’accertamento della verità
In tema di procedimento disciplinare, similmente a quanto avviene nel giudizio penale (artt. 507 e 603 cod. proc. pen.), il Consiglio nazionale forense ha la facoltà di disporre, su richiesta delle parti o di ufficio, l’assunzione di nuovi mezzi di prova ove lo ritenga necessario ai fini dell’accertamento dei fatti (art. 63 RDL n. 37/1934, tuttora vigente ex art. 37, co. 1, L. n. 247/2012). Difatti, ai fini della condanna disciplinare, la prova della responsabilità dell’incolpato deve essere raggiunta oltre ogni ragionevole dubbio, sicché deve ritenersi ammissibile la produzione documentale ovvero l’istanza istruttoria avanzata per la prima volta innanzi al Consiglio Nazionale Forense, soprattutto nel caso in cui la ricostruzione dei fatti operata dalla decisione di primo grado abbia condotto alla condanna dell’incolpato, là dove sulla base delle nuove prove possa invece giungersi ad una pronuncia in appello di segno opposto (CNF n. 282/2024, CNF n. 36/2024, CNF n. 284/2023, CNF n. 218/2023, CNF n. 22/2023, CNF n. 85/2022, CNF n. 59/2022, CNF n. 220/2021; contra, CNF n. 181/2021, CNF n. 224/2020, CNF n. 43/2020, CNF n. 160/2019, CNF n. 142/2019, CNF n. 150/2017, CNF n. 360/2016, CNF n. 1/2002 secondo cui “al giudizio dinanzi al Consiglio Nazionale Forense opera il divieto di nova e quindi si applica l’art. 345 cpc, sicché è inammissibile l’istanza istruttoria che riguardi nuove prove precostituite o costituende, salvo che la parte dimostri di non averla potuta produrre o richiedere in precedenza per causa a lui non imputabile, giacché il potere istruttorio del giudice d’appello non può essere esercitato per sanare preclusioni e decadenze già verificatesi nel giudizio di primo grado”).
Procedimento disciplinare: la nullità non può essere eccepita da chi vi abbia dato causa
Al procedimento disciplinare si applica il principio generale secondo cui non può eccepire la nullità colui che vi abbia dato causa o abbia concorso a darne causa (Nel caso di specie, l’incolpato aveva eccepito l’asserita invalidità della condanna disciplinare per avere il CDD acquisito, dopo la chiusura del dibattimento, il documento prodotto dallo stesso incolpato e contenente la frase oggetto di giudizio disciplinare, ma peraltro pure contenuta in altri documenti già in atti. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha rigettato l’eccezione, peraltro ritenendola pure infondata nel merito). (CNF n. 4/2024).
Il rilievo degli errores in procedendo nel giudizio dinanzi al CDD
Il procedimento disciplinare innanzi al Consiglio Distrettuale di Disciplina ha natura amministrativa, con la conseguenza che l’eventuale violazione delle regole che presiedono tale fase procedimentale non determina una nullità insanabile, rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, ma una mera illegittimità amministrativa, che va eccepita nel corso del procedimento e che, in ogni caso, può essere sanata, laddove non comporti una lesione del diritto di difesa dell’interessato (Cass. n. 21069/2023, CNF n. 174/2023, CNF n. 242/2022, CNF n. 129/2022).
La riduzione della sanzione disciplinare irrogata dal CDD
Qualora, in sede di gravame, l’incolpato non sia assolto o prosciolto, il CNF non è tenuto a decidere in merito ad una eventuale riduzione della sanzione disciplinare irrogata dal CDD, in mancanza di una esplicita domanda di parte (Nel caso di specie, nelle proprie conclusioni il ricorrente aveva esclusivamente chiesto di “prosciogliere l’incolpato con formula non esservi luogo a provvedimento disciplinare o per manifesta infondatezza degli addebiti”, senza contestualmente domandare, neppure in via subordinata, la riduzione della sanzione. In applicazione del principio di cui in massima, nel rigettare il gravame, il CNF ha confermato la sanzione disciplinare irrogata dal CDD, ritenuta comunque congrua). (CNF n. 129/2024).
Inammissibile l’impugnazione al CNF carente della specificità dei motivi del gravame
Il giudizio dinanzi al CNF ha natura devolutiva, sicché l’ambito della cognizione riservata ad esso è delimitata dalle censure dedotte con il ricorso (CNF n. 226/2018, CNF n. 183/2014, CNF n. 78/2012).
Pertanto, la specificità dei motivi del gravame, necessaria al fine della ammissibilità del ricorso al CNF (art. 59 R.D. n. 37/1934) richiede l’indicazione chiara ed inequivoca, ancorchè succinta, delle ragioni di fatto e di diritto della doglianza, tale da consentire l’esatta identificazione dei limiti del devolutum e, quindi, delle questioni che si intendono sottoporre al riesame, con la conseguenza che va ritenuta inammissibile l’impugnazione generica che chieda una riforma della decisione gravata, senza individuare con chiarezza quali siano le statuizioni investite dal gravame stesso e quali siano le censure in concreto mosse alla motivazione di tale decisione (CNF n. 96/2024, CNF n. 233/2023, CNF n. 220/2023, CNF n. 174/2023, CNF n. 137/2023, CNF n. 25/2023, CNF n. 273/2022, CNF n. 233/2022, CNF n. 194/2022, CNF n. 74/2022, CNF n. 57/2022, CNF n. 46/2022, CNF n. 36/2022, CNF n. 202/2021, CNF n. 16/2021, CNF n. 61/2020, CNF n. 50/2019, CNF n. 14/2018, CNF n. 136/2017, CNF n. 132/2017).
Tuttavia, Al ricorso proposto innanzi al Consiglio nazionale forense avverso la decisione disciplinare emessa dal Consiglio distrettuale di disciplina non può ritenersi applicabile, in via immediata e diretta, il disposto dell’art. 342 cod. proc. civ. Ciò, peraltro, non toglie che, a norma dell’art. 59 del regio decreto n. 37 del 1934, richiamato dall’art. 36, comma 2, della legge n. 247 del 2012, il ricorso al Consiglio nazionale forense debba contenere «l’indicazione specifica dei motivi sui quali si fonda». Ma, mentre ai fini del rispetto dell’art. 342 cod. proc. civ., pur non occorrendo l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, è necessario che l’impugnazione contenga, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice; affinché sia rispettato il precetto di cui all’art. 59 del regio decreto n. 37 del 1934, basta, più semplicemente, che il ricorso al Consiglio nazionale forense precisi il contenuto e la portata delle censure mosse al provvedimento adottato dal Consiglio distrettuale di disciplina, sì che resti individuato il thema decidendum sottoposto all’esame del giudice disciplinare (Cass. n. 34476/2019).
In altre parole, il ricorso proposto innanzi al Consiglio Nazionale Forense avverso la decisione emessa dal Consiglio distrettuale di disciplina deve contenere, a norma dell’art. 59 del r.d. n. 37 del 1934, l’enunciazione specifica dei motivi su cui si fonda, ma non soggiace al disposto dell’art. 342 c.p.c. sull’atto di appello; invero, mentre ai fini del rispetto dell’art. 342 c.p.c. è necessario che l’impugnazione contenga, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, affinché sia rispettato il precetto di cui al cit. art. 59 è invece sufficiente che il ricorso al Consiglio Nazionale Forense precisi il contenuto e la portata delle censure mosse al provvedimento impugnato, in modo che resti individuato il “thema decidendum” sottoposto all’esame del giudice disciplinare (CNF n. 220/2023, CNF n. 273/2022, CNF n. 2/2022, CNF n. 202/2021, CNF n. 171/2021, CNF n. 70/2021, CNF n. 224/2020, CNF n. 205/2020, CNF n. 204/2020, CNF n. 203/2020, Cass. n. 34476/2019).
Infatti, al ricorso proposto al C.N.F. trova applicazione l’art. 59 R.D. n. 37/1934 che impone, a pena di inammissibilità, l’enunciazione specifica dei motivi sui quali l’impugnazione si fonda e non la nuova disciplina dell’atto di appello (art. 342, 348 bis e ter cpc), né, tantomeno, il c.d. principio di autosufficienza, atteso che il giudizio innanzi al C.N.F. non è limitato alla verifica della legittimità di un provvedimento ma esteso anche al merito (CNF n. 39/2020, CNF n. 227/2018, CNF n. 226/2018, CNF n. 218/2018, CNF n. 110/2018, CNF n. 28/2014, CNF n. 83/2013).
Impugnazione al CNF: inammissibili motivi aggiunti al ricorso già proposto per il principio di consumazione dell’impugnazione
A norma dell’art. 59 R.D. n. 37/1934, richiamato dall’art. 36, comma 2, L. n. 247/2012, il ricorso al Consiglio nazionale forense deve contenere “l’indicazione specifica dei motivi sui quali si fonda”; ne consegue che non possono proporsi motivi nuovi di impugnazione con atti successivi al ricorso e che i medesimi, se proposti eventualmente mediante una memoria illustrativa, devono essere dichiarati inammissibili, anche d’ufficio (Cass. n. 9949/2024, CNF n. 166/2024, CNF n. 137/2023, CNF n. 156/2022, CNF n. 135/2022, CNF n. 102/2022, CNF n. 4/2022, CNF n. 197/2021, CNF n. 196/2021, CNF n. 176/2021, CNF n. 169/2021, CNF n. 153/2021, CNF n. 65/2021, CNF n. 175/2020, CNF n. 174/2017, CNF n. 173/2017, CNF n. 172/2017, CNF n. 171/2017, CNF n. 170/2017, CNF n. 169/2017, CNF n. 168/2017, CNF n. 165/2017, CNF n. 164/2017).
Doppio ricorso al CNF e principio di consumazione dell’impugnazione
Nel caso in cui ad un primo ricorso al CNF, proposto a mezzo di avvocato non cassazionista, segua un ricorso destinato a sostituirlo in quanto non affetto da quel vizio, tale seconda impugnazione deve ritenersi ammissibile se tempestiva. Infatti, il principio di consumazione dell’impugnazione non esclude che, fino a quando non intervenga una declaratoria di inammissibilità, possa essere proposto un secondo atto di impugnazione, immune dai vizi del precedente e destinato a sostituirlo, purché esso sia tempestivo (CNF n. 139/2024, CNF n. 174/2023, CNF n. 189/2022).
Impugnazione telematica al CNF: la trasmissione via PEC non rende superflua la firma digitale del ricorso
Avverso le decisioni dei Consigli territoriali, è possibile proporre impugnazione al CNF anche a mezzo posta elettronica certificata (art. 33, co. 3, Reg. CNF n. 2/2014), ossia allegando alla stessa il file del ricorso digitalmente sottoscritto (e dell’eventuale procura speciale, nel caso in cui l’incolpato sia assistito da un difensore), sicché deve ritenersi inammissibile, per nullità insanabile ex art 59 R.D. n. 37/1934, tanto il ricorso allegato alla PEC come file con in calce una mera immagine o scansione della firma, quanto il ricorso direttamente versato nel corpo della PEC di trasmissione, a sua volta priva di firma digitale del mittente (CNF n. 149/2024, CNF n. 219/2023, CNF n. 8/2021).
Procedimento disciplinare a carico di avvocato – Impugnazione davanti al C.N.F. – Provvedimento di assoluzione emesso all’esito – Obbligo di liquidazione delle spese – Sussistenza – Ragioni – Rilevanza della difesa personale dell’incolpato – Esclusione – Fondamento.
