Codice deontologico ➡️ Titolo II – Rapporti con il cliente e la parte assistita (artt. 23 – 37) ➡️ Art. 26
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Nell’adempimento del mandato professionale, l’avvocato deve osservare il dovere di fedeltà (art. 10 cdf), il rapporto fiduciario (art. 11 cdf), il dovere di diligenza (art. 12 cdf) e il dovere di competenza (art. 14 cdf).

Il rapporto fiduciario (art. 11 cdf)

L’abuso del rapporto fiduciario derivante dal mandato professionale va valutato con particolare rigore in sede disciplinare (CNF n. 42/2019, CNF n. 180/2019, CNF n. 37/1992). Infatti, la prestazione professionale si basa proprio sulla fiducia (art. 11 co. 2 cdf), sicché pone in essere un comportamento disciplinarmente rilevante l’avvocato che gestisca la pratica in modo del tutto indipendente dal rapporto con il cliente e dalla tutela dei suoi interessi, concordando tutta l’attività con un soggetto terzo e senza avere mai un rapporto diretto con la parte assistita (CNF n. 100/2019).

Proprio in considerazione della citata natura fiduciaria del rapporto professionale, l’avvocato è libero di accettare l’incarico (art. 11 co. 1 cdf, art. 23 co. 5 cdf, art. 14 co. 1 L. n. 247/2012)1, ma in ogni caso ha l’obbligo di rifiutarlo allorché sia finalizzato alla realizzazione di operazione illecita (art. 23 co. 5 cdf).

La libertà di concludere o meno il contratto di patrocinio, tuttavia, non riguarda i difensori d’ufficio (art. 11 co. 3 cdf, art. 3 co. 1 L. n. 247/2012, art. 14 co. 1 L. n. 247/2012) né i difensori per il patrocinio a spese dello Stato (art. 11 co. 4 cdf, art. 3 co. 1 L. n. 247/2012, art. 14 co. 1 L. n. 247/2012), i quali infatti sono appunto obbligati alla prestazione professionale, giacché si tratta di strumenti che rappresentano la concreta rappresentazione del ruolo sociale dell’avvocato, strumento essenziale per il funzionamento della giurisdizione e garanzia della pienezza della tutela dei diritti di tutti quei soggetti che, per la loro debolezza, sono esposti a possibili discriminazioni (CNF n. 74/2022).

Tali principi, che regolamentano l’instaurazione del rapporto professionale, sono conformi a quanto previsto con riferimento allo scioglimento del rapporto stesso ad opera del professionista, ovvero di suo recesso (art. 32 cdf).

V. pure commento all’art. 23 cdf.

Il dovere di diligenza (art. 12 cdf)

Incarico professionale – Adempimento – Diligenza – Obbligo – Portata – Fondamento – Assolvimento – Onere della prova – Fattispecie.
Nell’adempimento dell’incarico professionale conferitogli, l’obbligo di diligenza da osservare ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 1176 comma 2 c.c., e 2236 c.c. impone all’avvocato di assolvere, sia all’atto del conferimento del mandato che nel corso dello svolgimento del rapporto, (anche) ai doveri di sollecitazione, dissuasione ed informazione del cliente, essendo tenuto a rappresentare a quest’ultimo tutte le questioni di fatto e di diritto, comunque insorgenti, ostative al raggiungimento del risultato, o comunque produttive del rischio di effetti dannosi; di richiedergli gli elementi necessari o utili in suo possesso; di sconsigliarlo dall’intraprendere o proseguire un giudizio dall’esito probabilmente sfavorevole. A tal fine incombe su di lui l’onere di fornire la prova della condotta mantenuta, insufficiente al riguardo, dovendo ritenersi il rilascio da parte del cliente delle procure necessarie all’esercizio dello “jus postulandi”, attesa la relativa inidoneità ad obiettivamente ed univocamente deporre per la compiuta informazione in ordine a tutte le circostanze indispensabili per l’assunzione da parte del cliente di una decisione pienamente consapevole sull’opportunità o meno d’iniziare un processo o intervenire in giudizio (CNF n. 260/2022, CNF n. 226/2022, CNF n. 240/2020, Cass. n. 19520/2019).

