La prescrizione è un istituto giuridico che sancisce l’estinzione di un diritto o di un’azione a causa del trascorrere di un determinato periodo di tempo. In materia disciplinare forense (L. n. 247/2012), l’articolo 56 comma 3 stabilisce un termine massimo di prescrizione di sette anni e sei mesi. In particolare, la prescrizione inizia a decorrere dal momento in cui è stato commesso il fatto o, nel caso di fatti permanenti, dal momento in cui è cessata la loro permanenza.
La prescrizione può essere interrotta, cioè il suo decorso può essere fermato, in determinate circostanze. L’articolo 57 della L. n. 247/2012 stabilisce che l’azione disciplinare si interrompe con la notificazione dell’avviso di incolpazione. Dopo l’interruzione, la prescrizione ricomincia a decorrere da capo, ma non può comunque superare il limite massimo di sette anni e sei mesi dalla commissione del fatto (cfr. art. 56 comma 3).
La prescrizione può essere rilevata d’ufficio dal giudice disciplinare (Consiglio distrettuale di disciplina o Consiglio nazionale forense), che ha l’obbligo di verificarne la sussistenza e, se si è verificata, di dichiarare l’estinzione del procedimento disciplinare, senza entrare nel merito delle contestazioni. Tale principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione, S.U., con la sentenza n. 14233/2020.
Infine, l’incolpato può rinunciare alla prescrizione, ma tale rinuncia deve essere espressa, ovvero manifestata in modo chiaro e inequivocabile. Non si può presumere una rinuncia alla prescrizione da comportamenti o dichiarazioni ambigue o equivoci dell’incolpato. Inoltre, tale rinuncia non può essere anticipata, ovvero fatta prima che l’incolpato sia stato effettivamente incolpato.