Il provvedimento del CNF che assolve l’avvocato incolpato all’esito dell’impugnazione impone la liquidazione delle spese del giudizio, perché, in assenza di specifiche disposizioni normative di segno contrario, è obbligo generale (di natura inderogabile) del giudice civile provvedere ai sensi dell’art. 91 c.p.c., senza che incida sulla necessità di regolare le spese la possibilità, concessa all’avvocato, di difendersi personalmente (Cass. n. 19137/2023)
La rinuncia al ricorso estingue l’impugnazione (e consolida la decisione appellata)
La rinuncia all’impugnazione proposta da parte del ricorrente determina la immediata estinzione del relativo procedimento per cessazione della materia del contendere, non essendo a tal fine necessaria la sua accettazione da parte dell’appellato, con conseguente stabilizzazione della decisione gravata (CNF n. 243/2024, CNF n. 180/2024, CNF n. 177/2024, CNF n. 88/2024, CNF n. 7/2024, CNF n. 345/2023, CNF n. 302/2023, CNF n. 88/2023, CNF n. 232/2023, CNF n. 117/2023, CNF n. 233/2022, CNF n. 153/2022, CNF n. 139/2022, CNF n. 114/2022, CNF n. 86/2022, CNF n. 76/2022, CNF n. 54/2022, CNF n. 52/2022, CNF n. 51/2022, CNF n. 50/2022, CNF n. 49/2022, CNF n. 29/2022, CNF n. 266/2021, CNF n. 247/2021, CNF n. 155/2021, CNF n. 150/2021, CNF n. 116/2021, CNF n. 115/2021, CNF n. 114/2021, CNF n. 99/2021, CNF n. 73/2021, CNF n. 72/2021, CNF n. 32/2019).
Impugnazione al CNF, l’estinzione del giudizio rende definitiva la sanzione disciplinare irrogata dal CDD
L’estinzione del procedimento disciplinare nella fase giurisdizionale (nella specie, dinanzi al CNF) per cessazione della materia del contendere (ad es., rinuncia al ricorso) o per qualsiasi altra causa (ad es., mancata o tardiva riassunzione a seguito del rinvio da parte della Cassazione) comporta la stabilizzazione del provvedimento sanzionatorio impugnato, che diviene definitivo (CNF n. 267/2024).
Peraltro, tale effetto si produce anche nel caso in cui la cessazione della materia del contendere dipenda dalla cancellazione medio tempore dell’incolpato dall’albo (“la sanzione disciplinare diventa definitiva sia pur non eseguibile”) (CNF n. 39/2024, CNF n. 242/2023, CNF n. 186/2023, CNF n. 37/2023, CNF n. 182/2022)
Impugnazione avanti al CNF e divieto di reformatio in pejus
Anche nel nuovo ordinamento professionale deve ritenersi operante il divieto di reformatio in pejus, allorché ad impugnare dinanzi al CNF sia soltanto il sanzionato e non pure o solo la pubblica accusa o il Consiglio dell’ordine presso il quale l’incolpato stesso è iscritto (CNF n. 209/2022, CNF n. 6/2022, Cass. n. 20383/2021, CNF n. 243/2021, CNF n. 81/2021, Cass. n. 2506/2020, Cass. n. 2606/2020, CNF n. 217/2020, CNF n. 52/2020, CNF n. 202/2019, CNF n. 136/2019, CNF n. 110/2019, CNF n. 60/2019).
In arg. cfr. questo articolo.
Divieto di reformatio in pejus: il parziale accoglimento dell’impugnazione NON impone una corrispondente riduzione della sanzione irrogata dal Consiglio territoriale
Il parziale accoglimento dell’impugnazione non impone una corrispondente riduzione della sanzione irrogata dal Consiglio territoriale, giacché questa è determinata non già per effetto di un mero computo matematico né in base ai principi codicistici in tema di concorso di reati, ma in ragione dell’entità della lesione dei canoni deontologici e della immagine della avvocatura alla luce dei fatti complessivamente valutati, sicché non sussiste violazione del divieto di reformatio in peius allorché la sanzione sia confermata in sede di gravame pur se una delle contestazioni precedentemente ritenuta sia venuta meno (Nel caso di specie, l’incolpato era stato prosciolto per uno degli illeciti. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha comunque confermato la sanzione irrogata dal Consiglio territoriale). (CNF n. 283/2024, CNF n. 278/2024, CNF n. 231/2024, CNF n. 141/2024, CNF n. 116/2023, CNF n. 230/2022, CNF n. 199/2022, CNF n. 107/2022, CNF n. 57/2022, Cass. n. 20383/2021, CNF n. 81/2021, CNF n. 141/2020, CNF n. 130/2020, CNF n. 156/2019, CNF n. 76/2018).
L’impugnazione del richiamo verbale
Il richiamo verbale può essere impugnato entro 30 giorni dai soggetti legittimati qualunque sia la fase in cui lo stesso venga deliberato, e precisamente:
1) se deliberato dalla Sezione disciplinare all’esito della fase decisoria (art. 28 Reg. CNF n. 2/2014 e art. 52 co. 1 lett. b L. n. 247/2012), può essere impugnato dinanzi al CNF su ricorso dell’incolpato, del P.M. e del Consiglio dell’ordine presso cui l’incolpato è iscritto;
2) se deliberato dalla Sezione disciplinare su proposta del Consigliere istruttore (art. 14, comma 4-bis, Reg. CNF n. 2/2014), può essere impugnato dinanzi al CNF su ricorso del P.M. e del Consiglio dell’ordine presso cui l’incolpato è iscritto mentre quest’ultimo può invece proporre, in tal caso, opposizione avanti al CDD medesimo affinché si proceda all’istruttoria(Cass. n. 22426/2022, CNF n. 280/2022, CNF n. 202/2022, CNF n. 201/2022, CNF n. 162/2022, CNF n. 105/2022, CNF n. 209/2021).
Secondo una interpretazione costituzionalmente orientata, nel silenzio della normativa primaria e secondaria, deve ritenersi che quest’ultima ipotesi trovi applicazione anche nel caso del c.d. “procedimento ultra-acceleratorio”, ovvero allorché il richiamo verbale sia deliberato in limine dal CDD in sede plenaria su richiesta del suo Presidente ex art. 14, comma 2-bis, Reg. CNF n. 2/2014 (CNF n. 308/2024, CNF n. 301/2024).
Peraltro, qualora l’iscritto proponga erroneamente impugnazione al CNF, il ricorso stesso deve essere dichiarato ammissibile e riqualificato, ai sensi dell’art. 341 c.p.c., in virtù del principio generale della translatio iudicii, in opposizione ex art. 14 Reg. CNF n. 2/2014, con conseguente trasmissione degli atti al Consiglio Distrettuale di Disciplina affinché, revocato il comminato richiamo verbale, provveda ai successivi adempimenti di competenza (CNF n. 308/2024, CNF n. 301/2024, CNF n. 281/2024).
Impugnazione al CNF e richiamo verbale: gli atti vanno trasmessi al Presidente del CDD per i relativi adempimenti
In tema di procedimento disciplinare, qualora il CNF ritenga congruo irrogare all’incolpato il richiamo verbale, all’esito di tale determinazione gli atti vanno trasmessi al Consiglio territoriale a quo, funzionalmente competente a provvedere alle formalità di cui all’art. 28 co. 2 (e art. 14, co. 4-bis) del Regolamento CNF n. 2/2014, emanato ai sensi dell’art. 50, co. 5, legge 31 dicembre 2012, n. 247 (CNF n. 36/2022, CNF n. 43/2020).
L’impugnazione al CNF proposta a mezzo PEC mediante atto nativo digitale o analogico scansionato
Avverso le decisioni dei Consigli territoriali è possibile proporre impugnazione al CNF anche a mezzo posta elettronica certificata, ossia allegando alla stessa (oltre all’eventuale procura speciale, nel caso in cui il ricorrente sia assistito da un difensore) il file nativo digitale del ricorso digitalmente sottoscritto ovvero la scansione dell’originale cartaceo sottoscritto analogicamente con relativa attestazione di conformità, potendo peraltro trovare applicazione, in difetto, l’art. 156 cpc in tema di sanatoria degli atti nulli per raggiungimento dello scopo, avuto riguardo al fatto che la PEC comunque consente: a) la riferibilità dell’atto al ricorrente o al suo difensore; b) la sussistenza dell’atto; c) la ricezione dello stesso ricorso. (CNF n. 89/2022).
La mancata (immediata) allegazione del provvedimento impugnato comporta l’inammissibilità del ricorso al CNF
L’art. 59 co. 1 del R.D n. 37/1934 pone a carico del ricorrente l’onere di allegare copia del provvedimento impugnato, sicché in difetto di tale tempestiva allegazione, il ricorso proposto va dichiarato inammissibile, non rilevando peraltro quale possibile sanatoria del vizio in parola l’eventuale successivo deposito del provvedimento stesso (CNF n. 24/2022).
Al procedimento disciplinare dinanzi al CNF non si applicano i termini di cui alla L. n. 241/1990
Il giudizio disciplinare innanzi al Consiglio nazionale forense è privo di termini perentori per l’inizio, lo svolgimento e la definizione, giacché la natura giurisdizionale delle funzioni attribuite all’organo giudicante giustifica l’inapplicabilità dell’art. 2 della l. n. 241 del 1990, il cui ambito operativo è espressamente limitato all’attività amministrativa, con la conseguenza che rispetto a tale procedimento trova applicazione soltanto il principio di ragionevole durata del processo, previsto dall’art. 6 della CEDU e consacrato nell’ordinamento interno dall’art. 111, comma 2, Cost., la cui inosservanza non comporta l’invalidità del procedimento né della decisione (Cass. n. 13167/2021).
Inammissibile l’impugnazione al CNF priva di sottoscrizione (anche se proposta a mezzo PEC)
In tema di procedimento disciplinare, deve dichiararsi l’inammissibilità dell’impugnazione al CNF non sottoscritta dalla parte personalmente (qualora proposta in proprio da avvocato munito di jus postulandi), ovvero dal suo procuratore speciale (qualora proposta a mezzo avvocato cassazionista). (Nel caso di specie trattavasi di ricorso proposto congiuntamente da due incolpati in proprio, ma sottoscritto da uno solo di loro. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha dichiarato inammissibile l’impugnazione proposta dal ricorrente non firmatario, nel contempo accogliendo parzialmente nel merito l’appello ad esclusivo beneficio dell’altro ricorrente che aveva invece sottoscritto l’atto). (CNF n. 142/2021).
Procedimento disciplinare: l’asimmetria nella legittimazione all’impugnazione delle decisioni del CDD
In tema di procedimento disciplinare, la legittimazione all’impugnazione spetta al COA presso cui l’avvocato è iscritto, al Procuratore della Repubblica e al Procuratore generale con riferimento a tutte le decisioni del CDD, mentre per l’incolpato resta circoscritta alle sole decisioni che ne affermino la (sua) responsabilità disciplinare (CNF n. 140/2021)
L’impugnazione al CNF è soggetta a sospensione feriale dei termini
Il termine per proporre ricorso al CNF avverso le decisioni dei Consigli locali è soggetto a sospensione feriale ex L. n. 742/1969 (CNF n. 171/2024, CNF n. 140/2021, CNF n. 166/2019, CNF n. 247/2017, CNF n. 67/2017, CNF n. 23/2017, CNF n. 272/2016, CNF n. 181/2012).
