Regolamento CNF n. 2/2014 sul Procedimento disciplinare ➡️ Titolo II – Del procedimento disciplinare (artt. 10 – 31) ➡️ Capo VI – Fase decisoria (artt. 25 – 31) ➡️ Art. 25
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La decisione disciplinare a maggioranza non deve dettagliare i voti dei singoli componenti il Collegio
In tema di procedimento disciplinare, la mancata specificazione dei voti espressi in camera di consiglio non comporta alcuna nullità della decisione, giacché non vi è alcuna norma che prescrive, a pena di nullità, la trascrizione integrale delle opinioni espresse dai componenti il collegio né dei loro singoli voti al fine di permettere di verificare se la decisione sia stata adottata legittimamente o meno e quindi a maggioranza. Infatti, siffatta esplicitazione del procedimento di formazione della volontà collegiale, irrilevante sotto il profilo della imputabilità del provvedimento all’organo competente per legge ad emetterlo, contraddirebbe la presunzione di legalità dell’attività procedimentale dell’organo pubblico, e sarebbe lesiva della tutela del diritto alla riservatezza dei componenti il collegio stesso (CNF n. 130/2020).

Decisione disciplinare: l’omessa indicazione del numero è irrilevante
L’omessa indicazione, nella decisione disciplinare, del numero del registro delle decisioni non rileva ai fini della validità della stessa, non essendo prevista da alcuna norma procedimentale e costituendo eventualmente una irregolarità burocratica della segreteria, successiva al perfezionamento e al deposito dell’atto medesimo (Cass. n. 19526/2018, CNF n. 408/2016)

La corrispondenza (rectius, correlazione) tra incolpazione e pronuncia disciplinare
Deve escludersi la violazione della regola della corrispondenza tra la contestazione e la pronuncia disciplinare allorquando il fatto posto a base della sentenza non abbia il carattere dell’eterogeneità rispetto a quello contestato. In particolare, la difformità tra contestato e pronunziato si verifica nelle ipotesi di c.d. “decisione a sorpresa”, ovvero allorché la sussistenza della violazione deontologica venga riconosciuta per fatto diverso da quello di cui alla contestazione e, dunque, la modificazione vada al di là della semplice diversa qualificazione giuridica di un medesimo fatto, di talché la condotta oggetto della pronuncia non possa in alcun modo considerarsi rientrante nell’originaria contestazione. Tale principio di corrispondenza tra addebito contestato e decisione disciplinare è inderogabile, in quanto volto a garantire la pienezza e l’effettività del contraddittorio sul contenuto dell’accusa ed è finalizzato a consentire, a chi debba rispondere dei fatti contestatigli, il compiuto esercizio del diritto di difesa, costituzionalmente garantito (CNF n. 280/2024. CNF n. 77/2024, CNF n. 332/2023, CNF n. 243/2023, CNF n. 165/2023, CNF n. 40/2023, CNF n. 1/2023, CNF n. 257/2022, CNF n. 256/2022, CNF n. 239/2022, CNF n. 103/2022, CNF n. 98/2022, CNF n. 56/2022, CNF n. 27/2022, CNF n. 135/2021, CNF n. 117/2021, CNF n. 91/2021, CNF n. 67/2021, CNF n. 23/2021, CNF n. 227/2020, CNF n. 218/2020, CNF n. 119/2020, CNF n. 37/2020).
Inoltre, nell’ambito del procedimento disciplinare forense non sussiste in forma rigida un principio di corrispondenza tra addebito contestato e decisione disciplinare (art. 112 cpc), trattandosi piuttosto di una «correlazione» che non rileva in termini puramente formali, rispondendo all’esigenza di garantire pienezza ed effettività del contraddittorio sul contenuto dell’accusa e di evitare che l’incolpato sia condannato per un fatto rispetto al quale non abbia potuto esplicare difesa; conseguentemente, ciò che conta non è in sé la qualificazione giuridica dell’incolpazione, che non determina alcuna lesione del diritto di difesa ove siano rimasti immutati gli elementi essenziali della materialità del fatto addebitato (CNF n. 240/2023, CNF n. 100/2023, Cass. n. 7073/2022, CNF n. 87/2022, CNF n. 114/2013).

