Ordinamento professionale ➡️ Titolo V – Il procedimento disciplinare (artt. 50 – 63) ➡️ Capo I – Norme Generali (artt. 50 – 58) ➡️ Art. 56
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1. L’azione disciplinare si prescrive nel termine di sei anni dal fatto.

2. Nel caso di condanna penale per reato non colposo, la prescrizione per la riapertura del giudizio disciplinare, ai sensi dell’articolo 55, è di due anni dal passaggio in giudicato della sentenza penale di condanna.

3. Il termine della prescrizione è interrotto con la comunicazione all’iscritto della notizia dell’illecito. Il termine è interrotto anche dalla notifica della decisione del consiglio distrettuale di disciplina e della sentenza pronunciata dal CNF su ricorso. Da ogni interruzione decorre un nuovo termine della durata di cinque anni. Se gli atti interruttivi sono più di uno, la prescrizione decorre dall’ultimo di essi, ma in nessun caso il termine stabilito nel comma 1 può essere prolungato di oltre un quarto. Non si computa il tempo delle eventuali sospensioni.


Giurisprudenza correlata

La prescrizione dell’azione disciplinare assicura che la pretesa punitiva dell’Ordine forense non sia esercitata in modo indefinito
La pretesa punitiva esercitata dall’Ordine forense in relazione agli illeciti disciplinari commessi dai propri iscritti ha natura di diritto soggettivo potestativo che, sebbene di natura pubblicistica, resta soggetto a prescrizione, la quale delimita nel tempo l’inizio dell’azione disciplinare e vale anche ad assicurare il rispetto dell’esigenza che il tempo dell’irrogabilità della sanzione non venga protratto in modo indefinito (Cass. n. 22463/2023, CNF n. 17480/2023).

La nuova prescrizione dell’azione disciplinare segue criteri di matrice penalistica (e non più civilistici)
In tema di illecito disciplinare, il regime attuale della prescrizione, stabilito dall’articolo 56 della legge professionale, configura una fattispecie riconducibile ad un modello di matrice penalistica, volto a promuovere il sollecito esercizio dell’azione disciplinare e la definizione del procedimento disciplinare in tempi certi, laddove, al contrario, quella del regime precedente si rifaceva al modello civilistico. Si tratta di prescrizione non di un diritto ma dell’azione disciplinare, in relazione alla quale la nuova legge, se da un lato ha elevato la durata della prescrizione, portandola a sei anni, ed ha tipizzato alcuni eventi interruttivi, prevedendo che da quelle date il termine di prescrizione riprenda a decorrere, seppur per una durata più breve, di cinque anni, ha poi previsto un termine finale complessivo e inderogabile, entro il quale il procedimento disciplinare deve concludersi a pena di prescrizione, di sette anni e mezzo dalla consumazione dell’illecito (CNF n. 240/2024, Cass. n. 27284/2024, Cass. n. 20867/2024, Cass. n. 19972/2024, CNF n. 215/2024, CNF n. 2/2024, Cass. n. 22464/2023, Cass. n. 22463/2023, Cass. n. 21351/2023, Cass. n. 10085/2023, CNF n. 343/2023, CNF n. 155/2023, CNF n. 13/2023, Cass. n. 32634/2022).

Illecito deontologico per fatti contestati in sede penale – Prescrizione – Decorrenza – Autonoma determinazione nel giudizio disciplinare – Necessità – Conseguenze.
In tema di illecito deontologico dell’avvocato per fatti contestati anche in sede penale, il procedimento disciplinare deve fondarsi su autonome valutazioni rispetto al processo penale (ex art. 54 della l. n. 247 del 2012), anche con riguardo alla decorrenza del termine di prescrizione dell’azione, con conseguente necessità, per l’organo disciplinare, di accertare la data di commissione del fatto (Cass. n. 14957/2023).