L’impugnazione del COA o del PM al CNF non va notificata all’incolpato
In tema di procedimento disciplinare, l’impugnazione della delibera del Consiglio territoriale va notificata esclusivamente al P.M. e al P.G. presso la Corte di Appello (artt. 61 L. n. 247/2012 e 33 Reg. CNF 2/2014), e non pure all’incolpato a pena di inammissibilità (Nel caso di specie, l’incolpato aveva eccepito l’asserita inammissibiltà dell’impugnazione proposta dal COA avverso la delibera di archiviazione del CDD per mancata notificazione della stessa nei suoi confronti. In applicazione del principio di cui in massima, rilevato che l’incolpato era stato regolarmente citato a comparire in udienza al fine di esercitare il suo legittimo diritto di difesa, il CNF ha rigettato l’eccezione). (CNF n. 76/2021).
Procedimento disciplinare avanti al CNF: l’udienza da remoto non è un diritto assoluto dell’incolpato
Il CNF non ha l’obbligo di celebrare con modalità da remoto le udienze dei procedimenti pendenti avanti a sè, neppure in caso di asserito impedimento dell’incolpato a partecipare all’udienza di presenza per concomitante impegno professionale (CNF n. 19029/2021).
Atti difensivi dell’incolpato: i princìpi di sinteticità e chiarezza valgono anche in sede disciplinare
Sebbene per gli scritti difensivi e le istanze da depositarsi innanzi al Giudice disciplinare non esistano specifiche tecniche di redazione, né alcuna norma espressamente imponga il rispetto di limiti dimensionali, gli scritti ridondanti, ripetitivi o parossisticamente estesi si pongono in contrasto con il principio di cui all’art. 111, comma 2 Cost., giacché non consentono un’efficiente e rapida definizione delle controversie, andando a detrimento del sistema giustizia e, in definitiva, delle parti stesse in quanto complicano l’intelligibilità della fattispecie contestata più che svolgere il diritto di difesa in maniera coerente (Nel caso di specie, l’incolpato aveva proposto quattordici motivi di impugnazione, articolati in plurimi sottomotivi, spesso coincidenti, reiterati e ridondanti, tutti peraltro ritenuti infondati). (CNF n. 219/2020).
Inammissibile la domanda al CNF di condanna di risarcimento del danno asseritamente derivato al ricorrente dal provvedimento impugnato
La materia del risarcimento del danno non rientra nella giurisdizione del CNF, essendo la competenza di detto organo limitata alla cognizione delle impugnazioni delle deliberazioni dei Consigli territoriali e alla valutazione della loro eventuale illegittimità (CNF n. 82/2020, CNF n. 250/2015, CNF n. 158/2013, Cass. n. 10215/2006).
Peraltro, Qualora il provvedimento disciplinare inflitto dall’Ordine degli avvocati sia annullato dalla Corte di cassazione o sia revocato dall’Ordine medesimo, non sussiste la responsabilità civile dei componenti del COA per i danni asseritamente arrecati al destinatario della sanzione in ragione dell’esito del procedimento, atteso che la violazione del codice deontologico può rilevare in sede giurisdizionale solo se affetta da incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge, consentendo in tali casi il ricorso alla Sezioni Unite della Corte di cassazione, e, inoltre, il rispetto dell’autonomia degli Ordini, preposti a far rispettare il codice deontologico forense, esclude che integri, di per sé, una condotta illecita l’espletamento delle funzioni disciplinari, trattandosi di mezzo di controllo dei comportamenti dell’incolpato, contrari alla dignità e al decoro professionale (Cass. n. 19246/2015).
La revoca in autotutela del provvedimento cautelare impugnato non determina necessariamente l’automatica cessazione della materia del contendere
In mancanza di una espressa rinuncia al ricorso, la revoca in autotutela del provvedimento cautelare impugnato non determina necessariamente la cessazione della materia del contendere, giacché detta misura cautelare di inibizione temporanea dell’attività è tale da segnare comunque lo status professionale dell’avvocato rimanendo “annotata” tra i suoi precedenti, ancorché con la mera motivazione di un’avvenuta estinzione in rito (CNF n. 63/2020, CNF n. 152/2019, CNF n. 241/2018, CNF n. 130/2018).
Nei procedimenti dinanzi al CNF le notifiche sono (ora) effettuate esclusivamente a mezzo PEC
A partire dal 30 giugno 2020 (data di entrata in vigore delle modifiche apportate dalla L. n. 70/2020 all’art. 16, co. 4, D.L. n. 179/2012, convertito con modificazioni, dalla L. n. 221/2012), anche nei procedimenti dinanzi al CNF le notificazioni a cura della cancelleria “sono effettuate esclusivamente per via telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata” (Cass. n. 29177/2020, Cass. n. 27773/2020, CNF circolare n. 7/2020).
L’impugnazione di più decisioni disciplinari con unico atto di gravame
E’ ammissibile l’impugnazione di più decisioni disciplinari del Consiglio territoriale attraverso unico, tempestivo atto di gravame, che il CNF potrà poi trattare unitariamente per ragioni di connessione ovvero, se lo ritenga opportuno, disporne la separazione (CNF n. 100/2019).
L’impugnazione al CNF è a critica vincolata
Sebbene costituisca primo grado della giurisdizione, il giudizio disciplinare avanti al Consiglio Nazionale Forense va qualificato come giudizio di secondo grado o di “appello”, con quanto ne consegue secondo il vigente ordinamento processuale civile in tema di impugnazione a critica vincolata (revisio prioris instantiae). (CNF n. 60/2019, CNF n. 14/2018, CNF n. 136/2017, CNF n. 100/2017).
L’impugnazione tardiva al CNF non sospende l’esecutorietà della sanzione disciplinare irrogata dal CDD
Il ricorso al CNF tardivamente proposto non produce la sospensione automatica dell’esecutività delle sanzioni disciplinari (“sostanziali”) irrogate dal CDD (art. 62 L. n. 247/2012 e art. 33 Reg. CNF n. 2/2014), in quanto la preliminare e pregiudiziale declaratoria di inammissibilità ha valore meramente dichiarativo e produce effetti ex tunc, con la conseguenza che non potrebbe mai incidere sull’esecutività, ormai maturata, degli effetti della decisione disciplinare. (CNF n. 43/2019).
Il COA può impugnare al CNF tutte le decisioni del CDD, anche relativamente alla sola entità della sanzione comminata all’incolpato
Il COA presso cui l’incolpato è iscritto è legittimato ad impugnare qualsiasi decisione del CDD (anche sulla sola entità della sanzione), giacché la struttura del nuovo procedimento disciplinare non restringe detto gravame alle sole deliberazioni di proscioglimento e di condanna (artt. 61 L. n. 247/2012 e 33 Reg. CNF n. 2/2014). (CNF n. 8/2019)
Per il termine d’impugnazione al CNF è irrilevante la data di notifica al difensore
Ai sensi dell’art. 50, comma 1° R.D.L. n. 1578/1933 (ratione temporis applicabile), la notificazione della decisione del Consiglio territoriale è necessaria soltanto nei confronti dell’incolpato, e non anche nei confronti del suo eventuale difensore, la quale ultima, qualora fosse comunque eseguita, non rileva ai fini del computo del termine per l’impugnazione tempestiva. Ciò, peraltro, non si pone in contrasto con gli artt. 24 e 3 Cost., considerato che le qualità dell’incolpato stesso, e quindi il suo bagaglio di conoscenze tecnico-giuridiche, rendono detta notificazione idonea ad assicurare l’esercizio del diritto di difesa in fase di impugnazione (CNF n. 26/2019, CNF n. 381/2016, CNF n. 316/2016, CNF n. 239/2015, CNF n. 203/2015, CNF n. 193/2015, CNF n. 152/2015, Cass. n. 10820/2014, CNF n. 162/2014, CNF n. 159/2014, CNF n. 166/2013, CNF n. 57/2013, CNF n. 94/2012, CNF n. 187/2010, CNF n. 34/2011, CNF n. 7/2010).
Peraltro, per il medesimo principio, espresso con riferimento al ricorso di Legittimità, cfr. Cass. n. 2981/2005.
L’impugnazione non può avere ad oggetto la richiesta di condanna del co-incolpato assolto
Il ricorrente avverso ad una decisione che lo riguardi non ha alcuna legittimazione a sostituirsi al C.O.A. od alla Procura Generale per ottenere la riforma di una decisione assolutoria resa nei confronti di altri incolpati (CNF n. 252/2017).
Inammissibile l’impugnazione contenente solo mere illazioni sull’asserita parzialità del giudice disciplinare
Il ricorso avverso la decisione del Consiglio territoriale deve contenere, a pena di inammissibilità, le specifiche ragioni di censura del provvedimento contestato, sia dei suoi contenuti fattuali sia con riferimento agli errori procedimentali o di diritto che abbiano determinato la non corrispondenza del procedimento o della decisione alle formalità del rito e/o alla corretta applicazione dei principi deontologici alla fattispecie esaminata, perciò non essendo all’uopo sufficiente limitarsi ad una diversa ricostruzione o interpretazione dei fatti oggetto di incolpazione né tantomeno limitarsi a censurare l’asserita erroneità della decisione impugnata perché in thesi dovuta ad un preteso atteggiamento persecutorio e discriminatorio del giudice disciplinare nei confronti dell’incolpato senza tuttavia indicare quali sarebbero i “vizi” della decisione impugnata e perché le motivazioni contenute nella stessa dovrebbero essere ritenute errate. (CNF n. 83/2017)
L’istruttoria del tutto espletata in secondo grado comprometterebbe il diritto di difesa dell’incolpato
Il C.N.F. può integrare in sede di impugnazione la decisione del Consiglio territoriale non solo in ipotesi di inadeguatezza o incompletezza ma, addirittura, in caso di assenza della motivazione. Tuttavia, ciò non comporta che, in applicazione del principio accusatorio che regola il procedimento disciplinare, il C.N.F. debba sostituirsi integralmente al Consiglio territoriale per l’espletamento di una istruttoria che sia stata del tutto omessa, giacché altrimenti, una eventuale istruttoria svolta completamente in secondo grado determinerebbe la coincidenza in un unico organo dei ruoli di giudice di primo grado e di secondo grado con una sostanziale compromissione del diritto di difesa per l’incolpato (CNF n. 53/2017).
Inammissibile l’impugnazione proposta avverso il solo dispositivo disciplinare
Nel sistema delineato dall’art. 50 L.P. e dall’art. 51 del R.D. n. 37/34, la deliberazione del dispositivo adottata dall’organo disciplinare a conclusione della discussione non è atto autonomo e costituisce un primo elemento del procedimento di formazione della decisione, la quale assume consistenza giuridica di provvedimento sanzionatorio soltanto con la sua pubblicazione mediante deposito dell’originale nella segreteria del Consiglio dell’Ordine, cui deve seguire ai fini dell’opponibilità degli effetti la sua notificazione all’incolpato. Conseguentemente, l’impugnazione proposta contro il solo dispositivo è radicalmente inammissibile, giacché l’unica impugnazione consentita è quella eseguita, nel termine di legge, avverso il provvedimento integrale (Cass. n. 25054/2016, CNF n. 128/2015).
L’istanza di sospensione delle sentenze del CNF non può essere rivolta al CNF stesso
Attesa la tipicità degli atti impugnabili al Consiglio Nazionale Forense, è inammissibile il ricorso per la sospensione dell’esecuzione di una sentenza del CNF ove proposto al CNF stesso (anziché alla Corte di Cassazione in sede di impugnazione). (CNF n. 257/2016).