La riqualificazione del capo di incolpazione non vìola, di per sè, il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato
Per aversi violazione del principio di correlazione tra fatti contestati e quelli assunti a base della decisione, occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, del fatto concreto, sì da pervenire ad un’incertezza sull’oggetto dell’addebito da cui scaturisca una reale violazione del principio del contraddittorio e dei diritti della difesa. Ne consegue che l’indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente formale tra contestazione e sentenza, perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l’incolpato, attraverso l’iter del processo, abbia avuto conoscenza dell’accusa e sia stato messo in condizione di difendersi e discolparsi, a nulla rilevando quindi il “nomen juris” o la rubrica della ritenuta infrazione (CNF n. 280/2024, CNF n. 196/2024, CNF n. 105/2024, CNF n. 26/2024, Cass. n. 21311/2023, CNF n. 244/2023, CNF n. 100/2023, CNF n. 40/2023, CNF n. 8/2023, CNF n. 256/2022, CNF n. 134/2022, CNF n. 70/2022, CNF n. 56/2022, Cass. n. 31572/2021, CNF n. 256/2021, CNF n. 252/2021, CNF n. 153/2021, CNF n. 137/2021, CNF n. 134/2021, CNF n. 117/2021, CNF n. 102/2021, CNF n. 259/2016, Cass. n. 11024/2014).

La corrispondenza tra decisione disciplinare e fatti contestati nel capo d’incolpazione non si estende pedissequamente al contenuto dell’esposto
Non ha rilievo la corrispondenza tra la decisione disciplinare ed i fatti dedotti nell’esposto, bensì tra quella e i fatti contestati nel capo d’incolpazione, giacché ciò che deve necessariamente risultare, a pena di nullità del procedimento per violazione del diritto di difesa dell’incolpato, è una chiara contestazione dei fatti addebitati, rispetto ai quali l’incolpato deve essere posto in grado di difendersi (CNF n. 39/2019).

Procedimento disciplinare: il giudice della deontologia non ha l’obbligo di confutare esplicitamente le tesi non accolte
Anche in tema di procedimento disciplinare a carico degli avvocati, il giudice non ha l’obbligo di confutare esplicitamente le tesi non accolte né di effettuare una particolareggiata disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi, essendo sufficiente a soddisfare l’esigenza di adeguata motivazione che il raggiunto convincimento risulti da un esame logico e coerente , non di tutte le prospettazioni delle parti e le emergenze istruttorie, bensì di quelle ritenute di per sé sole e idonee e sufficienti a giustificarlo; in altri termini non si richiede al giudice di merito di dar conto dell’esito dell’avvenuto esame di tutte le prove dedotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettategli, ma di fornire una motivazione logica ed adeguata della adottata decisione, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla, ovvero la carenza di esse (CNF n. 219/2019, CNF n. 129/2024, CNF n. 105/2024, CNF n. 102/2024, CNF n. 38/2024, CNF n. 99/2023, CNF n. 6/2023, CNF n. 259/2022, CNF n. 254/2022, CNF n. 241/2022, CNF n. 240/2022, CNF n. 207/2022, CNF n. 79/2022, CNF n. 71/2022, CNF n. 27/2022, CNF n. 134/2021, CNF n. 121/2021, CNF n. 109/2021, CNF n. 101/2021, CNF n. 9/2021, CNF n. 164/2020, CNF n. 65/2020).