La prescrizione disciplinare non può essere interrotta per più di 7 anni e mezzo
Ai sensi dell’art. 56 L. n. 247/2012, l’azione disciplinare si prescrive nel termine di sei anni (comma 1), che decorre dalla commissione del fatto o dalla cessazione della sua permanenza; l’interruzione della prescrizione fa decorrere un nuovo termine di cinque anni (comma 3), ma in nessun caso il termine prescrizionale complessivo può essere superiore a sette anni e sei mesi, scomputato il tempo delle eventuali sospensioni (Cass. n. 24268/2024, CNF n. 283/2024, CNF n. 187/2024, CNF n. 109/2024, CNF n. 77/2024, CNF n. 38/2024, CNF n. 34/2024, CNF n. 2/2024, Cass. n. 22464/2023, Cass. n. 22463/2023, Cass. n. 17496/2023, Cass. n. 10085/2023, CNF n. 333/2023, CNF n. 164/2023, CNF n. 158/2023, CNF n. 156/2023, CNF n. 155/2023, CNF n. 148/2023, CNF n. 136/2023, CNF n. 125/2023, CNF n. 121/2023, CNF n. 119/2023, CNF n. 116/2023, CNF n. 111/2023, CNF n. 56/2023, CNF n. 49/2023, CNF n. 31/2023, CNF n. 28/2023, CNF n. 14/2023, CNF n. 278/2022, CNF n. 277/2022, CNF n. 274/2022, CNF n. 270/2022, CNF n. 268/2022, CNF n. 249/2022, CNF n. 247/2022, CNF n. 243/2022, CNF n. 238/2022, CNF n. 229/2022, Cass. n. 23746/2020).

Prescrizione dell’azione disciplinare: illeciti deontologici istantanei e permanenti
Ai fini dell’individuazione del dies a quo della prescrizione dell’azione disciplinare, la violazione deontologica deve essere considerata di carattere istantaneo se la lesione avviene, si consuma e diviene irreparabile già con la commissione del fatto dannoso, mentre è invece di carattere permanente se il pregiudizio al valore protetto cessa col venir meno della condotta (CNF n. 235/2024, CNF n. 127/2024, CNF n. 208/2023, CNF n. 197/2023, CNF n. 272/2022, CNF n. 250/2022, CNF n. 199/2022, CNF n. 134/2022, CNF n. 113/2022, CNF n. 205/2021, CNF n. 197/2021, CNF n. 196/2021, CNF n. 177/2021, CNF n. 165/2021, CNF n. 131/2021, CNF n. 117/2021, CNF n. 81/2021, CNF n. 34/2021, Cass. n. 14233/2020, CNF n. 245/2020, CNF n. 242/2020, CNF n. 241/2020, CNF n. 228/2020, CNF n. 74/2020, CNF n. 51/2020, CNF n. 36/2020, CNF n. 203/2019, CNF n. 202/2019, CNF n. 197/2019, CNF n. 172/2019, CNF n. 132/2019, CNF n. 87/2019, CNF n. 45/2012).

La natura permanente o istantanea dell’illecito è un accertamento di fatto del giudice di merito, insindacabile in sede di Legittimità
L’accertamento da parte del C.N.F. del carattere permanente dell’illecito è giudizio di fatto, sia quanto alla permanenza che alla cessazione della stessa, e non è sindacabile in cassazione, potendo il ricorso attingere la decisione solo per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge e non quanto all’accertamento del fatto (Cass. n. 19972/2024, Cass. n. 33412/2023, Cass. n. 25440/2023).
Peraltro, L’accertamento del fatto anche con riguardo alla cessazione della sua permanenza non può essere oggetto del controllo di legittimità, salvo che si traduca in un palese sviamento di potere, ossia nell’uso del potere disciplinare per un fine diverso da quello per il quale è stato conferito (Cass. n. 23746/2020).

