Codice deontologico ➡️ Titolo I – Principi generali (artt. 1 – 22) ➡️ Art. 22 | |
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Le sanzioni disciplinari in generale
Le sanzioni disciplinari sono tipiche e tassative
L’elenco delle sanzioni applicabili a carico degli avvocati, normativamente fissato dagli artt. 52 e 53 della legge 247/2012 (elenco riprodotto nell’art. 22 del nuovo codice disciplinare), è tassativo, con la conseguenza che non è consentito infliggere al professionista ritenuto responsabile delle violazioni contestate una pena diversa da quelle previste dalla legge (CNF n. 140/2018).
Le sanzioni disciplinari hanno natura e sostanza amministrativa
Le sanzioni disciplinari, che hanno natura e sostanza affatto penale bensì amministrativa, svolgono una importante funzione inibitoria, a tutela sia degli utenti del servizio reso dal professionista, sia del prestigio dell’ente di appartenenza (CNF n. 93/2019, Cass. n. 9558/2018).
La natura (di per sè) afflittiva delle sanzioni disciplinari non può essere invocata al fine di sottrarvesene
Le ricadute della sanzione disciplinare sulla vita professionale del condannato, a causa delle doglianze di carattere deontologico che potrebbero essergli rivolte dai colleghi, sono giuridicamente irrilevanti (Nel caso di specie, il ricorrente aveva eccepito l’illegittimità della sanzione disciplinare per via della sua natura ontologicamente afflittiva) (CNF n. 88/2015).
La scelta della sanzione disciplinare non può dipendere dal grado di certezza della responsabilità dell’incolpato
Lo scopo del procedimento disciplinare è quello di pervenire ad una decisione che, ove affermativa di responsabilità, si fondi su prove che non lascino margini di dubbio, ed infligga in tal caso una pena adeguata; la pena disciplinare pertanto non può dipendere, nella scelta della sua severità, dal grado o percentuale di dubbio o di certezza in ordine alla responsabilità dell’incolpato, derivando in ragione di causa ad effetto dalla ritenuta e certa colpevolezza di quest’ultimo (CNF n. 108/2019, CNF n. 159/2013).
L’avvertimento e la censura sono “sanzioni formali”, che consistono in una deplorazione del comportamento tenuto dal professionista, senza tuttavia incidere sulla sua attività professionale né sulla sua reputazione pubblica, giacché nella fase esecutiva di tali sanzioni, il Consiglio dell’ordine procede unicamente all’inserimento della decisione nel fascicolo personale dell’iscritto (art. 35, comma 2, reg. 21/02/2014, n. 2). La sospensione disciplinare e la radiazione sono invece “sanzioni sostanziali”, che, da un lato, impediscono temporaneamente o definitivamente (fatta salva la possibilità di re-iscrizione alle condizioni di cui all’art. 62, comma 10, legge n. 247/2012) l’esercizio dell’attività professionale con perdita dello jus postulandi e, dall’altro, comportano una capillare divulgazione dell’impedimento stesso presso uffici giudiziari, ordini del distretto e iscritti agli albi, anche mediante affissione presso l’ordine professionale (art. 62, commi 5 e 6, reg. n. 2/2014) ed inserimento in appositi elenchi tenuti e aggiornati dal Consiglio medesimo (Cass. n. 30998/2017)
La funzione essenziale della sanzione disciplinare non è quella di impedire la “recidiva specifica”
La funzione della sanzione disciplinare non è quella di evitare la reiterazione dell’illecito per il futuro, di talché essa è irrogabile anche quando, per l’eventuale mutamento della situazione di fatto o di diritto, il medesimo illecito non possa essere nuovamente commesso dall’incolpato (Cass. n. 17563/2019)
Iscrizione e permanenza nell’elenco del “gratuito patrocinio”: costituzionalmente legittimo il requisito dell’assenza di sanzioni disciplinari superiori all’avvertimento
È manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 1, 3, 24, 27, 35, 111 cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 81 comma 2 d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, che, per l’iscrizione e la permanenza nell’elenco degli avvocati per il patrocinio a spese dello Stato, prevede -tra gli altri requisiti- l’assenza di sanzioni disciplinari superiori all’avvertimento irrogate nei cinque anni precedenti la domanda (CNF n. 158/2018).