Il dovere di competenza e di diligenza nell’adempimento del mandato professionale
Presupposti impliciti dell’attività professionale sono la diligenza e la competenza: la prima assicura la qualità della prestazione, mentre la seconda tende ad affermare la legittimazione specifica dell’attività professionale richiesta dalla parte assistita (CNF n. 89/2012).

Il dovere di competenza (art. 14 cdf)

La violazione del dovere di competenza nell’adempimento del mandato professionale
Integra illecito disciplinare il comportamento dell’avvocato che accetti incarichi che non sia in grado di svolgere con adeguata competenza (art. 14 cdf). (CNF n. 8/2017, Cass. n. 25633/2016, CNF n. 98/2016, CNF n. 54/2016, CNF n. 89/2012).

Il dovere di competenza e di diligenza nell’adempimento del mandato professionale
Presupposti impliciti dell’attività professionale sono la diligenza e la competenza: la prima assicura la qualità della prestazione, mentre la seconda tende ad affermare la legittimazione specifica dell’attività professionale richiesta dalla parte assistita (CNF n. 89/2012)


L’inadempimento al mandato professionale presuppone la prova del conferimento dell’incarico
L’illecito di cui all’art. 26 codice deontologico (già art. 38 codice previgente) presuppone la prova -quantomeno mediante indizi gravi, precisi e concordanti- del conferimento dell’incarico professionale asseritamente rimasto inadempiuto, con la conseguenza che, in mancanza, l’incolpato va mandato assolto in base al principio accusatorio, in ossequio al quale l’addebito contestato (ed ogni suo antecedente logico-giuridico) deve essere provato dall’organo inquirente (CNF n. 36/2019).

Inadempimento delle obbligazioni relative o estranee all’esercizio della professione
L’inadempimento delle obbligazioni inerenti l’esercizio della professione forense derivante da non scusabile e rilevante trascuratezza configura automaticamente illecito disciplinare (art. 26 cdf), mentre l’inadempimento delle obbligazioni estranee all’esercizio della professione assume carattere di illecito disciplinare quando, per modalità o gravità, sia tale da compromettere la fiducia dei terzi nella capacità dell’avvocato di assolvere ai propri doveri professionali (art. 64 cdf) (CNF n. 119/2021, CNF n. 36/2020, CNF n. 35/2020).

L’assunzione di incarichi in violazione del dovere di competenza professionale
Costituisce violazione degli artt. 14 e 26 cdf il comportamento dell’avvocato che assuma incarichi senza averne l’adeguata competenza tecnica (CNF n. 23/2024).

L’inadempimento al mandato non è automatica fonte di responsabilità disciplinare
L’inadempimento al mandato non ha rilevanza deontologica ex se, giacché l’inadempimento contrattuale, quantunque rilevante sul piano della responsabilità civile, integra anche responsabilità disciplinare solo quando l’inadempimento stesso derivi da “non scusabile e rilevante trascuratezza” (art. 26 cdf) sicché, in caso di mancanza di prove sufficienti su tale profilo, in virtù del principio del favor rei, l’insufficienza o contraddittorietà delle prove della violazione deontologica comporta il proscioglimento dell’incolpato cui non compete di dimostrare la propria innocenza (CNF n. 276/2024, CNF n. 264/2024, CNF n. 141/2024, CNF n. 40/2003, CNF n. 147/2020, CNF n. 203/2018).