Illecito permanente: l’individuazione del dies a quo prescrizionale
Il dies a quo per la prescrizione dell’azione disciplinare va individuato nel momento della commissione del fatto solo se questo integra una violazione deontologica di carattere istantaneo che si consuma o si esaurisce al momento stesso in cui viene realizzata; ove invece la violazione risulti integrata da una condotta protrattasi e mantenuta nel tempo, la decorrenza del termine prescrizionale ha inizio dalla data della cessazione della condotta stessa e in particolare tale dies a quo va individuato nel momento cui: 1) il professionista ponga fine all’omissione ovvero effettui il comportamento positivo dovuto, oppure 2) sollecitato in tal senso, opponga il rifiuto affermando l’asserita legittimità del proprio contegno, con la precisazione che tale diritto debba essere rivendicato espressamente nei confronti dell’altra parte contrattuale (cliente/parte assistita) e non nelle difese contro la pretesa punitiva dello Stato esercitata con il processo penale ovvero in sede disciplinare; 3) in ogni caso, al fine di evitare una irragionevole imprescrittibilità dell’illecito stesso, un “limite alternativo” alla sua permanenza deve essere individuato nella decisione disciplinare di primo grado (CNF n. 364/2024, CNF n. 324/2024, CNF n. 283/2024, CNF n. 269/2024, CNF n. 38/2024, CNF n. 28/2024, Cass. n. 25440/2023, Cass. n. 22463/2023, Cass. n. 20650/2023, Cass. n. 10085/2023, CNF n. 133/2023, CNF n. 121/2023, CNF n. 116/2023, CNF n. 89/2023, CNF n. 2/2023, CNF n. 275/2022, CNF n. 268/2022, CNF n. 265/2022, CNF n. 255/2022).

Lo jus superveniens non si applica alla prescrizione dell’azione disciplinare (anche alla luce della giurisprudenza costituzionale e comunitaria)
In tema di prescrizione dell’azione disciplinare, il regime più favorevole introdotto dall’art. 56 L. n. 247/2012, il quale prevede un termine massimo di prescrizione dell’azione disciplinare di sette anni e sei mesi, non trova applicazione con riguardo agli illeciti commessi prima della sua entrata in vigore. Tale principio è compatibile sia con la giurisprudenza costituzionale, la quale ha chiarito che le garanzie riguardanti la pena in senso stretto possono essere ritenute inapplicabili (o, quantomeno, applicabili in forme più flessibili) alle sanzioni disciplinari, sia con la giurisprudenza della Corte Edu, secondo cui il principio di retroattività della lex mitior concerne esclusivamente la fattispecie incriminatrice e la pena, non anche le norme sopravvenute che modifichino la disciplina della prescrizione (Cass. n. 26999/2024, Cass. n. 19972/2024, CNF n. 137/2024, CNF n. 112/2024, CNF n. 108/2024, Cass. n. 33412/2023, Cass. n. 30312/2023, Cass. n. 25940/2023, Cass. n. 22463/2023, Cass. n. 25440/2023, Cass. n. 20650/2023, Cass. n. 19200/2023, Cass. n. 17480/2023, CNF n. 260/2023, CNF n. 252/2023, CNF n. 55/2023, CNF n. 45/2023, CNF n. 3/2023, Cass. n. 28468/2022, Cass. n. 26991/2022, Cass. n. 26990/2022, CNF n. 276/2022, CNF n. 268/2022, CNF n. 267/2022, CNF n. 266/2022, CNF n. 257/2022, CNF n. 250/2022, CNF n. 240/2022, CNF n. 230/2022, CNF n. 195/2022, CNF n. 175/2022, CNF n. 158/2022, CNF n. 141/2022, CNF n. 99/2022, CNF n. 98/2022, CNF n. 87/2022, CNF n. 82/2022, CNF n. 55/2022, CNF n. 47/2022, CNF n. 32/2022, CNF n. 15/2022, CNF n. 6/2022, CNF n. 4/2022, Cass. n. 41988/2021, Cass. n. 37550/2021, Cass. n. 20383/2021, CNF n. 258/2021, CNF n. 256/2021, CNF n. 255/2021, CNF n. 219/2021, CNF n. 210/2021, CNF n. 205/2021, CNF n. 179/2021, CNF n. 176/2021).