Esecuzione ed esecutorietà delle sanzioni disciplinari
Gli effetti della sanzione disciplinare all’esito del giudizio di impugnazione al CNF
La sanzione disciplinare inizia a produrre i suoi effetti ex lege dalla data della notificazione della decisione del CNF al professionista, non essendo necessaria l’integrazione della decisione stessa con la determinazione della decorrenza del dies a quo della relativa operatività da parte del COA che cura la tenuta dell’albo nel quale è iscritto l’incolpato (CNF n. 2/2016).
Una sanzione disciplinare inflitta con sentenza divenuta esecutiva è notizia pubblica e, quindi, la sua divulgazione non viola il diritto alla privacy. In particolare, non è necessario che essa sia pure definitiva, potendo quindi essere divulgata ancorché penda ricorso in Cassazione e questa non abbia sospeso l’immediata esecutorietà della sentenze di condanna del Consiglio nazionale forense (CNF parere n. 85/2014).
Nel caso in cui l’avvocato sia attinto da un provvedimento di sospensione disciplinare e, poco dopo, da una sanzione di cancellazione (ora, radiazione) dall’albo, potrà essere data esecuzione a quest’ultima sanzione senza necessità di attendere che sia espiata la sospensione principio della maggiore gravità, per il quale la sanzione meno afflittiva risulta assorbita in quella più grave. Tuttavia, ciò non farà venir meno la sanzione meno grave già irrogata, ma esclusivamente i suoi effetti, la stessa dovrà comunque risultare nel “casellario” delle sanzioni riportate dall’iscritto, ovvero nel suo fascicolo personale (CNF parere n. 81/2014)
Il sopravvenuto venir meno del requisito dell’assenza di sanzioni disciplinari definitive superiori all’avvertimento (artt. 80 e 81 del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115), necessario per l’ammissione e la permanenza nell’elenco degli avvocati disponibili al patrocinio a spese dello Stato, non incide sui rapporti in corso e quindi non impedisce la prosecuzione dell’attività difensiva del professionista che assista una parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato (CNF parere n. 123/2013).
La sanzione disciplinare richiesta dal PM non impedisce la condanna “in pejus” da parte del Consiglio territoriale
In considerazione della natura amministrativa del procedimento disciplinare di primo grado, non può considerarsi affetta dal vizio di ultra petizione la pronuncia del Consiglio territoriale che abbia condannato l’incolpato ad una sanzione disciplinare più afflittiva di quella richiesta dal P.M. (CNF n. 86/2013).
L’efficacia permanente delle sanzioni disciplinari (salvo eccezioni espresse)
Sono sempre più frequenti le previsioni normative che subordinano espressamente l’iscrizione in elenchi vari (ad es., difensori d’ufficio, gratuito patrocinio, ecc.) o la partecipazione a bandi e concorsi pubblici e privati all’assenza di condanne disciplinari (generalmente superiori all’avvertimento), purché definitive ed esecutive (CNF parere n. 8/2024), senza tuttavia prevedere alcuna limitazione temporale delle sanzioni stesse. Conseguentemente, una censura può essere negativamente determinante per tutta la vita professionale dell’iscritto.
Si consideri, ad esempio, ma senza pretese di completezza:
- l’art. 29 D.Lgs. n. 271/1989 in tema di difese d’ufficio, con riferimento a sanzioni disciplinari superiori all'”ammonimento” (recte, avvertimento);
- l’art. 81 DPR n. 115/2002 in tema di patrocinio a spese dello Stato (cd. gratuito patrocinio), con riferimento a sanzioni disciplinari superiori all’avvertimento;
- l’art. 4, co. 4, lett. c, DM n. 180/2010 in tema di mediaconciliazione, con riferimento a sanzioni disciplinari superiori all’avvertimento;
- l’art. 7 L. n. 53/1994 in tema di notifiche in proprio cartacee, con riferimento a sanzioni disciplinari superiori alla censura.
In tali casi, l’assenza di una sanzione disciplinare non è solo requisito di iscrizione in detti elenchi, ma anche di mantenimento dell’iscrizione stessa.
Infatti, i soli casi in cui è prevista una espressa limitazione temporale dell’efficacia delle sanzioni disciplinari, riguardano le elezioni forensi, e precisamente:
- Elezioni COA: “Sono eleggibili gli iscritti che hanno diritto di voto, che non abbiano riportato, nei cinque anni precedenti, una sanzione disciplinare esecutiva più grave dell’avvertimento” (art. 3 co. 3 L. n. 113/2017);
- Elezioni CDD: “Possono candidarsi gli avvocati che: non abbiano riportato, nei cinque anni precedenti, condanne ancorché non definitive ad una sanzione disciplinare più grave dell’avvertimento” (art. 4 co. 5 lett. b Reg. CNF n. 1/2014)1;
- Elezioni CNF: “Non possono essere eletti coloro che abbiano riportato, nei cinque anni precedenti, condanna esecutiva anche non definitiva ad una sanzione disciplinare più grave dell’avvertimento” (art. 38 co. 2 L. n. 247/2012).