Giudizio disciplinare dinanzi al CNF e termini per la costituzione del COA
Il giudizio avanti al Consiglio Nazionale Forense non prevede termini decadenziali per la costituzione del Consiglio dell’Ordine, che può quindi avvenire sino al momento della Discussione (CNF n. 52/2016)
I presupposti per la correzione degli errori materiali in ambito disciplinare
La correzione di errore materiale, anche in ambito disciplinare, è ammissibile allorquando si ravvisi una fortuita divergenza tra il giudizio e la sua espressione letterale, ovvero un contrasto tra la motivazione ed il dispositivo oppure un mero errore quantitativo nel dispositivo della decisione (CNF n. 51/2016, CNF n. 25/2013, CNF n. 2/2012, CNF n. 32/2010, CNF n. 85/2005, CNF n. 312/2004, CNF n. 99/2004, CNF n. 77/2004).
Inammissibile l’impugnazione della (motivazione di) assoluzione
L’interesse ad impugnare una decisione disciplinare o un capo di questa va desunto dalla utilità giuridica che dall’eventuale accoglimento del gravame possa derivare alla parte che lo propone e si ricollega, pertanto, all’aspettativa di una modificazione in melius della statuizione impugnata e quindi ad una soccombenza, anche parziale, nel precedente giudizio. In difetto di tale interesse, il ricorso è inammissibile (Nel caso di specie, l’avvocato aveva impugnato la decisione del Consiglio territoriale di proscioglimento dalle incolpazioni a lui contestate chiedendo la riforma della sola motivazione). (CNF n. 144/2015, CNF n. 209/2013, CNF n. 113/2012, CNF n. 3/2012).
L’impugnazione deve esprimere una specifica censura, non un mero dubbio interpretativo (CNF n. 210/2013, CNF n. 33/2012)
L’impugnazione al CNF non è assimilabile all’appello disciplinato dal codice di procedura civile
Al giudizio di competenza del Consiglio nazionale forense a seguito di ricorso avverso provvedimenti del Consiglio territoriale, pur avendo indubbi connotati impugnatori, non è assimilabile all’appello disciplinato dal codice di procedura civile, che si configura come un giudizio di secondo grado avente natura omogenea rispetto a quello di primo grado. Invero, stante la natura amministrativa del procedimento dinanzi al Consiglio territoriale e del provvedimento sanzionatorio che lo conclude, è solo con il ricorso avverso tale provvedimento dinanzi al Consiglio nazionale forense che si instaura per la prima volta un procedimento giurisdizionale che investe il giudice disciplinare del potere di conoscere ogni aspetto della vicenda in contestazione (Cass. n. 9547/2021, CNF n. 205/2020, CNF n. 204/2020, CNF n. 203/2020, Cass. n. 34476/2019).
Procedimento disciplinare: la procura conferita dall’incolpato al difensore per il giudizio dinanzi al CDD non si estende alla fase giurisdizionale dinanzi al CNF
In tema di procedimento disciplinare, la procura conferita dall’incolpato ad un proprio eventuale difensore per il giudizio dinanzi al CDD ed ancorché fosse stata conferita in vista dell’intero procedimento non si estende alla fase giurisdizionale dinanzi al CNF, per la quale -ove l’incolpato voglia (o, a seconda dei casi, debba) nominare un avvocato cassazionista, questo deve essere munito di procura speciale, necessaria ai sensi dell’art. 66 co. 3 RD n. 37/1934 (CNF n. 79/2024, Cass. n. 21965/2021).
Il procedimento disciplinare è regolato dalle norme speciali dell’ordinamento forense, salvo lacune (cpc) o eccezioni espresse (cpp)
Nel procedimento disciplinare a carico degli avvocati trovano applicazione, quanto alla procedura, le norme particolari che, per ogni singolo istituto, sono dettate dalla legge professionale e, in mancanza, quelle del codice di procedura civile (dinanzi al CNF), mentre le norme del codice di procedura penale si applicano (dinanzi al CDD) soltanto nelle ipotesi in cui la legge professionale vi faccia espresso rinvio, ovvero allorché sorga la necessità di applicare istituti che hanno il loro regolamento esclusivamente nel codice di procedura penale (Cass. n. 24377/2020, Cass. n. 24109/2020, Cass. n. 5596/2020, Cass. n. 412/2020, CNF n. 219/2020).
L’art. 97 Cost. non si applica al procedimento disciplinare avanti al CNF
L’art. 97 Cost. non è riferibile all’attività giurisdizionale, quale è quella del CNF che operi quale giudice speciale (Nel caso di specie, in applicazione del principio di cui in massima, la Corte ha ritenuto manifestamente infondata, e quindi rigettato, la qlc dell’art. 56 RDL n. 1578/1933 sollevata con riferimento all’art. 97 Cost.). (Cass. n. 10820/2014, Cass. n. 6213/2005).
L’avvocato non Cassazionista può adire in proprio il CNF solo in sede disciplinare
L’avvocato può adire personalmente il Consiglio Nazionale Forense anche se non Cassazionista solo nell’ambito del (proprio) procedimento disciplinare (purché non sia privo dell’esercizio della professione in quanto cancellato o sospeso con provvedimento già esecutivo), valendo infatti negli altri casi la regola generale secondo cui le funzioni di rappresentanza e difesa avanti qualsiasi giurisdizione speciale – qual è appunto quella esercitata dal CNF – debbano essere assunte da un avvocato iscritto nell’albo dei patrocinanti davanti alle Giurisdizioni Superiori (CNF n. 94/2015).
Procedimento dinanzi al CNF e termine per la produzione documentale
Nei procedimenti dinanzi al Consiglio nazionale forense è consentita la produzione di difese e documenti anche dopo la scadenza del termine di cui all’art. 60, c. 2, R.d. n. 37 del 1934 (dieci giorni dal provvedimento di fissazione dell’udienza per la trattazione del merito), alla condizione che ciò non determini la lesione delle prerogative difensive e del contraddittorio (CNF n. 161/2018).
Nullità della decisione disciplinare per vizio di notifica e rimessione degli atti al consiglio territoriale
L’annullamento, da parte del CNF, della sanzione disciplinare per errores in procedendo non comporta ex se l’assoluzione dell’incolpato, bensì la rimessione degli atti al Consiglio territoriale affinché, emendati i vizi della decisione, celebri nel merito il procedimento disciplinare (Nel caso di specie, l’incolpato -rimasto assente nel corso del procedimento disciplinare a suo carico- era stato sanzionato nonostante la notificazione del decreto di citazione non fosse stata eseguita regolarmente per mancanza dell’avviso di cui all’art. 139 cpc. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha annullato la sanzione, rimettendo gli atti al Consiglio territoriale a quo). (CNF n. 114/2018)
Il contenzioso sugli albi e registri
I diversi termini per impugnare al CNF i provvedimenti in materia di albi, elenchi e registri forensi
Secondo quanto disposto dalla Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense (L. n. 247/2012), i termini per presentare ricorso al CNF avverso i provvedimenti del COA in materia di iscrizione in albi, elenchi e registri risultano differenti: 1) 10 giorni per impugnare l’inerzia del COA che non abbia provveduto, decorso il termine di 30 giorni dalla presentazione della domanda (art. 17, comma 7, quinto periodo); 2) 20 giorni per impugnare il rigetto dell’istanza di iscrizione (art. 17, comma 7, quarto periodo); 3) 30 giorni per impugnare il rigetto dell’istanza di reiscrizione (considerato il rinvio all’art. 61, disposto dall’art. 17, comma 18); 4) 60 giorni per impugnare la cancellazione dall’albo (art. 17, comma 14). (CNF n. 65/2024).
In ogni caso, si tratta di termini perentori, quindi previsti a pena di inammissibilità dell’impugnazione (CNF n. 266/2023).
Impugnazione dei provvedimenti in materia di albi, elenchi e registri forensi: la giurisdizione generalizzata del CNF comprende anche i procedimenti di rilascio dei relativi certificati da parte del COA (purché immediatamente lesivi della situazione giuridica soggettiva del ricorrente)
Il CNF (e, quindi, non pure il TAR) ha giurisdizione speciale esclusiva in relazione ai reclami avverso i provvedimenti conclusivi ed i relativi atti procedimentali che concernono l’iscrizione e la cancellazione da albi, elenchi e registri forensi (a prescindere dalla consistenza della situazione giuridica soggettiva in contesa, id est: diritto o interesse legittimo), ivi comprese le impugnazioni avverso il rigetto, da parte dei COA, delle istanze per il rilascio del certificato di iscrizione all’Albo allorché, nonostante la natura endoprocedimentale del provvedimento impugnato, esso sia comunque immediatamente lesivo, incidendo direttamente sull’esercizio di diritti e facoltà discendenti dall’iscrizione all’Albo (Nella specie, l’impugnazione riguardava il mancato rilascio, da parte del COA, del certificato di iscrizione all’albo forense, che impediva al ricorrente di presentare domanda di iscrizione all’Albo speciale per il patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori al Comitato per la tenuta dell’Albo speciale. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha ritenuto ammissibile l’impugnazione). (CNF n. 72/2022, CNF n. 7/2022).
La cancellazione dall’albo per mancanza di requisiti (non discrezionali) non è annullabile per eventuali vizi di forma o errores in procedendo
Il provvedimento di cancellazione dall’albo per assenza del titolo abilitante all’iscrizione è atto a contenuto vincolato, che non ammette valutazioni discrezionali (a differenza di altri requisiti di iscrizione, quali, ad esempio, l’esemplarità della condotta), sicché non è annullabile per violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (art. 21/octies legge n. 241/1990) (CNF n. 254/2021, CNF n. 237/2021, CNF n. 236/2021, CNF n. 176/2020, CNF n. 123/2019, CNF n. 85/2018).
Il CNF non provvede all’iscrizione o cancellazione dagli Albi in via diretta, ma decide sull’impugnazione dei provvedimenti adottati in materia dai Consigli territoriali
La giurisdizione del Consiglio Nazionale forense in materia di tenuta degli albi e degli elenchi si limita al sindacato sulle impugnazioni dei provvedimenti adottati dai Consigli dell’Ordine, potendo decidere nel merito dell’iscrizione unicamente nel caso previsto dall’art. 17, comma 7, quarto periodo, L. n. 247/2012 nell’eventualità dell’impugnazione del silenzio serbato dal Consiglio territoriale sulla domanda di iscrizione (CNF n. 40/2020, CNF n. 15/2020).
Inammissibile l’impugnazione della delibera COA meramente confermativa di una precedente delibera
È inammissibile l’impugnazione della delibera COA priva di un carattere autonomamente lesivo in quanto meramente confermativa di una precedente delibera (nella specie fatta oggetto di gravame già definito), quindi in difetto di una nuova istruttoria e di una rinnovata ponderazione degli interessi (CNF n. 168/2024, CNF n. 291/2023).
Cancellazione dall’albo: con il rigetto dell’impugnazione, la delibera (sospesa ex lege) acquista efficacia ab origine
Il sopravvenire della decisione del CNF riguardo alla deliberazione del COA di cancellazione, se è vero che determina l’esecutività della stessa (sospesa dalla proposizione del ricorso al CNF ai sensi dell’art. 17, commi 14, secondo inciso, 18 e 19), tuttavia, accertando la legittimità del provvedimento di cancellazione, lo fa con riferimento al momento della deliberazione del COA, onde è da quel momento che l’interessato non aveva titolo per essere iscritto, sicché sin da allora egli non ha esercitato legittimamente la professione sul piano dell’ordinamento professionale ed il relativo tempo non può essere neppure computato ai fini dell’anzianità di iscrizione all’albo (CNF n. 50/2018, Cass. n. 21114/2017).