Il principio del “ne bis in idem” si applica al procedimenti disciplinare dinanzi al CDD?
Il “ne bis in idem” è un principio di ordine pubblico processuale che non è “esportabile” nei procedimenti amministrativi, ontologicamente diversi, sicché non trova applicazione nei procedimenti disciplinari avanti ai Consigli territoriali forensi (CNF n. 108/2024, CNF n. 290/2023, Cass. n. 10852/2021, CNF n. 187/2021, CNF n. 17/2021).
Contra, ai sensi degli artt. 6 CEDU, 4 Prot. 7 CEDU, 50 Carta di Nizza nonché alla luce del principio costituzionale del buon andamento della pubblica amministrazione (art 97 Cost.), nel procedimento disciplinare dinanzi al CDD trova applicazione il principio del ne bis in idem, che ricorre qualora una condotta determinata sotto il profilo fattuale, storico e temporale sia stata già in precedenza delibata nel merito dal Giudice sotto l’aspetto deontologico e si sia pertanto consumato il potere disciplinare in ordine al fatto contestato, a prescindere dalle eventuali differenti qualificazioni giuridiche. Peraltro, la preclusione all’esercizio dell’azione disciplinare discende dalla semplice coesistenza di due procedimenti per i medesimi fatti, ancorché non si sia ancora formato il giudicato nell’ambito del più remoto dei due (CNF n. 36/2024, CNF n. 346/2023, CNF n. 332/2023, CNF n. 194/2023, Cass. n. 35462/2021, Cass. n. 9547/2021, Cass. n. 24896/2020, Cass. n. 2506/2020, Cass. n. 29878/2018, Cass. n. 9910/2018, CNF n. 273/2016, CNF n. 270/2015, CNF n. 142/2015, Cass. n. 25368/2014, CNF n. 125/2014, Cass. n. 16283/2010).
In ogni caso, il principio del ne bis in idem riguarda il merito e quindi non opera con riferimento alle decisioni in rito (Cass. n. 19526/2018, CNF n. 222/2017, CNF n. 205/2017, CNF n. 146/2015).

L’archiviazione dell’esposto disciplinare non rileva ai fini del ne bis in idem
La delibera di archiviazione dell’esposto disciplinare non è idonea ad assumere autorità di giudicato onde non vìola il divieto di bis in idem l’eventuale riapertura del procedimento in presenza di elementi o accertamenti nuovi, o comunque idonei a dare nuovo impulso alla procedura, senza peraltro bisogno di una previa esplicita revoca dell’archiviazione stessa (CNF n. 102/2024, CNF n. 2/2021, CNF n. 102/2018, CNF n. 84/2017, CNF n. 63/2017, CNF n. 5/2017, CNF n. 133/2016, CNF n. 253/2015, CNF n. 251/2015, CNF n. 161/2015).

Ne bis in idem e recidiva specifica
Il principio del ne bis in idem ricorre qualora una condotta determinata sotto il profilo fattuale, storico e temporale sia stata già in precedenza delibata nel merito dal Giudice sotto l’aspetto deontologico e si sia pertanto consumato il potere disciplinare in ordine al fatto contestato. Non sussiste pertanto violazione del predetto divieto nel caso in cui la contestazione riguardi un’ipotesi di recidiva specifica, cioè allorché l’incolpato reiteri il comportamento per il quale sia stato in precedenza sanzionato (Nel caso di specie, il professionista aveva invocato il divieto di bis in idem per essere stato sanzionato per un comportamento analogo, nuovamente commesso) (CNF n. 28/2024, CNF n. 290/2023, CNF n. 237/2023, Cass. n. 2506/2020, CNF n. 13/2019, CNF n. 243/2017).

La reiterazione non costituisce autonoma fonte di responsabilità disciplinare
La reiterazione dell’illecito disciplinare non costituisce autonomo requisito di responsabilità dovendosi autonomamente accertare la violazione contestata prima di procedersi alla disamina di eventuali comportamenti reiterativi, i quali possono essere esclusivamente considerati in relazione alla determinazione della sanzione o al più come elemento indiziario che da solo non può costituire prova (CNF n. 125/2021).

Le delibere dei Consigli territoriali fanno fede fino a querela di falso
Le deliberazioni del Consigli territoriali sono atti muniti di fede privilegiata ai sensi dell’art. 2700 c.c., sicché fanno piena prova, fino a querela di falso, “delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti”. (CNF n. 59/2019, CNF n. 161/2018, CNF n. 142/2018).

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