La prescrizione disciplinare è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento
A causa della natura pubblicistica della materia e dell’interesse superindividuale dello Stato e della comunità intermedia quale è l’ordine professionale, la prescrizione dell’azione disciplinare nei confronti degli avvocati è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo, compreso quello di Cassazione qualora non comporti indagini fattuali che sarebbero precluse in sede di legittimità (Cass. n. 27284/2024, Cass. n. 26368/2024, Cass. n. 24268/2024, Cass. n. 22986/2024, Cass. n. 19972/2024, CNF n. 283/2024, CNF n. 282/2024, CNF n. 270/2024, CNF n. 187/2024, CNF n. 137/2024, CNF n. 109/2024, CNF n. 77/2024, CNF n. 38/2024, CNF n. 34/2024, CNF n. 2/2024, Cass. n. 17496/2023, Cass. n. 8558/2023, CNF n. 343/2023, CNF n. 341/2023, CNF n. 312/2023, CNF n. 306/2023, CNF n. 245/2023, CNF n. 208/2023, CNF n. 197/2023, CNF n. 164/2023, CNF n. 158/2023, CNF n. 156/2023, CNF n. 155/2023, CNF n. 148/2023, CNF n. 124/2023, CNF n. 119/2023, CNF n. 116/2023, CNF n. 111/2023, CNF n. 98/2023, CNF n. 56/2023, CNF n. 40/2023, CNF n. 31/2023, CNF n. 14/2023, CNF n. 13/2023, CNF n. 1/2023, Cass. n. 32634/2022, CNF n. 276/2022, CNF n. 274/2022, CNF n. 243/2022, CNF n. 229/2022, CNF n. 221/2022, CNF n. 215/2022, CNF n. 212/2022, CNF n. 160/2022, CNF n. 152/2022, CNF n. 135/2022, CNF n. 130/2022, CNF n. 129/2022, CNF n. 121/2022, CNF n. 106/2022, CNF n. 34/2022, CNF n. 265/2021, CNF n. 203/2021, CNF n. 202/2021, CNF n. 200/2021, CNF n. 100/2021, CNF n. 18/2021, Cass. n. 14233/2020, CNF n. 228/2020, CNF n. 217/2020, CNF n. 167/2020, CNF n. 141/2020, CNF n. 69/2020, CNF n. 148/2019, CNF n. 92/2019, CNF n. 56/2019, CNF n. 27/2019, CNF n. 5/2019, CNF n. 166/2018, CNF n. 162/2017, CNF n. 101/2016, CNF n. 267/2009, CNF n. 61/2005, Cass. n. 5038/2004, Cass. n. 9694/2002, Cass. n. 372/1999; Contra l’isolata e ormai superata Cass. n. 10162/2003, secondo cui invece “Nel giudizio disciplinare a carico di avvocato, l’eccezione di prescrizione dell’azione disciplinare non è proponibile, per la prima volta, in sede di legittimità, avverso la decisione del Consiglio nazionale forense, trattandosi di eccezione di merito che postula indagini di fatto”). Tuttavia, il principio secondo cui la prescrizione dell’azione disciplinare è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio va contemperato con la disciplina in tema di giudicato: pertanto, se il CDD, nel condannare l’incolpato, abbia espressamente rigettato l’eccezione di prescrizione disciplinare e tale capo della decisione poi non sia stato fatto oggetto di impugnazione, resta definitivamente precluso al giudice del gravame il rilievo d’ufficio della stessa (CNF n. 125/2024).

Prescrizione ed illeciti istantanei ovvero permanenti a cavallo dei due regimi: l’individuazione della disciplina applicabile
Le sanzioni disciplinari contenute nel codice deontologico forense hanno natura amministrativa sicché, per un verso, con riferimento alla disciplina della prescrizione, non trova applicazione lo jus superveniens, ove più favorevole all’incolpato, restando limitata l’operatività del principio di retroattività della lex mitior alla fattispecie incriminatrice e alla pena, mentre, per altro verso, il momento di riferimento per l’individuazione del regime della prescrizione applicabile rimane quello della commissione del fatto nel caso di illecito istantaneo, ovvero quello della cessazione della sua permanenza, avuto riguardo alla data di entrata in vigore della nuova disciplina (2 febbraio 2013), a nulla rilevando in proposito il momento della incolpazione (Cass. n. 27284/2024, Cass. n. 27284/2024, Cass. n. 19972/2024, Cass. n. 14957/2024, Cass. n. 10085/2024, CNF n. 328/2023, CNF n. 326/2023, CNF n. 124/2023, CNF n. 56/2023, CNF n. 40/2023, Cass. n. 23746/2020, Cass. n. 5596/2020).