Il riesame in via amministrativa del provvedimento di cancellazione dall’albo
L’istanza di riesame ex L. n. 241/1990 del provvedimento di cancellazione dall’albo o registro non sospende il termine per l’impugnazione al CNF del provvedimento stesso (art. 17, co. 4, L. n. 247/2012), né il rigetto dell’istanza stessa è impugnabile al CNF stante la tassatività dei mezzi di impugnazione avverso le deliberazioni dei Consigli territoriali (CNF n. 264/2015).
Per l’impugnazione dell’elenco dei professionisti delegati per le vendite è competente il TAR
Gli atti impugnabili avanti al C.N.F. costituiscono un numerus clausus, sicché non può essere sottoposto alla sua giurisdizione la domanda di annullamento della delibera con cui il C.O.A. abbia formato l’elenco dei professionisti delegati per le vendite giudiziarie da trasmettere al Presidente del Tribunale ex art. 179 ter disp. att. c.p.c. (Nel caso di specie, in applicazione del riferito principio, il CNF ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione, rimettendo le parti avanti al TAR competente). (CNF n. 81/2013).
Il contenzioso elettorale
Inammissibile il reclamo elettorale presentato direttamente al CNF anziché al COA
Il nuovo ordinamento professionale (art. 28 co 12 e art. 36 co. 1 della L. n. 247/2012) ha confermato la natura giurisdizionale della cognizione del CNF in materia elettorale ma, innovando rispetto al sistema precedente, ha prescritto il necessario deposito del relativo ricorso presso il Consiglio dell’Ordine, secondo quanto disposto dall’art. 59 RD n. 37/1934 (CNF n. 49/2024, CNF n. 215/2023).
Contenzioso elettorale forense: la giurisdizione spetta al CNF (non al TAR)
Il CNF è l’organo avente competenza giurisdizionale a decidere sui ricorsi relativi alle elezioni dei Consigli dell’Ordine, ex art. 36 L. n. 247/2012, e quindi preposto alla verifica della legittimità della procedura elettorale seguita dai Consigli degli Ordini territoriali. Esso effettua, su ricorso degli interessati, un controllo di legalità sul corretto svolgimento delle operazioni elettorali e provvede ad annullare il provvedimento di proclamazione degli eletti se accerta che lo stesso o un atto ad esso prodromico sono stati adottati in violazione di legge (Cass. n. 22624/2024).
In particolare, il CNF ha giurisdizione speciale esclusiva in relazione ai reclami avverso i provvedimenti conclusivi ed i relativi atti procedimentali che concernono l’iscrizione e la cancellazione da albi, elenchi e registri forensi, a prescindere dalla consistenza della situazione giuridica soggettiva in contesa (diritto o interesse legittimo). (CNF n. 65/2024).
Peraltro, nella giurisdizione speciale ed esclusiva del CNF in materia elettorale forense rientrano anche i reclami proposti avverso le elezioni dei componenti dei Consigli Distrettuali di Disciplina, per ragioni di omogeneità, concentrazione e coerenza, giacché non avrebbe ragion d’essere una doppia giurisdizione, domestica con riguardo all’elezione dei consigli dell’ordine e amministrativa ordinaria per quanto riguarda l’elezione dei componenti dei CDD (CNF n. 269/2023, CNF n. 10/2023, CNF n. 269/2023, CNF n. 98/2020).
Inoltre, nella giurisdizione speciale ed esclusiva del CNF in materia elettorale forense rientrano anche i reclami proposti avverso le elezioni dei componenti del CPO (CNF n. 207/2023, CNF n. 151/2021, CNF n. 22/2021).
Il giudizio dinanzi al CNF dopo il rinvio della Cassazione
La riassunzione del giudizio disciplinare davanti al CNF dopo il rinvio della Cassazione
Le modalità ed i termini di proposizione del giudizio di riassunzione dinanzi al CNF non sono regolati in maniera compiuta dalla legge professionale, la quale si limita a prevedere che «Nel caso di annullamento con rinvio, il rinvio è fatto al CNF, il quale deve conformarsi alla decisione della Corte di cassazione circa il punto di diritto sul quale essa ha pronunciato» (art. 36, comma 8, L. n. 247/2012, già art. 56, u.c., RDL 1578/1933). Pertanto, stante l’assenza di una specifica disposizione nell’ambito della Legge speciale forense (art. 37 co. 1 L. n. 247/2012), la riassunzione del giudizio disciplinare davanti al CNF in seguito al rinvio della Cassazione, deve essere compiuta ai sensi dell’art. 392 c.p.c., quindi su istanza di parte, non trovando quivi applicazione la differente disciplina penalistica che riguarda in via residuale e a condizione di compatibilità i procedimenti davanti ai CDD (art. 59, co. 1, lett. n, L. n. 247/2012) (CNF n. 168/2024, CNF n. 89/2024, CNF n. 16/2023).
In sede di rinvio, il CNF è vincolato al principio di diritto enunciato dalla sentenza della Cassazione ed alle premesse logico-giuridiche della decisione
Nel giudizio di rinvio è inibito alle parti prendere conclusioni diverse dalle precedenti o che non siano conseguenti alla cassazione, così come non sono modificabili i termini oggetto della controversia, espressi o impliciti nella sentenza di annullamento, e tale preclusione investe non solo le questioni espressamente dedotte dalle parti, ma anche le questioni di diritto rilevabili d’ufficio, ove esse tendano a porre nel nulla o a limitare gli effetti intangibili della sentenza di cassazione e la operatività del principio di diritto che in essa viene enunciato agli effetti della decisione finale della causa. La pronuncia della Corte di Cassazione vincola al principio affermato ed ai relativi presupposti di fatto (art. 36 co. 8 L. n. 247/2012), onde il giudice del rinvio deve uniformarsi non solo alla regola giuridica enunciata, ma anche alle premesse logico giuridiche della decisione adottata, attenendosi agli accertamenti già compresi nell’ambito di tale enunciazione, senza poter estendere la propria indagine a questioni che, pur non espressamente esaminate, in quanto non poste dalle parti o non rilevate d’ufficio, costituiscono il presupposto stesso della pronuncia di annullamento, formando oggetto di giudicato implicito interno (CNF n. 44/2023, CNF n. 6/2023).
Il giudizio di rinvio al CNF
In sede di rinvio, il CNF è vincolato al principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione in relazione ai punti decisivi non congruamente valutati dalla sentenza cassata (art. 36 co. 8 L. n. 247/2012), sicché esso – se non può rimetterne in discussione il carattere di decisività – conserva, invece, il potere di procedere ad una nuova valutazione dei fatti già acquisiti e di quegli altri la cui acquisizione si renda necessaria in relazione alle direttive espresse dalla sentenza di annullamento (CNF n. 22/2018).
Cassazione con rinvio: la mancata o tardiva riassunzione dinanzi al CNF rende definitiva la sanzione disciplinare irrogata dal Consiglio territoriale
La tardiva o mancata riassunzione dinanzi al CNF dopo il rinvio da parte della Corte di Cassazione comporta l’estinzione del procedimento impugnatorio (artt. 392-393 cpc) ma non della sanzione disciplinare irrogata dal Consiglio territoriale, la quale si consolida e diviene definitiva giacché – trattandosi di un provvedimento amministrativo sanzionatorio – può dirsi travolto solo qualora vi sia una sentenza definitiva che ne abbia dichiarato l’illegittimità (Cass. n. 22986/2024, CNF n. 168/2024, CNF n. 89/2024, CNF n. 24/2024, Cass. n. 19103/2023, CNF n. 194/2023, CNF n. 6/2019).
Peraltro, non assurge alla soglia della non manifesta infondatezza la qlc dell’art. 393 c.p.c. per asserito contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost. nella parte in cui non prevede, tra gli atti travolti dall’estinzione del processo per sua tardiva o mancata riassunzione a seguito di rinvio al Consiglio nazionale forense da parte della Corte di Cassazione, anche la decisione disciplinare emessa dal Consiglio distrettuale di disciplina (CNF n. 168/2024)
In tal caso, inoltre, la pronuncia della Cassazione non rileva neppure in sede di eventuale autotutela, giacché l’estinzione per mancata o tardiva riassunzione comporta la caducazione anche di quella pronuncia cassatoria, la quale peraltro era rivolta al giudice del rinvio ossia al CNF e non al COA, chiamato quindi a dare esecuzione alla sanzione del CDD, ormai definitiva (CNF n. 89/2024).
La revocazione delle sentenze del CNF: modalità e presupposti
La revocazione (art. 395 cpc) è ammessa anche per le decisioni del Consiglio Nazionale Forense e, in mancanza di norme derogatorie nella legge professionale, si propone mediante deposito del relativo ricorso presso il CNF stesso nel termine di trenta giorni decorrente dalla scoperta dell’asserito vizio revocatorio, a pena di inammissibilità. Peraltro, anche la revocazione delle sentenze CNF è possibile solo per errore di fatto (art. 395 n. 4 cpc), che consiste in un errore di percezione o in una mera svista materiale che abbia indotto il giudice a supporre l’esistenza o l’inesistenza di un fatto decisivo che risulti invece incontestabilmente escluso o accertato alla stregua degli atti o documenti di causa e che non abbia costituito oggetto di un punto controverso su cui il giudice si sia pronunciato. Conseguentemente, va escluso che essa possa riguardare vizi e nullità afferenti alle pregresse fasi processuali, deducibili solo con le ordinarie impugnazioni. Infine, l’eventuale accoglimento del ricorso per revocazione, impone di affrontare nel merito le questioni sottoposte dall’attenzione del Consiglio, con il ricorso originario e riproposte nel ricorso per revocazione (CNF n. 58/2023, CNF n. 94/2022, CNF n. 33/2022, CNF n. 60/2021, CNF n. 209/2017, CNF n. 139/2013, CNF n. 189/2012, CNF n. 51/2012).
Il diniego di accesso agli atti da parte del COA o del CDD non è impugnabile al CNF (ma semmai al TAR)
La sede giurisdizionale davanti alla quale far valere le doglianze in relazione al mancato accesso ad atti ritenuti rilevanti è quella amministrativa, e non già il giudizio dinanzi al Consiglio Nazionale Forense, dinanzi al quale il mancato accesso agli atti potrebbe semmai rilevare sotto il profilo del controllo della motivazione degli atti del Consiglio territoriale (CNF n. 39/2022, CNF n. 190/2021, CNF n. 179/2019, CNF n. 54/2019, CNF n. 11/2019, CNF n. 10/2019, CNF n. 240/2018, CNF n. 239/2018, CNF n. 238/2018, CNF n. 237/2018, CNF n. 235/2018, CNF n. 234/2018, CNF n. 233/2018, CNF n. 232/2018, CNF n. 221/2018, CNF n. 144/2018, CNF n. 85/2018, CNF n. 84/2018, CNF n. 189/2016, CNF n. 127/2015, CNF n. 205/2013).
