Deontologicamente irrilevante il conflitto di interessi con soggetto diverso dal cliente o dalla parte assistita
Non può sussistere conflitto di interessi, rilevante ex art. 24 cdf, ove esso riguardi un soggetto diverso dalla parte assistita o dal cliente (CNF n. 77/2014).
Il conflitto di interessi può sussistere anche in ambito di volontaria giurisdizione
Il conflitto di interessi (art. 24 cdf) non è escluso dal fatto che la prestazione sia resa in ambito di volontaria giurisdizione, né rileva che in quella sede il Giudice non abbia rilevato il conflitto stesso, la cui valutazione a fini disciplinari è rimessa al giudice della deontologia (CNF n. 1/2023)
Il conflitto di interessi dell’avvocato nelle controversie familiari che coinvolgono minori
L’altissimo rilievo dei valori in gioco, sia avuto riguardo ai diritti assoluti personalissimi in contesa, che all’esigenza di rendere piena ed effettiva tutela ai soggetti della famiglia notoriamente più vulnerabili, quali, appunto i minorenni che di essa fanno parte, impone estrema cautela nell’assicurare che l’avvocato che assiste una delle parti non versi in una situazione, anche potenziale, di conflitto d’interesse.
Illecito assistere il convenuto ed il terzo chiamato in potenziale conflitto di interessi tra loro
L’art. 24 cdf mira ad evitare situazioni che possano far dubitare della correttezza dell’operato dell’avvocato e, quindi, perché si verifichi l’illecito, è sufficiente che potenzialmente l’opera del professionista possa essere condizionata da rapporti di interesse con la controparte, a nulla rilevando la consapevolezza ed il consenso delle parti stesse a tale prestazione professionale (CNF n. 42/2022, CNF n. 394/2016, CNF n. 265/2016).
La contestuale difesa processuale di parti in conflitto anche solo potenziale di interessi tra loro
Qualora la difesa di due parti, tra loro in conflitto anche solo potenziale di interessi, sia stata affidata allo stesso avvocato, la parte che abbia conferito per seconda la procura a quest’ultimo deve ritenersi non costituita in giudizio, perché un difensore non può assumere il patrocinio di due parti che si trovino o possono trovarsi in posizione di contrasto (Cass. n. 7030/2021, Cass. n. 1143/2020).
Prescrizione disciplinare e conflitto di interessi: l’illecito ha natura permanente
L’attività svolta dall’avvocato in conflitto di interessi (art. 24 cdf) costituisce illecito permanente, sicché la prescrizione della relativa azione disciplinare decorre solo dalla cessazione della permanenza stessa, ossia dalla data di cessazione della condotta per rinuncia o revoca del mandato, ovvero per conclusione dell’incarico (nella specie, con la sentenza che definiva il giudizio). (Cass. n. 20881/2024, CNF n. 77/2024).
Illecito condizionare la transazione al fatto che controparte rinunci all’esposto disciplinare
È deontologicamente rilevante il comportamento dell’avvocato che subordini l’accordo transattivo del proprio cliente alla rinuncia dell’esposto disciplinare ricevuto dalla controparte, trattandosi di accordo che non porterebbe alcun vantaggio alla sua cliente, ma solo all’avvocato, il quale nell’esercizio dell’attività professionale deve conservare la propria indipendenza e difendere la propria libertà da pressioni o condizionamenti di ogni genere, anche correlati a interessi riguardanti la propria sfera personale (art. 24 co. 2 cdf). (CNF n. 242/2023).
L’incarico conciliativo ricevuto da più parti deve essere svolto con imparzialità
L’avvocato che riceva un incarico a carattere sostanzialmente conciliativo da più parti deve agire nell’interesse di tutte con imparzialità e non di una sola parte in particolare, e ciò a prescindere dal fatto che alle altre sia, oppure no, derivato un pregiudizio economico concreto, o uno svantaggio negoziale, dalla sua opera (CNF n. 70/2022).
Conflitto di interessi: la controversia personale con il cliente
Nell’esercizio dell’attività professionale, l’avvocato deve conservare la propria indipendenza e difendere la propria libertà da pressioni o condizionamenti di ogni genere, anche correlati a interessi riguardanti la propria sfera personale (Nel caso di specie, era insorta controversia tra il professionista ed il proprio assistito nel corso del rapporto professionale) (CNF n. 174/2019).
Invece, l’avvocato che ha una controversia personale con la controparte del cliente non versa in conflitto di interessi (CNF parere n. 5/2023).
Il conflitto di interessi tra avvocato e cliente non è scriminato dall’eventuale presenza di un codifensore (che se ne facesse garante)
Il rapporto tra difensore ed assistito deve essere sempre diretto e basato sulla fiducia, e l’avvocato deve evitare sempre di trovarsi in posizione di conflitto di interessi anche potenziale con il proprio cliente: ciò, tanto nell’ipotesi che sia il solo difensore, quanto nella diversa ipotesi che altri colleghi siano associati a lui nella difesa del cliente, giacché non vi è una ulteriore funzione di controllo o di garanzia che un difensore deve svolgere nei confronti dell’altro, che consenta l’elusione di una delle norme fondamentali che devono caratterizzare il comportamento dell’avvocato, che deve essere sempre improntato alla lealtà (CNF n. 164/2018).