Gli atti interruttivi della prescrizione disciplinare sono ora tipizzati e tassativi
A differenza della attuale disciplina (art. 56, co. 3, L. n. 247/2012), nel regime previgente gli atti aventi portata interruttiva della prescrizione dell’azione disciplinare non erano tipizzati, ma erano all’uopo ritenuti idonei l’atto di apertura del procedimento, la formulazione del capo di incolpazione, il decreto di citazione a giudizio per il dibattimento, la sospensione cautelare e comunque ogni atto procedimentale di natura propulsiva o probatoria ovvero decisori. Invece, il nuovo quadro normativo (art. 56 L. n. 247/2012) tipizza gli atti che hanno efficacia interruttiva della prescrizione disciplinare, limitandoli a tre: 1) la comunicazione all’iscritto della notizia dell’illecito, 2) la notifica della decisione del consiglio distrettuale di disciplina e 3) la notifica della sentenza pronunciata su ricorso dal CNF (CNF n. 286/2024, CNF n. 326/2023, CNF n. 101/2023, CNF n. 98/2023, CNF n. 14/2023, CNF n. 141/2022).

Prescrizione dell’azione disciplinare: corruzione e falso sono illeciti permanenti
Ai fini dell’individuazione del dies a quo prescrizionale, i delitti di corruzione e falso in atto pubblico sono illeciti (penali e) deontologici di carattere permanente (CNF n. 332/2023).

Reato continuato e prescrizione dell’azione disciplinare
Il giudicato penale che abbia applicato la disciplina della continuazione, ex art. 81 cpv c.p., ravvisando il nesso del medesimo disegno criminoso tra i reati e, dunque, un unico reato continuato, non consente, ai fini della rilevanza deontologica delle condotte, di far decorrere il termine di prescrizione dalla data di consumazione di ogni singolo illecito (cfr. art. 158 cp), giacché in sede disciplinare le plurime ripetute violazioni di carattere omogeneo e continuato non possono considerarsi in modo atomistico e frazionato, con la conseguenza che la prescrizione non inizia a decorrere quando ancora sia in corso e perduri la specifica condotta illecita del professionista (CNF n. 240/2023, CNF n. 157/2023, CNF n. 173/2022).

Illecito deontologico costituente anche reato: il dies a quo della prescrizione disciplinare è autonomo da quello penale
In tema di procedimento disciplinare degli avvocati, nei casi in cui l’illecito deontologico attenga ai medesimi fatti contestati in un procedimento penale, il procedimento disciplinare deve essere definito con valutazioni autonome rispetto al processo penale (art. 54 della L. n. 247 del 2012) anche a proposito della decorrenza del termine di prescrizione dell’azione disciplinare, con conseguente necessità, da parte dell’organo disciplinare, di accertare la data di commissione del fatto che, in caso di illecito permanente, si identifica con quella di cessazione della permanenza (Cass. n. 24285/2024, Cass. n. 14957/2023, CNF n. 157/2023, Cass. n. 8946/2023).

La sospensione del procedimento disciplinare in pendenza del processo penale sospende anche il decorso della prescrizione
Il procedimento disciplinare può essere sospeso a tempo determinato, per un periodo complessivo non superiore a due anni, allorché, agli effetti della decisione, sia ritenuto indispensabile acquisire atti e notizie appartenenti al processo penale (art. 54 co. 2 L. n. 247/2012). Tale sospensione riguarda anche il corrispondente termine di prescrizione, che peraltro prescinde dalla utilizzazione o meno degli atti del procedimento penale ai fini della decisione disciplinare (CNF n. 358/2024, CNF n. 121/2023).

Illecito deontologico costituente anche reato: la prescrizione disciplinare non decorrere più soltanto dal giudicato penale di condanna
Nel caso di illeciti disciplinari costituenti anche reato, a differenza del previgente ordinamento (art. 51 R.D.L. n. 1578/1933), secondo cui la prescrizione decorreva dal giudicato penale, l’esistenza del procedimento penale non ha, di regola, alcuna influenza sul termine di prescrizione dell’azione disciplinare, salvo il caso in cui, per l’esistenza del procedimento penale, non venga espressamente disposta la sospensione, a tempo determinato e per un periodo non superiore complessivamente a due anni, del procedimento disciplinare stesso per (art. 54, comma 2, della Legge n. 247/2012), e salvo che non passi in giudicato una sentenza penale di condanna (art. 56, comma 2, della Legge n. 247/2012). (CNF n. 358/2024)

L’incolpato può rinunciare alla prescrizione disciplinare, purché prima che sia dichiarata dal giudice della deontologia
L’incolpato può rinunciare alla prescrizione dell’azione disciplinare, ma soltanto prima che la prescrizione stessa sia accertata e dichiarata nella decisione del Consiglio Distrettuale di Disciplina o, per la prima volta, nella sentenza del Consiglio Nazionale Forense, sicché non è possibile farla valere -in quanto tardiva- soltanto in sede di gravame avanti al CNF dopo che sia stata dichiarata dal CDD. All’esito di tale rinuncia, purché tempestivamente formulata, il giudice disciplinare può quindi pervenire ad una sentenza di assoluzione piena o di condanna (CNF n. 100/2023).