Impugnazione delle sentenze CNF: il Procuratore generale presso la Corte di cassazione è contraddittore necessario
In tema di impugnazione delle decisioni del Consiglio Nazionale Forense dinanzi alla Corte di cassazione proposto dall’interessato, contraddittore necessario – a parte il consiglio dell’ordine locale – è il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, giacché l’art. 68 del r.d. n. 37 del 1934 indentifica nel pubblico ministero presso la S.C. il soggetto che ha il potere di ricorrere alle Sezioni Unite della stessa Corte di cassazione avverso dette decisioni (In applicazione del suesteso principio, le Sezioni Unite hanno dichiarato l’inammissibilità del ricorso, nella parte in cui era stato proposto anche nei confronti della Procura della Repubblica presso il Tribunale e della Procura generale presso la Corte d’appello nella cui circoscrizione ricadeva il consiglio dell’ordine competente, in quanto gli artt. 59 e 36 della l. n. 247 del 2012 prescrivono la notificazione nei loro confronti del provvedimento reso all’esito del procedimento disciplinare e della decisione del Consiglio Nazionale Forense, restando comunque parte del procedimento giurisdizionale dinanzi a quest’ultimo il solo magistrato delegato dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione). (Cass. n. 34778/2021).
Procedimento disciplinare: inammissibile l’impugnazione priva dei riferimenti normativi asseritamente violati
Anche in tema di procedimento disciplinare, l’art. 366, co. 1 n. 4, c.p.c. impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, co. 1 n. 3, c.p.c. di indicare, a pena d’inammissibilità della censura, le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (Cass. n. 11167/2022, Cass. n. 41989/2021).
Procedimento disciplinare: inammissibile l’impugnazione prolissa, generica e confusa
Anche in tema di procedimento disciplinare, ai sensi dell’art. 366, co. 1 n. 3, c.p.c. il ricorso per cassazione deve essere redatto in conformità al dovere processuale della chiarezza e della sinteticità espositiva, dovendo il ricorrente selezionare i profili di fatto e di diritto della vicenda “sub iudice” posti a fondamento delle doglianze proposte in modo da offrire al giudice di legittimità una concisa rappresentazione dell’intera vicenda giudiziaria e delle questioni giuridiche prospettate e non risolte o risolte in maniera non condivisa, per poi esporre le ragioni delle critiche nell’ambito della tipologia dei vizi elencata dall’art. 360 c.p.c.; l’inosservanza di tale dovere pregiudica l’intelligibilità delle questioni, rendendo oscura l’esposizione dei fatti di causa e confuse le censure mosse alla sentenza gravata, e pertanto comporta la declaratoria di inammissibilità del ricorso, ponendosi l’atto così predisposto in contrasto con l’obiettivo del processo, volto ad assicurare un’effettiva tutela del diritto di difesa (art. 24 Cost.) nel rispetto dei principi costituzionali e convenzionali del giusto processo (artt. 111, co. 2, Cost. e 6 CEDU) senza gravare lo Stato e le parti di oneri processuali superflui (Cass. n. 11167/2022, Cass. n. 7073/2022, Cass. n. 41989/2021).
L’estinzione per mancata riassunzione del procedimento sospeso o interrotto avanti al CNF
In mancanza di più specifica disciplina da parte dell’ordinamento professionale, ai giudizi dinanzi al CNF si applicano le norme ed i princìpi del codice di procedura civile, di talché si impone la dichiarazione d’ufficio di estinzione del procedimento sospeso o interrotto per mancata riassunzione dello stesso ex art. 305 cpc, da effettuarsi nel termine perentorio previsto dall’art. 295 cpc, ovvero tre mesi oltre eventuale sospensione feriale (CNF n. 163/2020, CNF n. 162/2020, CNF n. 118/2020, CNF n. 116/2020, CNF n. 115/2020, CNF n. 6/2019, CNF n. 199/2013).
Inammissibile la domanda al CNF di condanna di risarcimento del danno asseritamente derivato al ricorrente dal provvedimento impugnato
La materia del risarcimento del danno non rientra nella giurisdizione del CNF, essendo la competenza di detto organo limitata alla cognizione delle impugnazioni delle deliberazioni dei Consigli territoriali e alla valutazione della loro eventuale illegittimità (CNF n. 82/2020, CNF n. 250/2015, CNF n. 158/2013, Cass. n. 10215/2006).
Peraltro, Qualora il provvedimento disciplinare inflitto dall’Ordine degli avvocati sia annullato dalla Corte di cassazione o sia revocato dall’Ordine medesimo, non sussiste la responsabilità civile dei componenti del COA per i danni asseritamente arrecati al destinatario della sanzione in ragione dell’esito del procedimento, atteso che la violazione del codice deontologico può rilevare in sede giurisdizionale solo se affetta da incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge, consentendo in tali casi il ricorso alla Sezioni Unite della Corte di cassazione, e, inoltre, il rispetto dell’autonomia degli Ordini, preposti a far rispettare il codice deontologico forense, esclude che integri, di per sé, una condotta illecita l’espletamento delle funzioni disciplinari, trattandosi di mezzo di controllo dei comportamenti dell’incolpato, contrari alla dignità e al decoro professionale (Cass. n. 19246/2015).
Alla richiesta di iscrizione all’albo non si applica il silenzio assenso
Il comma 7 dell’art. 17 della L. n. 247/2012 prevede la possibilità per l’interessato di ricorrere al CNF avverso il silenzio serbato dal COA sulla domanda di iscrizione all’albo, facoltà da esercitarsi nel termine di 10 giorni decorrenti dalla scadenza del termine di 30 giorni dalla presentazione della domanda. Per cui non può trovare applicazione la disciplina del silenzio assenso di cui all’art. 20 legge n. 241/1990 (CNF n. 82/2020, CNF n. 58/2020, Cass. n. 16740/2019, CNF n. 182/2017, CNF n. 334/2016, CNF n. 190/2016).
Il giudizio dinanzi al CNF riguarda la legittimità ed il merito del provvedimento impugnato
Il giudizio dinanzi al CNF non è limitato alla sola verifica della legittimità del provvedimento adottato dal Consiglio territoriale, bensì esteso anche al merito cosicché nulla impedisce al giudice del gravame di prendere in esame, qualora lo ritenesse necessario ed opportuno, tutta la documentazione prodotta nel corso del procedimento (CNF n. 105/2022, CNF n. 59/2022, CNF n. 219/2020, CNF n. 42/2020, CNF n. 35/2020).
Inammissibile l’impugnazione al CNF di atti meramente interlocutori
Avanti al Consiglio Nazionale Forense possono essere impugnati atti aventi natura decisoria e comunque suscettibili di incidere sugli interessi in gioco ovvero sulla sfera giuridica dello iscritto e/o dell’incolpato, a pena di inammissibilità del ricorso altrimenti proposto (Nel caso di specie, l’impugnazione riguardava la delibera con cui il Consiglio dell’ordine si limitava a preannunciare l’intenzione di assumere successivi provvedimenti). (CNF n. 167/2019).
Impugnazione del provvedimento di cancellazione dall’Elenco degli Avvocati per il patrocinio a spese dello Stato: la giurisdizione spetta al CNF
Secondo un’interpretazione estensiva, necessaria a dare coerenza al sistema ordinamentale forense, spetta al CNF la “cognizione generalizzata” in relazione a tutti i reclami avverso i provvedimenti che concernono l’iscrizione e la cancellazione da albi, elenchi e registri, tra i quali rientrano i provvedimenti relativi all’Elenco degli Avvocati per il patrocinio a spese dello Stato (CNF n. 166/2019).
Contra, CNF n. 358/2016, CNF n. 185/2016, CNF n. 111/2015, CNF n. 185/2016, secondo cui il rigetto della domanda di iscrizione nell’Elenco dei difensori di Ufficio non è impugnabile al CNF
La tipicità degli atti impugnabili non ammette deroga alcuna, sicchè restano impugnabili esclusivamente le decisioni relative alla tenuta degli albi, ai certificati di compiuta pratica forense, ai procedimenti disciplinari, alle elezioni del C.d.O. ed ai conflitti di competenza. Sfugge quindi alla competenza giurisdizionale del C.N.F. il ricorso in materia meramente amministrativa quale, ad esempio, la tenuta dell’elenco dei difensori d’ufficio o dell’elenco degli avvocati per il patrocinio a spese dello Stato, la cui giurisdizione non spetta al CNF (né al TAR, ma al Giudice ordinario).
Impugnazione delle sentenze CNF: contraddittore necessario è il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione
In tema di procedimento disciplinare, è inammissibile il ricorso per Cassazione proposto nei confronti della Procura Generale della Repubblica presso la Corte d’appello e nei confronti della Procura della Repubblica presso il Tribunale, spettando la qualità di contraddittore necessario al Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione (Cass. n. 5596/2020).
Sospensione per mancato versamento del contributo annuale al C.O.A.: il termine per l’impugnazione al CNF
La sospensione a tempo indeterminato dall’esercizio della professione come conseguenza del mancato versamento da parte dell’iscritto del contributo annuale al proprio C.O.A. nei termini stabiliti, ha natura di sanzione amministrativa ma è adottata nelle forme del procedimento disciplinare e, quindi, l’impugnazione della relativa delibera deve essere trattata alla stregua di un ricorso avverso un provvedimento disciplinare, da proporsi quindi entro trenta giorni dal deposito della stessa ex art. 61 co. I° L. n. 247/2012 (CNF n. 115/2019).
L’istituto della rimessione in termini opera anche nel procedimento disciplinare
L’istituto della rimessione in termini (art. 153 co. 2 cpc) ha una connotazione di carattere generale e, come tale, trova in astratto applicazione anche nella fase di gravame dinanzi al CNF, ricorrendone i presupposti, ovvero una causa di forza maggiore o caso fortuito, giacché il concetto di non imputabilità deve presentare il carattere dell’assolutezza, non essendo sufficiente la prova di una impossibilità relativa, quale potrebbe essere la semplice difficoltà dell’adempimento o il ricorrere di un equivoco, evitabile con l’ordinaria diligenza, anche in ossequio ai doveri di diligenza e competenza imposti all’avvocato dai principi generali del CDF (CNF n. 113/2019, CNF n. 97/2019, CNF n. 43/2019, CNF n. 15/2019).
Sospensione per mancato pagamento dei contributi annuali dovuti al Consiglio dell’Ordine: esclusa la giurisdizione tributaria
Il fatto che il contributo annuale per l’iscrizione al COA di appartenenza abbia natura tributaria non comporta che la questione concernente l’incidenza del mancato pagamento dello stesso sul diritto del professionista al mantenimento dell’efficacia dell’iscrizione si risolva in una controversia che debba essere devoluta alla giurisdizione del giudice tributario: ciò che viene in discussione, infatti, è l’accertamento della sussistenza delle condizioni per l’iscrizione all’albo e per poter esercitare la professione, non anche la legittimità della pretesa del pagamento del contributo previsto dalla legge quale onere gravante sul professionista per effetto dell’iscrizione all’albo, sicché si rimane nell’ambito di questioni che rientrano appieno nella competenza dei Consigli dell’ordine e, in sede di impugnazione, del Consiglio nazionale forense, non essendo in alcun modo predicabile la giurisdizione del giudice tributario (CNF n. 168/2018, Cass. n. 7666/2017).
Il giudizio dinanzi alla Corte di Cassazione
Impugnazione “telematica” delle sentenze CNF e successivo deposito del ricorso in Cassazione
Il ricorso in Cassazione avverso le sentenze del Consiglio Nazionale Forense ben può essere notificato telematicamente, ma il relativo deposito presso la Cancelleria della Corte deve necessariamente avvenire (al più tardi, entro l’udienza di discussione o l’adunanza in camera di consiglio) mediante il deposito in formato cartaceo del messaggio di trasmissione a mezzo PEC, dei suoi allegati e delle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna, corredato dell’attestazione di conformità ai documenti informatici da cui sono tratti (art. 9 L. n. 53/1994), a pena di improcedibilità ex art. 369 co. 1 cpc se l’intimato sia rimasto contumace ovvero, costituendosi, abbia espressamente disconosciuto la conformità della copia cartacea all’originale telematico (Cass. n. 13437/2019, Cass. n. 10021/2019, Cass. n. 22085/2018).