La rinuncia al mandato per conflitto di interessi sopravvenuto
La norma di cui all’art. 24 cdf mira ad assicurare che il mandato professionale sia svolto in assoluta libertà ed indipendenza da ogni vincolo, ossia in piena autonomia: prerogative, queste, funzionali a rendere effettivo e concreto il diritto di difesa. In difetto, la rinuncia al mandato -che pure non deve necessariamente realizzarsi ad horas o comunque con assoluta immediatezza- certo non può essere procrastinata per mesi ed intervenire dopo una considerevole attività professionale, e ciò a prescindere che il conflitto stesso non abbia in concreto recato pregiudizio al clienti, circostanza -questa- che vale esclusivamente ad attenuare la portata lesiva della violazione, ma non a scriminarla, riverberandosi sulla misura della sanzione (CNF n. 229/2013)
Principi generali
La nozione di conflitto di interessi comprende tutti i casi in cui, per qualsiasi ragione, il professionista si ponga processualmente in antitesi con il proprio assistito
Nei rapporti tra avvocato e cliente, la nozione di conflitto di interessi, ai sensi e per gli effetti dell’art. 24 cdf, non va riferita, restrittivamente, alla sola ipotesi in cui l’avvocato si ponga in contrapposizione processuale con il suo assistito in assenza di un consenso da parte di quest’ultimo, ma comprende tutti i casi in cui, per qualsiasi ragione, il professionista si ponga processualmente in antitesi con il proprio assistito, potendo essere il conflitto anche solo potenziale (Cass. n. 20881/2024).
Conflitto di interessi: l’illecito (di pericolo) garantisce l’assoluta terzietà dell’avvocato al di sopra di ogni dubbio e tutela l’affidamento della collettività sulla capacità degli avvocati di fare fronte ai doveri che l’alta funzione esercitata impone
Il divieto di prestare attività professionale in conflitto di interessi anche solo potenziale (art. 24 cdf) risponde all’esigenza di conferire protezione e garanzia non solo al bene giuridico dell’indipendenza effettiva e dell’autonomia dell’avvocato ma, altresì, alla loro apparenza (in quanto l’apparire indipendenti è tanto importante quanto esserlo effettivamente), dovendosi in assoluto proteggere, tra gli altri, anche la dignità dell’esercizio professionale e l’affidamento della collettività sulla capacità degli avvocati di fare fronte ai doveri che l’alta funzione esercitata impone, quindi a tutela dell’immagine complessiva della categoria forense, in prospettiva ben più ampia rispetto ai confini di ogni specifica vicenda professionale. Infatti, l’art. 24 cdf mira ad evitare situazioni che possano far dubitare della correttezza dell’operato dell’avvocato e, quindi, perché si verifichi l’illecito, è sufficiente che potenzialmente l’opera del professionista possa essere condizionata da rapporti di interesse con la controparte: facendo riferimento alle categorie del diritto penale, l’illecito contestato all’avvocato è un illecito di pericolo (Cass. n. 12902/2021, Cass. N. 7030/2021, CNF n. 139/2021, CNF n. 121/2021, CNF n. 17/2021).
Conseguentemente:
1) poiché si tratta di un valore (bene) indisponibile, neanche l’eventuale autorizzazione della parte assistita, pur resa edotta e, quindi, scientemente consapevole della condizione di conflitto di interessi, può valere ad assolvere il professionista dall’obbligo di astenersi dal prestare la propria attività (CNF n. 160/2023, CNF n. 394/2013, CNF n. 191/2020, CNF n. 170/2020, CNF n. 394/2016);
2) poiché si intende evitare situazioni che possano far dubitare della correttezza dell’operato dell’avvocato, perché si verifichi l’illecito (c.d. di pericolo) è irrilevante l’asserita mancanza di danno effettivo (Cass. n. 24181/2023, CNF n. 241/2023, CNF n. 218/2023, CNF n. 217/2023, CNF n. 165/2023, CNF n. 160/2023, CNF n. 1/2023, CNF n. 259/2022, CNF n. 211/2022, CNF n. 174/2022, CNF n. 167/2022, CNF n. 70/2022, CNF n. 42/2022, CNF n. 178/2021, CNF n. 121/2021, CNF n. 170/2020, CNF n. 206/2019, CNF n. 60/2019, CNF n. 182/2018, CNF n. 186/2017, CNF n. 186/2016, CNF n. 110/2014, CNF n. 48/2011).
Soci e società
Controversie tra società e conflitto di interessi
Non costituisce, di per sè, conflitto di interessi (art. 24 cdf) l’assunzione di un mandato difensivo conferito da una società per agire contro altra società, allorché l’avvocato sia difensore, in altre vertenze, di un soggetto (nella specie, persona fisica) socio di entrambe le società ed anche amministratore (nella specie, della seconda) (CNF n. 77/2024).