La mancata proposizione dell’azione non è sempre e necessariamente dovuta ad inadempimento al mandato professionale
L’incarico professionale che si sostanzi nella preventiva fase di studio non necessariamente culmina -una volta valutati i relativi elementi di fatto e diritto- nella proposizione della relativa azione giudiziale, essendo infatti compito esclusivo dell’avvocato la scelta della linea tecnica da seguire nella prestazione dell’attività professionale ed essendo, d’altra parte, tenuto ad assolvere, sia all’atto del conferimento del mandato che nel corso dello svolgimento del rapporto, non solo ed esclusivamente al dovere di informazione ma anche ai doveri di sollecitazione e dissuasione del cliente, nonché a sconsigliare lo stesso dall’intraprendere o proseguire un giudizio dal risultato probabilmente sfavorevole (Nel caso di specie, trattavasi di opposizione a decreto penale di condanna, la cui proposizione avrebbe comportato conseguenze potenzialmente ben più gravose per l’assistito). (CNF n. 88/2022).

Inadempimento del mandato e le mancate o false informazioni al cliente
Viene meno ai doveri di diligenza, dignità, correttezza e decoro della professione forense l’avvocato che non dia corso al mandato ricevuto (a nulla rilevando che il professionista non avesse ricevuto un fondo spese) e dia false rassicurazioni al cliente sullo stato della pratica (CNF n. 242/2024, CNF n. 172/2024, CNF n. 127/2024, CNF n. 66/2024, CNF n. 54/2024, CNF n. 41/2024, CNF n. 28/2024, CNF n. 273/2023, CNF n. 233/2023, CNF n. 230/2023, CNF n. 202/2023, CNF n. 127/2023, CNF n. 28/2023, CNF n. 15/2023, CNF n. 231/2022, CNF n. 210/2022, CNF n. 175/2022, CNF n. 106/2022, CNF n. 99/2022, CNF n. 84/2022, CNF n. 171/2021, CNF n. 171/2021, CNF n. 70/2021, CNF n. 34/2021, CNF n. 155/2020, CNF n. 144/2020, CNF n. 47/2020, CNF n. 202/2019, CNF n. 184/2019, CNF n. 69/2019).

Inadempimento al mandato professionale: la mancanza di un danno per il cliente non costituisce “scriminante” dell’illecito disciplinare
L’illecito disciplinare si configura indipendentemente dalla produzione e dall’entità del danno subìto dal cliente a seguito della condotta illecita posto che il fine del procedimento disciplinare è quello di salvaguardare il decoro e la dignità dell’intera classe forense mediante la repressione di ogni condotta che sia contraria ai doveri imposti dalla legge, come nel caso di:
– assenza del difensore di fiducia all’udienza (Cass. n. 20877/2024)
– mancata o tardiva impugnazione dalle modeste probabilità di essere accolta (CNF n. 276/2024)

Inadempimento al mandato: la responsabilità disciplinare per negligenza nel controllo della propria PEC
Costituisce violazione dei doveri professionali il mancato, ritardato o negligente compimento di atti inerenti al mandato o alla nomina, quando derivi da non scusabile e rilevante trascuratezza degli interessi della parte assistita (art. 26 cdf), come nel caso di negligente ovvero omessa verifica delle comunicazioni o notifiche ricevute nella propria casella di posta elettronica certificata (Nel caso di specie, l’avvocato non si era accorto della notifica PEC dell’opposizione a decreto ingiuntivo, il cui giudizio si era concluso nella contumacia dell’opposto. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha ritenuto congrua la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio professionale per otto mesi) (CNF n. 134/2024).

