Codice deontologico ➡️ Titolo II – Rapporti con il cliente e la parte assistita (artt. 23 – 37) ➡️ Art. 28
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1. È dovere, oltre che diritto, primario e fondamentale dell’avvocato mantenere il segreto e il massimo riserbo1 sull’attività prestata e su tutte le informazioni che gli siano fornite dal cliente e dalla parte assistita, nonché su quelle delle quali sia venuto a conoscenza in dipendenza del mandato.

2. L’obbligo del segreto va osservato anche quando il mandato sia stato adempiuto, comunque concluso, rinunciato o non accettato.

3. L’avvocato deve adoperarsi affinché il rispetto del segreto professionale e del massimo riserbo sia osservato anche da dipendenti, praticanti, consulenti e collaboratori, anche occasionali, in relazione a fatti e circostanze apprese nella loro qualità o per effetto dell’attività svolta.

4. È consentito all’avvocato derogare ai doveri di cui sopra qualora la divulgazione di quanto appreso sia necessaria:
a) per lo svolgimento dell’attività di difesa;
b) per impedire la commissione di un reato di particolare gravità;
c) per allegare circostanze di fatto in una controversia tra avvocato e cliente o parte assistita;
d) nell’ambito di una procedura disciplinare.
In ogni caso la divulgazione dovrà essere limitata a quanto strettamente necessario per il fine tutelato.

5. La violazione dei doveri di cui ai commi precedenti comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura e, nei casi in cui la violazione attenga al segreto professionale, l’applicazione della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da uno a tre anni.


Riepilogo delle sanzioni:

Sanzione attenuataSanzione edittaleSanzione aggravata
AvvertimentoCensuraFino alla sospensione non superiore a 1 anno

– Qualora la violazione attenga al segreto professionale:

Sanzione attenuataSanzione edittaleSanzione aggravata
Fino alla sospensione minima (2 mesi)Sospensione da 1 a 3 anniFino alla radiazione

Normativa correlata

Normativa previgente

Giurisprudenza correlata

I presupposti del segreto e riserbo professionale
Il professionista è tenuto a mantenere il segreto ed il massimo riserbo sull’attività prestata e su tutte le informazioni che gli siano fornite dal cliente e dalla parte assistita, nonché su quelle delle quali sia venuto a conoscenza in dipendenza del mandato. Elementi del relativo illecito disciplinare sono quindi, da un lato, l’esistenza di un mandato professionale tra cliente e professionista e, dall’altro, che le notizie siano state riferite dal proprio assistito in funzione del mandato ricevuto (CNF n. 227/2020, CNF n. 60/2019, CNf n. 203/2016).

La violazione del dovere di riserbo e segreto professionale dopo la cessazione dell’incarico
Il dovere di segretezza e riservatezza non cessa alla conclusione dell’incarico ma persiste anche dopo la conclusione dello stesso (CNF n. 227/2020, CNF n. 37/2020, CNF n. 395/2016).

Il dovere di riserbo e segreto riguarda anche fatti già noti ai terzi
L’obbligo per l’avvocato di non divulgare informazioni conosciute in occasione dell’incarico professionale (art. 28 cdf) prescinde dall’eventuale conoscenza dei fatti da parte dei soggetti ai quali gli stessi vengono riferiti (nella specie, le controparti di un processo) (CNF n. 4/2024).

Il dovere di riserbo e segreto professionale riguarda anche le notizie, relative al cliente o alla parte assistita, provenienti dalla controparte
Il divieto sancito dall’art. 28 cdf non è circoscritto alle informazioni che l’avvocato conosce direttamente dal cliente e dalla parte assistita, bensì investe anche le informazioni, concernenti cliente e parte assistita, delle quali sia venuto a conoscenza in dipendenza del mandato, quindi pure quelle che l’avvocato apprenda dagli atti di difesa della propria controparte (Cass. n. 10852/2021).

Sul dovere di segreto e riserbo dell’avvocato
Anche dopo la cessazione dell’incarico per qualsiasi causa, l’avvocato è tenuto a mantenere il segreto ed il massimo riserbo sull’attività prestata e sulle informazioni di cui sia venuto a conoscenza in dipendenza del mandato ex art. 28 cdf, tanto nei confronti del cliente quanto della parte assistita (CNF n. 4/2024).

Segreto professionale e antiriciclaggio
L’avvocato sottoposto a controllo antiriciclaggio dalla GDF può legittimamente opporre il segreto professionale in relazione alla richiesta di acquisizione/esame dei fascicoli di studio. In questo caso gli operanti hanno l’obbligo di chiedere l’autorizzazione dell’AG per procedere in tal senso. Resta fermo il disposto di cui all’art 103 c.p.p. per le ipotesi particolari ivi previste (CNF parere n. 92/2014).

A tutela dei fondamentali doveri di segreto professionale e di fedeltà al cliente, l’iscrizione nel registro dei praticanti ovvero lo svolgimento della pratica forense è incompatibile con lo status di appartenente alle forze dell’ordine (CNF parere n. 87/2013).

L’avvocato del cliente poi fallito deve consegnare al curatore fallimentare la documentazione delle pratiche, con eccezione delle notizie inerenti a fatti “personalissimi” del cliente (ad es., separazione o divorzio) od a circostanze che potrebbero essere ritenute rilevanti in suo danno, sotto il profilo penale; ciò, in ossequio al dovere di riserbo e segreto professionale (art. 28 cdf) che trova tutela anche nell’ambito dell’azione penale (artt. 103 e 200 c.p.p.), salva espressa autorizzazione – magari scritta – del cliente (CNF parere n. 16/2018).

Note

  1. Riserbo e segreto professionale ↩︎

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