Incarico in favore della società di persone nonché di soci in posizione contrapposta
Alla luce dei principi civilistici in tema di società personali (le quali, pur prive di personalità giuridica, sono soggetti di diritto distinti dai propri soci), deve escludersi la violazione dell’art. 24 cdf (conflitto di interessi) per l’avvocato che assuma incarichi nell’interesse della società nonché di soci della stessa in posizione contrapposta (Cass. n. 8337/2022).
Associati e colleghi di studio
Illecito agire contro un cliente del collega di studio
L’avvocato ha l’obbligo di astenersi dal prestare attività professionale quando questa determini un conflitto di interessi confliggenti con la controparte che sappia assistita da avvocato che eserciti la professione nei suoi stessi locali. E’, infatti, deontologicamente rilevante la condotta dell’avvocato che ponga in essere una situazione di conflitto anche solo potenziale nei confronti della parte da lui assistita o che comunque possa ingenerare nei terzi il semplice sospetto di un comportamento non improntato ai canoni di una assoluta correttezza (Nel caso di specie, l’avvocato aveva agito nei confronti di una cliente del coniuge, con cui condivideva lo studio professionale, ivi comprese le utenze telefoniche). (CNF n. 80/2015, CNF n. 157/1995).
Ai fini del conflitto di interessi non è sufficiente la mera condivisione dei locali con il legale di controparte
L’avvocato deve astenersi dall’accettare il mandato qualora il legale avversario faccia parte della propria società o associazione professionale ovvero eserciti negli stessi locali e vi collabori professionalmente in maniera non occasionale (art. 24 co. 5 cdf). In particolare, a differenza del codice previgente (art. 37), ove tale ultimo inciso mancava, ai fini dell’obbligo di astensione è ora necessaria una collaborazione continuativa e non occasionale tra i professionisti, la quale va provata “oltre ogni ragionevole dubbio” e non può quindi essere desunta da meri elementi presuntivi come l’uso comune di linee telefoniche e/o di servizi di posta elettronica, trattandosi di risorse logistiche neutre – a differenza della PEC – compatibili con una condivisione degli spazi di uno stesso studio riferibili anche a semplici rapporti di ospitalità e/o amicizia (CNF n. 22/2022; per la previgente disciplina cfr. CNF n. 80/2016, CNF n. 80/2015, CNF n. 110/2014, CNF n. 222/2013, CNF n. 165/2013, CNF n. 84/2010, CNF n. 59/2008).
L’obbligo di astensione nel caso di avvocati che esercitino negli stessi locali
L’obbligo di astensione di cui all’art. 24 cdf con riferimento agli avvocati che, pur non essendo partecipi di una stessa società o associazione professionale, esercitino tuttavia negli stessi locali, obbedisce all’esigenza di proteggere il bene giuridico non solo dell’indipendenza effettiva dell’avvocato, ma anche dell’apparenza di essa, sicché a nulla rileva l’assenza di concretezza e attualità del conflitto di interessi, in quanto l’assunzione di un tale patrocinio, quand’anche non abbia prodotto effetti pregiudizievoli agli interessi degli assistiti, determina comunque una situazione di pericolo per il rapporto fiduciario con il cliente, suscitando stato di disagio e comprensibile diffidenza, che si ripercuote negativamente sull’immagine stessa della professione (CNF n. 222/2013, CNF n. 59/2008).
Studio associato e obbligo dei singoli associati di astenersi dal prestare attività professionale in conflitto di interessi tra loro
La previsione dell’art. 37 codice deontologico (divieto di prestare attività professionale in conflitto di interessi) risponde all’esigenza di conferire protezione e garanzia non solo al bene giuridico dell’indipendenza effettiva e dell’autonomia dell’avvocato ma, altresì, alla loro apparenza; e ciò in quanto l’apparire indipendenti è tanto importante quanto esserlo effettivamente, dovendosi in assoluto proteggere, tra gli altri, anche la dignità dell’esercizio professionale e l’affidamento della collettività sulla capacità degli avvocati di fare fronte ai doveri che l’alta funzione esercitata impone. La disciplina in questione, pertanto, si proietta alla tutela dell’immagine complessiva della categoria forense, in prospettiva ben più ampia rispetto ai confini di ogni specifica vicenda professionale; ciò giustifica la presunzione assoluta di conflitto di interessi – conchiusa nella formula del secondo canone dell’art. 37 del Codice – allorché il collegamento tra due avvocati, patrocinanti due parti aventi interessi configgenti, sia riconducibile ad un rapporto associativo ed anche solo all’utilizzo dei medesimi locali. Si tratta di una valore (bene) indisponibile: neanche l’eventuale autorizzazione della parte assistita, pur resa edotta e, quindi, scientemente consapevole della condizione di conflitto di interessi, può valere ad assolvere il professionista dall’obbligo di astenersi dal prestare la propria attività (Nel caso di specie, due avvocati di un medesimo studio associato avevano assunto la difesa della parte civile e rispettivamente dell’imputato di un medesimo procedimento penale). (CNF n. 165/2013, CNF n. 48/2011, CNF n. 84/2010, CNF n. 59/2008).