[CCBE] Art. 2.5 Codice deontologico europeo

Incompatibilità

2.5.1. Per consentire agli avvocati di esercitare le loro funzioni con l’indipendenza necessaria e nel rispetto del loro dovere di partecipare all’amministrazione della giustizia, è possibile che sia fatto loro divieto di esercitare certe professioni o funzioni.

2.5.2. L’avvocato che assume la rappresentanza o la difesa di un cliente innanzi ai giudici o alle autorità pubbliche di uno Stato membro ospitante è tenuto a rispettare le norme in materia di incompatibilità applicabili agli avvocati in tale Stato membro.

2.5.3. L’avvocato stabilito in uno Stato membro Ospitante che desideri svolgervi direttamente un’attività commerciale o un’altra attività, diversa dall’avvocatura, è tenuto a rispettare le norme in materia di incompatibilità valevoli per gli avvocati di tale Stato membro.

Memorandum CCBE

Vi sono differenze, sia tra i vari Stati membri sia al loro interno, in materia di incompatibilità, per esempio con riguardo alle attività commerciali. La ratio generale che sottende le regole in materia di incompatibilità è proteggere l’avvocato da influenze che potrebbero comprometterne l’indipendenza o il ruolo nell’amministrazione della giustizia. Le notevoli differenze di tali regole riflettono le varie condizioni locali, le diverse percezioni della funzione degli avvocati e le varie tecniche di redazione legislativa. Per esempio, in alcuni casi vi è un assoluto divieto di svolgere alcune attività particolari, mentre in altri casi è consentito svolgere altre attività fatto salvo il rispetto di precise norme di tutela dell’indipendenza degli avvocati.

Gli articoli da 2.5.2 a 3 contengono disposizioni relative a varie circostanze in cui un avvocato di uno Stato membro, ma non iscritto all’ordine forense di uno Stato ospitante, esercita in quest’ultimo Stato delle attività transnazionali (come definite all’articolo 1.5).

L’articolo 2.5.2 impone all’avvocato il rispetto delle regole dello Stato ospitante in materia di incompatibilità qualora egli vi assicuri la rappresentanza o la difesa di un cliente in giudizio o innanzi alle autorità pubbliche. Tale norma è valida anche se l’avvocato non è stabilito nello Stato ospitante.

L’articolo 2.5.3, d’altra parte, impone il rispetto delle regole dello Stato ospitante in merito alle incompatibilità negli altri casi, ma solo qualora l’avvocato stabilito in uno Stato membro intenda partecipare direttamente ad attività commerciali o di altro genere estranee all’esercizio dell’avvocatura.

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