A ciò si aggiunga che alle sanzioni disciplinari non si applica l’istituto della riabilitazione (CNF n. 174/2018) né l’amnistia, né l’indulto, né i benefici penali della non menzione (CNF n. 116/2016).
Il CNF si è recentemente occupato della delicata questione dell’efficacia temporale delle sanzioni disciplinari definitive. In particolare, il caso deciso dal giudice speciale forense riguardava il ricorso proposto da un avvocato che, al fine di potersi iscrivere nell’elenco dei mediatori, aveva richiesto la cessazione degli effetti della censura irrogatagli oltre dieci anni prima, all’uopo invocando una sorta di limitata efficacia temporale delle sanzioni disciplinari, in analogia con quanto previsto in sede civile a proposito della c.d. actio judicati. Ebbene, con la sentenza n. 153/2023, il CNF ha dato atto dello stato dell’arte (normativa) e ha quindi ricordato che la sanzione disciplinare definitiva mantiene i propri effetti -anche indiretti- senza limitazioni temporali di sorta, salvo espressa deroga normativa, quantomeno a specifici fini, così rigettando il ricorso.
Sulla questione, peraltro, il CNF si era già pronunciato in via consultiva, sempre a proposito di un aspirante mediatore sanzionato con una censura molti anni prima, affermando, anche in quel caso, che gli effetti della -ancorché remota- sanzione disciplinare debbano ritenersi a tempo indeterminato mancando una deroga espressa, “pur auspicando che, de jure condendo, il legislatore riconsideri la questione” (CNF parere n. 57/2011, CNF parere n. 49/2012).
E le ragioni di tale auspicio sono facilmente intuibili: appare evidentemente contraddittorio che sanzioni disciplinari anche relativamente modeste, come la censura, inibiscano per sempre l’iscrizione in elenchi professionali, mentre nello stesso albo forense il radiato può chiedere di essere reiscritto dopo cinque anni (art. 62 co. 10 L. n. 247/2012) senza peraltro la valutazione della condotta irreprensibile (art. 17 co. 1 lett. h L. n. 247/2012) riguardi “l’esame dei comportamenti dell’avvocato precedenti alla condanna disciplinare, poiché altrimenti di nessun professionista già ritenuto meritevole di radiazione disciplinare potrebbe mai essere disposta la reiscrizione, sicché ai fini della reiscrizione è necessario valutare il comportamento successivo del richiedente” (CNF n. 12/2023, CNF n. 180/2022, CNF n. 71/2017). Insomma, “dalla trasgressione dei doveri deontologici non deriva una sorta di preclusione perenne all’esercizio della professione forense” (CNF n. 73/1989), sicché a fortiori tali effetti eterni non dovrebbero derivare neppure da sanzioni meno gravi della radiazione, per di più se con riferimento all’iscrizione in elenchi professionali ancellari e subalterni, anche per importanza, rispetto all’albo forense, rispetto ai quali, conseguentemente, l’esigenza di un controllo morale di così lungo, lunghissimo periodo è meno giustificabile.
In definitiva, non pare azzardato sostenere che le suddette norme, le quali estendono sine die gli effetti delle sanzioni disciplinari, siano viziate da irragionevolezza costituzionalmente rilevante, con la conseguenza che -se di rango regolamentare- potrebbero essere disapplicate in parte qua, ovvero -se di rango primario- meriterebbero di essere sottoposte al vaglio della Consulta qualora fosse impossibile darne una interpretazione costituzionalmente orientata.
Le sanzioni disciplinari in particolare
Avvertimento (e richiamo)
Il richiamo verbale presuppone l’accertamento di un illecito deontologico e ha carattere afflittivo
L’applicazione del richiamo verbale, sebbene non abbia carattere di sanzione disciplinare (art. 22 cdf), presuppone per la sua irrogazione l’accertamento di un illecito deontologico (anche se lieve e scusabile) e costituisce comunque provvedimento afflittivo (CNF n. 43/2020, CNF n. 2/2020).