I limiti al sindacato di Legittimità sulle sentenze CNF
Le decisioni del Consiglio Nazionale Forense in materia disciplinare sono impugnabili dinanzi alle Sezioni Unite della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 36 co. 6 L. n. 247/2012 (già art. 56 RDL. n. 1578/1933), soltanto per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge, con la conseguenza che l’accertamento del fatto, l’apprezzamento della sua rilevanza rispetto alle imputazioni, la scelta della sanzione opportuna e, in generale, la valutazione delle risultanze processuali non possono essere oggetto del controllo di legittimità, salvo che si traducano in un palese sviamento di potere, ossia nell’uso del potere disciplinare per un fine diverso da quello per il quale è stato conferito; non è, quindi, consentito alle Sezioni Unite sindacare, sul piano del merito, le valutazioni del giudice disciplinare, che non possono essere oggetto del controllo di legittimità se non nei limiti di una valutazione di ragionevolezza, sicché è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito, giacché il giudizio legittimità non può essere trasformato in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative (Cass. n. 26999/2024, Cass. n. 35981/2023, Cass. n. 25440/2023, Cass. n. 22511/2023, Cass. n. 22463/2023, Cass. n. 20650/2023, Cass. n. 34206/2022, Cass. n. 29589/2022, Cass. n. 26991/2022, Cass. n. 26990/2022, Cass. n. 22729/2022, Cass. n. 11675/2022, Cass. n. 7501/2022, Cass. n. 7073/2022, Cass. n. 37550/2021, Cass. n. 35462/2021, Cass. n. 21965/2021, Cass. n. 21964/2021, Cass. n. 21963/2021, Cass. n. 21962/2021, Cass. n. 20384/2021, Cass. n. 20383/2021, Cass. n. 14233/2020, Cass. n. 8242/2020).
Inoltre, l’art. 360 n. 5 cpc, secondo cui è deducibile esclusivamente l’«omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti», deve essere interpretato, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 disp. prel. cod civ., come riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità, per cui l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante e attiene all’esistenza della motivazione in sé, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di “sufficienza”, nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (Cass. n. 24285/2024, Cass. n. 30312/2023, Cass. n. 21311/2023, Cass. n. 37406/2022, Cass. n. 28468/2022, Cass. n. 26990/2022, Cass. n. 7073/2022, Cass. n. 42090/2021, Cass. n. 10852/2021, Cass. n. 10740/2021, Cass. n. 9547/2021, Cass. n. 8777/2021, Cass. n. 7335/2021, Cass. n. 2607/2021, Cass. n. 25574/2020, Cass. n. 24896/2020, Cass. n. 24377/2020, Cass. n. 23746/2020, Cass. n. 23593/2020).
Infine, il Codice deontologico forense non ha carattere normativo, essendo costituito da un insieme di regole che gli organi di governo degli avvocati si sono date per attuare i valori caratterizzanti la propria professione e garantire la libertà, la sicurezza e la inviolabilità della difesa: in sede di legittimità, la violazione di tali regole non è pertanto deducibile ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., non rilevando di per sé, ma solo in quanto si colleghi all’incompetenza, all’eccesso di potere o alla violazione di legge, cioè ad una delle ragioni per le quali l’art. 36 della legge 31 dicembre 2012, n. 247 consente il ricorso alle Sezioni Unite della Corte di cassazione (Cass. n. 34351/2023, Cass. n. 25940/2023, Cass. n. 37406/2022, Cass. n. 13168/2021).
La “consumazione” del ricorso per Cassazione avverso le sentenze del CNF
La rituale proposizione del ricorso per cassazione determina la consumazione del diritto di impugnazione, con la conseguenza che non solo non è possibile presentare motivi aggiunti, oltre a quelli già formulati in sede di ricorso, ma neppure è consentita la proposizione di altro ricorso, il quale, pertanto, è soggetto alla sanzione di inammissibilità. Tale principio vale anche per il giudizio di impugnazione davanti alla Corte di cassazione delle decisioni in sede disciplinare adottate dal Consiglio nazionale forense, attesa l’applicabilità delle norme del processo civile, ai sensi dell’art. 67, quinto comma, del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37 (Cass. n. 6295/2003, Cass. n. 39/1999).
Le sentenze del CNF sono immediatamente esecutive
Le sentenze del CNF sono provvisoriamente esecutive, senza che occorra alcuna integrazione della decisione stessa con la determinazione della decorrenza del dies a quo della operatività da parte del COA al quale l’incolpato è iscritto, e la natura normativa di tale regola esclude l’eventuale rilevanza di un errore (di diritto) sulle stesse, anche se commesso in buona fede. Inoltre tale esecutorietà permane anche a seguito di (eventuale) proposizione del ricorso alla Suprema Corte, la quale – nel caso di sanzioni diverse da avvertimento e censura – può tuttavia sospenderne l’esecutorietà in via cautelare, ove ne sussistano i presupposti (art. 36, co. 7, L. n. 247/2012). (CNF n. 168/2024, CNF n. 45/2019).
Peraltro, l’avvertimento e la censura sono “sanzioni formali”, che consistono in una deplorazione del comportamento tenuto dal professionista, senza tuttavia incidere sulla sua attività professionale né sulla sua reputazione pubblica, giacché nella fase esecutiva di tali sanzioni, il Consiglio dell’ordine procede unicamente all’inserimento della decisione nel fascicolo personale dell’iscritto (art. 35, comma 2, reg. 21/02/2014, n. 2). La sospensione disciplinare e la radiazione sono invece “sanzioni sostanziali”, che, da un lato, impediscono temporaneamente o definitivamente (fatta salva la possibilità di re-iscrizione alle condizioni di cui all’art. 62, comma 10, legge n. 247/2012) l’esercizio dell’attività professionale con perdita dello jus postulandi e, dall’altro, comportano una capillare divulgazione dell’impedimento stesso presso uffici giudiziari, ordini del distretto e iscritti agli albi, anche mediante affissione presso l’ordine professionale (art. 62, commi 5 e 6, reg. n. 2/2014) ed inserimento in appositi elenchi tenuti e aggiornati dal Consiglio medesimo. Solo con riferimento a tali ultime sanzioni è pertanto configurabile il periculum in mora necessario (unitamente al fumus boni juris) per la sospensione cautelare dell’esecuzione delle sentenze CNF da parte della Corte di Cassazione (Cass. n. 30998/2017).
L’istanza di sospensione delle sentenze CNF può essere contenuta nello stesso ricorso per Cassazione
L’istanza di sospensione delle sentenze del Consiglio Nazionale Forense non deve necessariamente essere proposta in via autonoma rispetto al ricorso per Cassazione, ben potendo essere in esso contenuta, purché abbia una sua autonoma motivazione e sia riconoscibile quale istanza cautelare, ex art. 36, co. 6, L. n. 247/2012, già art. 56, co. 4, RDL n. 1578/1933 (Cass. n. 20877/2024, Cass. n. 30999/2017, Cass. n. 6967/2017; per il precedente orientamento, secondo cui l’istanza cautelare non autonoma ma contenuta nello stesso ricorso per cassazione sarebbe invece inammissibile, cfr. Cass. n. 3734/2016, Cass. n. 4112/2007).
I presupposti per la sospensione cautelare delle sentenze del CNF
La sospensione dell’efficacia esecutiva delle sentenze del CNF (art. 36 co. 7 L. n. 247/2012) postula, secondo i principi che regolano la giurisdizione cautelare in ragione della sua naturale strumentalità rispetto alla tutela da somministrarsi nel “merito”, la valutazione della ricorrenza sia della sussistenza del fumus boni iuris, sia della sussistenza del c.d. periculum in mora, cioè l’esistenza, non solo in ragione della natura della situazione giuridica coinvolta, ma anche in ragione del modo in cui essa lo è nella vicenda giudicata dalle autorità disciplinari, di una situazione per cui la mancanza della sospensione dell’esecutività della decisione adottata dal Consiglio Nazionale Forense sia idonea ad arrecare un pregiudizio caratterizzato dalla imminenza e irreparabilità (Cass. n. 9149/2016).
Inammissibile l’istanza di sospensione delle sentenze CNF che non indichi i motivi di protezione interinale ed urgente
L’istanza di sospensione della esecutorietà della decisione adottata dal Consiglio nazionale forense può essere contenuta nel ricorso proposto, avverso quest’ultima, alle Sezioni Unite della Corte di cassazione, ma sempre che l’istanza stessa abbia una sua autonoma motivazione e sia riconoscibile quale istanza cautelare, atteso che l’art. 36, comma 6, della l. n. 247 del 2012 prevede solo l’istanza di parte per l’esercizio di tale prerogativa (nella specie, la richiesta di sospensiva non andava oltre la intestazione denominativa dell’atto, che non conteneva motivi di protezione interinale ed urgente). (Cass. n. 7073/2022).
Sospensione dell’esecuzione delle sentenze CNF: inammissibile il ricorso cautelare che non indichi il periculum in mora
Il ricorso cautelare avverso le sentenze del CNF è inammissibile qualora non contenga l’indicazione dei concreti elementi, alla cui stregua dall’esecuzione della sentenza impugnata dovrebbe “derivare grave ed irreparabile danno”; va parimenti esclusa l’ammissibilità dell’integrazione di lacune contenute nel ricorso mediante la memoria depositata in prossimità della discussione della causa, atteso che questa ha esclusivamente la funzione di illustrare ed approfondire gli atti iniziali del giudizio di cassazione (Cass. n. 10537/2018).
Per il termine d’impugnazione in Cassazione è irrilevante la data di notifica al difensore
Le disposizioni contenute nell’art. 36 dell’ordinamento forense contengono un’eccezione al combinato disposto di cui agli artt. 285 e 170 c.p.c., il quale stabilisce che il termine dì 30 giorni per ricorrere verso la sentenza del CNF decorre dalla notifica della stessa a richiesta d’ufficio eseguita nei confronti dell’interessato personalmente e non già del suo procuratore, considerato che non ricorre qui la ratio della regola generale della necessità della notifica al difensore, in quanto il soggetto sottoposto a procedimento disciplinare è un professionista il quale è in condizione di valutare autonomamente gli effetti della notifica della decisione (Nei casi di specie, la sentenza CNF era stata notificata all’incolpato personalmente e, successivamente, al suo difensore, mentre l’impugnazione era stata proposta oltre 30 giorni dalla prima notifica; in applicazione del suddetto principio, la Corte ha dichiarato inammissibile per tardività il ricorso) (Cass. n. 31570/2021, Cass. n. 17192/2018, Cass. n. 21110/2017).
Procedimento disciplinare: al rito in Cassazione si applica il cpc
Il ricorso alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, avverso le decisioni in materia disciplinare del consiglio nazionale forense (previsto dall’art. 56, comma 3, del r.d.l. n. 1578 del 1933 -tuttora in vigore come riconosciuto dall’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 179 del 2009- e ribadito dall’art. 36, comma 6, della L. n. 247 del 2012) è soggetto, in difetto di espressa previsione contraria, ai principi generali del codice del rito civile (Cass. n. 412/2020).