La prescrizione dell’azione disciplinare può maturare anche nel corso del giudizio di legittimità
A differenza della previgente disciplina, l’interruzione della prescrizione disciplinare non ha più effetto permanente in sede giurisdizionale, sicché il relativo termine decorre anche dinanzi al CNF e durante la pendenza dell’eventuale giudizio di legittimità, fino alla sua definizione (Cass. n. 10085/2023, Cass. n. 9034/2023).

Nuova prescrizione disciplinare: in sede giurisdizionale non opera (più) l’effetto interruttivo permanente
L’art. 56 L. n. 247/2012 – regolando specificamente la prescrizione degli illeciti disciplinari – non giustifica una interpretazione diversa da quella letteralmente desumibile dalla norma stessa, ragion per cui non è predicabile per essa alcun effetto interruttivo permanente conseguente all’impugnazione giurisdizionale a fronte del secondo comma che prescrive che «in nessun caso il termine stabilito nel comma 1 può essere prolungato di oltre un quarto». La prescrizione di legge non lascia spazi ad interpretazioni innovative o modificative del testo, rimesse unicamente alla volontà del Legislatore (CNF n. 275/2022).

L’interruzione della prescrizione disciplinare riduce a 5 anni il nuovo termine di prescrizione (originariamente di 6)
L’art. 56 della l. n. 247/2012, riguardando la prescrizione dell’illecito disciplinare, è norma di stretta interpretazione. Da ciò consegue che pur in presenza di un’antinomia interna tra primo e terzo comma, l’ordinario termine di prescrizione sessennale si contrae a cinque là dove il primo atto interruttivo intervenga entro l’anno dalla commissione del fatto, penalizzando di fatto l’organo disciplinare efficiente. In altre parole, ove il primo atto interruttivo (comunicazione della notizia di illecito) intervenga prima del decorso di un anno dalla commissione del fatto, il termine di prescrizione, che il comma 1 stabilisce essere di sei anni, si ridurrebbe ad un periodo inferiore, stante la previsione della decorrenza, dall’interruzione, di un nuovo termine di cinque anni. In tale ipotesi, quindi, l’atto interruttivo, che ha notoriamente la funzione di prolungare il termine prescrizionale originario, ne comporterebbe, invece, paradossalmente, l’accorciamento, in base all’interpretazione letterale della norma, sebbene penalizzante per l’istituzione efficiente (CNF n. 271/2022).

La sospensione “Covid” dei termini (non) si applica alla prescrizione dell’azione disciplinare avanti al CDD
L’art. 103, co. 1, D.L. n. 18/2020 che ha disposto la sospensione nel periodo dell’emergenza pandemica dei termini del procedimento amministrativo trova applicazione ai termini ordinatori o perentori, propedeutici, endoprocedimentali, finali ed esecutivi, relativi allo svolgimento di procedimenti amministrativi ma non alla prescrizione dell’azione disciplinare che tra essi non rientra, né stante l’eccezionalità della previsione, può essere ad essa applicata in via analogica (CNF n. 271/2022).
Contra, In tema di giudizi disciplinari degli avvocati, l’art. 59, lett. d), della l. n. 247 del 2012 qualifica come “udienza dibattimentale”, e non come semplice riunione, la fase dinanzi al Consiglio dell’Ordine distrettuale e ciò in ragione della funzione giustiziale svolta da tale organo; al relativo procedimento si applica, pertanto, la disciplina per l’emergenza Covid, con sospensione dei termini ex art. 103, comma 5, del d.l. n. 18 del 2020, conv. con modif. dalla l. n. 27 del 2020 (Cass. n. 28468/2022).