Responsabilità disciplinare: il richiamo verbale presuppone infrazioni lievi e scusabili
Una volta affermata la responsabilità disciplinare dell’incolpato per infrazioni non lievi né scusabili, la sanzione dell’avvertimento non può essere ulteriormente mitigata al richiamo verbale, che peraltro non ha carattere di sanzione disciplinare (art. 52 L. n. 247/2012 e art. 22 cdf). (CNF n. 84/2021, CNF n. 133/2020, CNF n. 130/2020, CNF n. 141/2018).
L’avvertimento non è una semplice misura correttiva sfornita di carattere sanzionatorio
L’avvertimento costituisce una pena disciplinare e non una semplice misura correttiva sfornita di carattere sanzionatorio. Pertanto, la decisione che la irroga, come qualsiasi altra decisione disciplinare, deve essere notificata sia ai fini della comunicazione formale del provvedimento che per la decorrenza del termine di impugnazione (CNF n. 11/2017, CNF n. 61/2015).
Censura
In costruzione
Sospensione disciplinare
La perdita di guadagno costituisce naturale conseguenza della sospensione dall’esercizio professionale (sicché non impedisce l’adozione della misura stessa)
La perdita di guadagno e gli eventuali disagi economici derivanti dall’impossibilità di esercitare la professione a causa di una misura interdittiva (sospensione cautelare) ovvero di una sanzione disciplinare c.d. sostanziale (sospensione e radiazione) è l’effetto naturale del provvedimento stesso, sicché non può essere addotto come motivo idoneo a scongiurarne l’adozione da parte del giudice della deontologia, al quale è comunque rimessa in via esclusiva ogni valutazione circa l’eventuale presenza di particolari motivi di rilievo umano e familiare ai sensi dell’art. 21 cdf. (CNF n. 42/2022).
La sospensione (disciplinare o amministrativa) dall’esercizio della professione investe tutte le attività professionali dell’avvocato in ogni sua forma (CNF parere n. 32/2021), quindi comprese:
– le attività di assistenza legale stragiudiziale ex art. 2 co. 6 L. n. 247/2012 (consulenze, messe in mora, ecc.) (CNF n. 57/2020, CNF n. 132/2012)
– quelle derivanti da incarichi giudiziari (ad es., curatore, gestore della ristrutturazione dei debiti del consumatore, delegato alle vendite, ecc.) conferiti all’avvocato in virtù dell’iscrizione nell’albo (CNF parere 29/2024).
L’avvocato sospeso dall’esercizio della professione deve necessariamente notiziare di ciò tanto l’assistito quanto l’organo giudicante con il quale si relazioni in ragione del mandato ricevuto, anche onde consentire all’assistito la miglior tutela dei propri diritti e interessi (CNF parere n. 32/2021, CNF n. 56/2020, CNF n. 190/2000).
La sospensione disciplinare del praticante non abilitato al patrocinio
La sospensione prevista nei confronti del praticante avvocato non abilitato al patrocinio non è una sanzione diversa da quella prevista per gli avvocati, con la precisazione che durante il praticantato essa trova applicazione come sospensione della pratica (come prevede l’art. 58 del R.D. n. 37/1934), e può essere scontata come sospensione dall’esercizio professionale se nel frattempo l’interessato è stato iscritto all’albo degli avvocati (CNF n. 193/2019, CNF n. 230/2013, Cass. n. 9166/2008).
Interdizione (penale) dall’esercizio professionale e decorrenza della sospensione disciplinare
Qualora, in sede penale, all’incolpato sia stata comminata la pena accessoria (non avente natura disciplinare) dell’interdizione dall’esercizio professionale (nella specie, per anni cinque), con conseguente cancellazione dall’albo ipso iure per la relativa durata, la sanzione disciplinare della sospensione decorre dall’esaurimento del periodo di interdizione e di cancellazione temporanea (CNF n. 140/2018).