Il termine “particolare” per impugnare in Cassazione le sentenze del CNF è conforme a Costituzione
Il ricorso per cassazione avverso le decisioni del consiglio nazionale forense è soggetto al termine di trenta giorni dalla notificazione delle decisioni medesime (art. 36 L. n. 247/2012, già art. 56 del R.D.L. 27 novembre 1933 n. 1578). La minore entità di tale termine, rispetto a quello stabilito dall’art. 362 cod. proc. civ., in relazione all’art. 325 cod. proc. civ., per i ricorsi contro le decisioni dei giudici speciali, manifestamente non pone la suddetta previsione normativa in contrasto con i precetti contenuti negli artt. 3 e 24 della costituzione, trattandosi di difforme trattamento che trova obiettiva giustificazione nella diversità delle rispettive situazioni e nella peculiarità del procedimento introdotto con il ricorso avverso le pronunce del consiglio nazionale forense (Cass. n. 17334/2021, Cass. n. 27773/2020, Cass. n. 24109/2020, Cass. n. 16993/2017, Cass. n. 6252/1982).
Al ricorso per Cassazione va allegata copia autentica della sentenza CNF impugnata
Al ricorso per cassazione avverso la decisione emessa in materia disciplinare dal consiglio nazionale forense è applicabile la sanzione di improcedibilità qualora non risulti depositata copia autentica della decisione impugnata, derivando tale onere, per la parte ricorrente, non soltanto dallo art. 369, comma secondo, n. 2, cod. proc. civ., ma anche dalla norma speciale di cui all’art. 66, comma secondo, del decreto n. 37 del 1934, la quale prescrive che debba essere presentata nella cancelleria della Corte di Cassazione precisamente quella copia della decisione impugnata che è stata notificata al ricorrente: ciò all’evidente scopo di rendere possibile il controllo sulla tempestività del ricorso (Cass. n. 28403/2023, Cass. n. 34207/2022, Cass. n. 19675/2016).
Ricorso in Cassazione: impugnazione inammissibile se manca l’esposizione dei fatti oggetto di procedimento disciplinare
Nel ricorso per cassazione è essenziale il requisito, prescritto dall’art. 366 n. 3 c.p.c., dell’esposizione sommaria dei fatti sostanziali e processuali della vicenda, da effettuarsi necessariamente in modo sintetico, con la conseguenza che la relativa mancanza determina l’inammissibilità del ricorso, essendo la suddetta esposizione funzionale alla comprensione dei motivi nonché alla verifica dell’ammissibilità, pertinenza e fondatezza delle censure proposte (Cass. n. 31270/2019, Cass. n. 10537/2018).
Ricorso in Cassazione: impugnazione inammissibile se manca l’esposizione del contenuto della sentenza CNF impugnata
Il ricorso per cassazione in cui manchi completamente l’esposizione dei fatti di causa e del contenuto del provvedimento impugnato è inammissibile; tale mancanza non può essere superata attraverso l’esame delle censure in cui si articola il ricorso, non essendone garantita l’esatta comprensione in assenza di riferimenti alla motivazione del provvedimento censurato, né attraverso l’esame di altri atti processuali, ostandovi il principio di autonomia del ricorso per cassazione (Cass. n. 31270/2019)
I presupposti per l’impugnazione in Cassazione dell’asserito omesso esame di documenti decisivi
L’incolpato che intenda denunciare in sede di Legittimità l’asserito omesso esame di documenti decisivi da parte del giudice disciplinare ha l’onere di “indicarli in modo specifico” nel ricorso, a pena di inammissibilità (art. 366, comma primo, n. 6, c.p.c.), ossia: (a) trascriverne il contenuto, oppure riassumerlo in modo esaustivo; (b) indicare in quale fase processuale siano stati prodotti; (c) indicare a quale fascicolo siano allegati, e con quale indicizzazione (Cass. n. 10446/2022).
I termini “breve” e “lungo” per l’impugnazione delle sentenze CNF in Cassazione
Contro le decisioni del Consiglio nazionale forense il ricorso per cassazione va proposto – in forza di quanto previsto dall’art. 36 co. 6 L. n. 247/2012 (Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense) – nel termine breve di trenta giorni, decorrente dalla notificazione d’ufficio della sentenza contestata. Resta, invece, salva l’applicabilità del termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c. nella sola ipotesi in cui non vi sia stata valida notificazione d’ufficio della decisione impugnata e nessun interessato abbia provveduto alla notificazione stessa di propria iniziativa (Cass. n. 29177/2020, Cass. n. 487/2019, Cass. n. 19526/2018).
Procedimento disciplinare: l’oggetto dell’impugnazione in Cassazione
In tema di procedimento disciplinare, nel giudizio di Cassazione le censure devono riguardare la sentenza del CNF e non, direttamente, la decisione del CDD su questioni non censurate in sede di appello (Nel caso di specie, l’impugnazione aveva riguardato la revoca da parte del CDD di prove già ammesse. In applicazione del principio di cui in massima, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso in parte qua). (Cass. n. 42090/2021).
Sentenze CNF, incensurabili in Cassazione gli obiter dicta
In sede di legittimità, sono inammissibili, per difetto di interesse, le censure rivolte avverso argomentazioni contenute nella motivazione della sentenza impugnata e svolte ad abundantiam o costituenti obiter dicta, poiché esse, in quanto prive di effetti giuridici, non determinano alcuna influenza sul dispositivo della decisione (Nel caso di specie, il giudice disciplinare aveva stigmatizzato il comportamento processuale dell’incolpato) (Cass. n. 961/2017).
Il CNF non è parte del giudizio di impugnazione in Cassazione
Nel giudizio di impugnazione dinanzi alla Corte di cassazione, non assume la qualità di parte il Consiglio Nazionale Forense, che è un giudice speciale e non può pertanto essere evocato in giudizio sui ricorsi avverso le sue sentenze (Nel caso di specie, in applicazione del principio di cui in massima, la Corte ha preliminarmente dichiarato inammissibile il ricorso nella parte in cui notificato e proposto anche nei confronti del CNF). (Cass. n. 35459/2021, Cass. n. 9547/2021, Cass. n. 14233/2020, Cass. n. 7530/2020, Cass. n. 20685/2018, Cass. n. 10537/2018, Cass. n. 9558/2018, Cass. n. 26148/2017).
La valutazione del CNF circa la rilevanza deontologica del fatto e la relativa sanzione disciplinare da applicare non è sindacabile in Cassazione
Non può essere sindacata dalla Corte suprema di Cassazione, in sede di legittimità, l’entità della sanzione inflitta, in un procedimento disciplinare, dal Consiglio Nazionale Forense, in quanto rientra nei poteri degli organi disciplinari lo stabilire quali tra le sanzioni previste dalla legge meglio risponda alla gravità ed alla natura della trasgressione, tenuto conto dei procedimenti morali e disciplinari dell’incolpato, senza che, nell’applicazione di una, anziché di un’altra, delle sanzioni previste possa riscontrarsi una violazione di legge (Cass. n. 29589/2022).
In altri termini, la Corte di Cassazione non può mitigare o aggravare la sanzione disciplinare irrogata dal Consiglio Nazionale forense, giacché la determinazione dell’entità della sanzione disciplinare adeguata e proporzionata costituisce tipico apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità ove sorretta da motivazione congrua e immune da vizi logico-giuridici (Cass. n. 26999/2024, Cass. n. 24181/2023, Cass. 20650/2023, Cass. n. 7073/2022, Cass. n. 20344/2018).
Impugnazione delle sentenze CNF: il controllo di legittimità non equivale alla revisione del ragionamento decisorio
Ai sensi dell’art. 360 primo comma, n. 5 cod. proc. civ., applicabile pure al procedimento disciplinare, ogni diversa ricostruzione fattuale, prospettata in ricorso, è inammissibile perché comporta un nuovo giudizio di merito attraverso l’autonoma valutazione delle risultanze degli atti di causa, laddove il controllo di legittimità non equivale alla revisione del ragionamento decisorio né costituisce occasione per accedere ad un ulteriore grado di merito ove fare valere la supposta ingiustizia della decisione disciplinare impugnata (Cass. n. 19526/2018)
L’impugnazione in Cassazione delle sentenze del CNF per eccesso di potere (giurisdizionale)
L’eccesso di potere cui fa riferimento l’art. 56 del r.d.l. 27 novembre 1933 n. 1578 (convertito con modifiche nella legge 22 gennaio 1934, n. 36) sull’ordinamento della professione forense, nel prevedere il ricorso degli interessati e del P.M. avverso le decisioni disciplinari del Consiglio Nazionale Forense, non ricalca la figura dello sviamento di potere o le cosiddette figure sintomatiche elaborate dalla giurisprudenza amministrativa, ma è solo il cosiddetto eccesso di potere giurisdizionale, che si concreta nell’esplicazione di una potestà riservata dalla legge ad un’altra autorità, sia essa legislativa o amministrativa, o nell’arrogazione di un potere non attribuito ad alcuna autorità, ovverosia l’uso della potestà disciplinare per un fine diverso da quello per il quale è stato conferito, e non può quindi essere fatto valere per omissione di valutazioni di fatto o per una asseritamente difforme valutazione delle risultanze processuali rispetto alle tesi difensive dell’interessato (Cass. n. 18460/2018, Cass. n. 11142/2012, Cass. n. 598/1999, Cass. n. 1342/1998).
L’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360 n. 5 c.p.c.
L’omesso esame di elementi istruttori (nella specie, peraltro, escluso) non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360 n. 5 c.p.c. qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. n. 31108/2017).
Il CNF ed il CDD non sono parti del giudizio di impugnazione delle proprie decisioni
Nel giudizio di impugnazione delle decisioni del Consiglio Nazionale Forense dinanzi alla Corte di cassazione, contraddittori necessari – in quanto unici portatori dell’interesse a proporre impugnazione e a contrastare l’impugnazione proposta – sono unicamente il soggetto destinatario del provvedimento impugnato, il consiglio dell’ordine locale che ha deciso in primo grado in sede amministrativa ed il P.M. presso la Corte di cassazione, mentre tale qualità non può legittimamente riconoscersi al Consiglio Nazionale Forense né al Consiglio Distrettuale di disciplina, per la loro posizione di terzietà rispetto alla controversia, essendo l’organo che ha emesso la decisione impugnata (Cass. n. 12902/2021, Cass. n. 24109/2020, Cass. n. 17563/2019, Cass. n. 16993/2017, Cass. n. 10226/2017, Cass. n. 26996/2016, Cass. n. 24647/2016).
Note.
- Cfr. art. 51 L. n. 247/2012 e art. 4 Reg. CNF 2/2014. ↩︎
- In particolare, la notifica a cui occorre avere riguardo è quella effettuata all’incolpato personalmente ancorché costituito in giudizio a mezzo difensore presso cui fosse domiciliato (Cass. n. 31570/2021, Cass. n. 17192/2018, Cass. n. 21110/2017). Invece, nel fissare il termine di 30 giorni per l’impugnazione al CNF delle decisioni del CDD, l’art. 61 co. 1 L. n. 247/2012 individua il relativo dies a quo nel giorno del deposito del provvedimento anziché quello della sua notifica (come invece disponeva la previgente disciplina nell’art. 50 RDL n. 1578/1933 e come peraltro stabilito dall’art. 33 co. 1 Reg. CNF 2/2014, che non può derogare alla legge ma può comunque offrirne una interpretazione costituzionalmente orientata). ↩︎