Prescrizione disciplinare: l’inammissibilità dell’impugnazione preclude l’esame dell’eccezione di parte nonché il rilievo d’ufficio
La prescrizione dell’azione disciplinare nei confronti degli avvocati è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo, compreso quello di Cassazione qualora non comporti indagini fattuali. Tuttavia, tale declaratoria è preclusa laddove la sanzione disciplinare sia divenuta definitiva per inammissibilità della relativa impugnazione, con conseguente irretrattabilità della sanzione che rende non più utilmente spendibile (né rilevabile d’ufficio) la questione sulla prescrizione (Cass. n. 24279/2024).

Omessa pronuncia su eccezione di prescrizione – Nullità della sentenza – Esclusione – Fondamento.
In materia di illecito disciplinare a carico degli avvocati, l’omessa pronuncia da parte del CNF sull’eccezione di prescrizione sollevata dall’incolpato non determina, di per sé, l’invalidazione della sentenza impugnata, trattandosi di eccezione rilevabile anche in sede di legittimità, e, comunque, di omissione alla quale può e deve rimediarsi in quest’ultima sede processuale (Cass. n. 12447/2022).

La prescrizione non estingue la violazione deontologica ma l’azione disciplinare
A differenza della prescrizione prevista dal codice penale, che è causa di estinzione del reato, nell’ordinamento professionale la prescrizione non estingue la violazione deontologica, bensì estingue l’azione disciplinare (Cass. n. 27284/2024, Cass. n. 26999/2024, Cass. n. 14957/2023, CNF n. 239/2017).
Conseguentemente, l’intervenuta prescrizione relativa ad un illecito deontologico impedisce sì che questo assurga a vero e proprio precedente disciplinare, ma non esclude comunque la valutazione complessiva di quel comportamento ex art. 21 cdf ai fini della quantificazione della sanzione relativa ad un ulteriore e diverso illecito imputabile al medesimo incolpato (CNF n. 191/2020, Cass. n. 29878/2018, CNF n. 74/2017).

L’appropriazione indebita, sebbene penalisticamente integri un reato istantaneo, in sede deontologica costituisce un illecito permanente, in quanto suscettibile di produrre effetti pregiudizievoli che, ai fini dell’individuazione del dies a quo prescrizionale, si protraggono nel tempo fino alla restituzione o messa a disposizione di tutti i beni all’avente diritto ovvero fino a quando si verifichi una interversione nel possesso degli stessi (CNF n. 235/2024, CNF n. 38/2024, CNF n. 28/2024, CNF n. 244/2023, CNF n. 89/2023, CNF n. 49/2023, CNF n. 27/2023, Cass. n. 28468/2022, Cass. n. 23239/2022, Cass. n. 26991/2022, Cass. n. 11168/2021, CNF n. 240/2022, CNF n. 199/2022, CNF n. 104/2022, CNF n. 66/2022, CNF n. 255/2021, CNF n. 205/2021, CNF n. 165/2021, CNF n. 160/2021, CNF n. 131/2021, CNF n. 117/2021, CNF n. 91/2021, CNF n. 65/2021, CNF n. 242/2020, CNF n. 137/2020, CNF n. 51/2020).
Analogamente, La formazione e l’uso di un falso atto giudiziario sono comportamenti suscettibili di produrre effetti illecitamente pregiudizievoli che, ai fini dell’individuazione del dies a quo prescrizionale, si protraggono nel tempo. In sede deontologica, pertanto, la condotta costituisce illecito permanente, sebbene penalisticamente integri un reato istantaneo in quanto la sua consumazione si esaurisce con l’uso, mentre la protrazione nel tempo degli effetti da questo prodotti rappresenta il risultato dell’azione criminosa. Infatti, il procedimento disciplinare deve fondarsi su autonome valutazioni rispetto al processo penale (ex art. 54 L. n. 247/2012), anche con riguardo alla decorrenza del termine di prescrizione dell’azione, con conseguente necessità, per l’organo disciplinare, di accertare la data di commissione del fatto, la quale, in caso di illecito permanente, si identifica con quella di cessazione della permanenza (Cass. n. 27284/2024).

Sull’irrilevanza della confessione del segnalato/incolpato ai fini interruttivi della prescrizione, cfr. questo articolo.

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