Sanzione aggravata alla sospensione: la durata minima è di due mesi, per la contradizion che nol consente
L’art. 22, comma 2, lettera b) del Codice deontologico Forense approvato dal Consiglio Nazionale Forense, ai sensi dell’art. 65, comma 5, primo inciso della L. n. 247 del 2012, si deve interpretare nel senso che la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione, da essa prevista per i casi più gravi di illeciti che di norma sono sanzionati con la censura, trova applicazione necessariamente nel minimo di due mesi, ancorché la norma non fissi espressamente una misura minima della sospensione (Cass. n. 13237/2018)
La sospensione disciplinare del praticante avvocato (anche dall’eventuale esercizio del patrocinio)
L’ordinamento disciplinare della professione forense – come si desume dal rinvio contenuto nell’art. 58 del r.d. 22 gennaio 1934, n. 37, oltre che dalla funzione della pratica forense – è unitario e si applica tanto agli avvocati quanto ai praticanti avvocati; ne consegue che la sanzione della sospensione applicabile ai praticanti, pur trovando attuazione attraverso la differente modalità della sospensione dalla pratica e dall’eventuale esercizio del patrocinio, non è diversa dalla sospensione dall’esercizio della professione prevista per gli avvocati e può essere scontata anche dopo l’iscrizione del professionista nell’albo degli avvocati (Cass. n. 9166/2008).
Radiazione
La radiazione presuppone violazioni molto gravi che rendono incompatibile la permanenza dell’incolpato nell’albo, elenco o registro
La sanzione massima della radiazione è riservata, per espressa previsione normativa (art. 22 CdF), a “violazioni molto gravi che rendono incompatibile la permanenza dell’incolpato nell’albo, elenco o registro” e, pertanto, soltanto a quelle condotte che si pongano in assoluto ed insuperabile contrasto con tutti i più elementari doveri morali e civili, come ad esempio l’aver commesso reati di particolare gravità (CNF n. 73/2022, CNF n. 3/2022).
La sanzione disciplinare della radiazione
La radiazione costituisce trattamento sanzionatorio che va adeguato alla gravità della condotta in reiterata violazione dei fondamentali e più cogenti doveri professionali, della totale mancanza di resipiscenza, della pervicacia con la quale l’incolpato ha posto in essere la sua condotta (CNF n. 8/2019, CNF n. 109/2018)
Le sanzioni disciplinari della radiazione e della sospensione dell’esercizio della professione non contrastano con la Costituzione
La previsione, fra le sanzioni disciplinari irrogabili a carico di avvocati e procuratori, ai sensi dell’art 40 del rdl 27 novembre 1933 n 1578, della radiazione dall’albo e della sospensione dallo esercizio della professione manifestamente non si pone in contrasto con gli artt 13 e 35 della costituzione, sulla inviolabilità della libertà personale e sulla tutela del diritto al lavoro, trattandosi di sanzioni che non incidono sulla libertà fisica della persona, cui esclusivamente si riferisce il predetto art 13 della costituzione, e che integrano una limitazione dell’attività lavorativa giustificata da interessi generali circa la difesa degli ordini professionali (Cass. n. 2176/1981)
L’esclusione della cancellazione dal novero delle sanzioni disciplinari non incide sui procedimenti già definiti
Sebbene la cancellazione dall’albo non sia più inclusa nel catalogo delle sanzioni disciplinari previste dall’art. 52 della legge n. 247/2012 e dall’art. 22 del nuovo c.d.f., il CDD ed il COA non hanno il potere di rideterminare le cancellazioni comminate sotto il previgente regime e nelle more divenute definitive; è pertanto inammissibile, oltreché infondata, l’eventuale richiesta (nella specie, denominata “incidente di esecuzione”) di commutare la cancellazione definitiva in sanzione diversa, rivolta dapprima al Consiglio territoriale, e successivamente al CNF con l’impugnazione del relativo rigetto della domanda stessa. (Cass. n. 4416/2024, CNF n. 135/2023, CNF n. 158/2020, Cass. n. 19652/2018).
Invece, per quelli in corso a cavallo tra le due discipline, qualora per il principio del favor rei venga comminata la sospensione disciplinare in luogo della cancellazione dall’albo (non più prevista come sanzione), troveranno applicazione i nuovi limiti edittali (da due mesi a cinque anni) e non quelli previgenti (da due mesi ad un anno) (Cass. n. 21311/2023, CNF n. 48/2020, CNF n. 47/2020, CNF n. 59/2019, Cass. n. 20344/2018, CNF n. 176/2018, CNF n. 140/2018, CNF n. 22/2018, CNF n. 14/2018, CNF n. 220/2017, CNF n. 205/2017, CNF n. 162/2017, Cass. n. 30993/2017, CNF n. 180/2016).
Note
- La precedente lett. a) dispone, invece, che “Possono candidarsi gli avvocati che non abbiano subìto sanzioni disciplinari definitive superiori a quella dell’avvertimento”, senza prevedere alcun limite temporale. ↩︎
Utilità
Software di ausilio per il calcolo della sanzione disciplinare.