Inadempimento al mandato professionale: l’individuazione del momento in cui l’avvocato deve restituire, in tutto o in parte, il compenso già incassato per attività poi non svolta
Nel caso di inadempimento al mandato, l’avvocato è tenuto alla restituzione totale o parziale delle somme ricevute e relative ad attività non espletata, ma tale obbligo -anche deontologico- non sorge immediatamente e automaticamente a fronte della richiesta del cliente che gli contesti di non avere adempiuto correttamente agli obblighi discendenti dall’assunzione del mandato. L’Avvocato, infatti, legittimamente trattiene dette somme, che sarà tenuto a restituire (oltre eventuali danni) solo successivamente ad una declaratoria giudiziale che lo abbia dichiarato inadempiente e che lo abbia condannato a tale pagamento, peraltro da quantificarsi nel caso di adempimento parziale. Altrimenti, anticipare un tale obbligo già alla richiesta del cliente, ed addirittura far discendere dal suo mancato assolvimento una violazione deontologica e l’applicazione di una sanzione disciplinare, comporterebbe persino la violazione del diritto di difesa perché il professionista, a fronte della semplice richiesta del cliente insoddisfatto volta alla restituzione degli importi già versati a titolo di compensi, non potrebbe nemmeno contestare e difendersi se non incorrendo in un illecito deontologico (CNF n. 66/2024).

L’omesso o tardivo deposito di atti processuali
Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l’avvocato che, in difetto di strategia difensiva d’accordo col cliente, ometta di depositare atti giudiziari nei termini processuali (CNF n. 262/2024, CNF n. 199/2020).

Inadempimento del mandato professionale: la responsabilità disciplinare nel caso di sub incarico a collaboratori di studio
L’inadempimento del mandato integra violazione di doveri essenziali dell’avvocato, anche qualora lo stesso abbia affidato a collaboratori compiti che avrebbe dovuto svolgere personalmente o far svolgere sotto la sua personale responsabilità nello studio verificandone l’esecuzione attentamente e costantemente (CNF n. 2/2022, CNF n. 142/2019, CNF n. 17/2014).

Inadempimento al mandato: l’omessa partecipazione all’udienza costituisce illecito deontologico istantaneo
In difetto di un legittimo impedimento, ovvero di una comprovata strategia difensiva concordata con il cliente (con relativo onere probatorio a carico di chi intenda addurla), pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante il difensore che, per “non scusabile e rilevante trascuratezza” (art. 26 cdf), non partecipi all’udienza né nomini un proprio sostituto processuale o di udienza, a nulla rilevando, peraltro, tanto l’assenza sia dipesa da un concomitante impegno professionale quanto l’eventuale assenza di concrete conseguenze negative o addirittura la presenza di vantaggi per il proprio assistito giacché ciò non varrebbe a privare di disvalore il comportamento negligente del professionista. Inoltre, con particolar riferimento alla prescrizione dell’azione disciplinare, tale particolare inadempimento al mandato è un illecito deontologico di natura istantanea e non permanente (CNF n. 124/2024, CNF n. 52/2014, CNF n. 190/2023, CNF n. 127/2023, CNF n. 175/2022, CNF n. 121/2022, CNF n. 120/2022, CNF n. 107/2022, CNF n. 74/2022, CNF n. 18/2022, CNF n. 198/2021, CNF n. 23/2021, CNF n. 2/2020, CNF n. 267/2016, CNF n. 79/2013).

L’omesso adempimento al mandato costituisce illecito permanente
Ai fini della prescrizione dell’azione disciplinare, l’omesso adempimento al mandato costituisce illecito permanente (CNF n. 137/2024, CNF n. 190/2023, CNF n. 101/2023, CNF n. 28/2023, CNF n. 31/2023, CNF n. 106/2022, CNF n. 99/2022, CNF n. 92/2022, CNF n. 34/2021 ,CNF n. 241/2020, CNF n. 201/2012, CNF n. 205/2006).
In particolare, la data di cessazione della permanenza dell’illecito di inadempimento al mandato difensivo si protrae sino all’adempimento del mandato ovvero sino al momento della cessazione definitiva del rapporto difensivo (CNF n. 276/2022, CNF n. 199/2022), ovvero nel momento in cui il cliente o la parte assistita vengano a conoscenza delle omissioni del professionista (CNF n. 241/2020).

Prescrizione disciplinare: il mancato o tardivo compimento di un atto entro il relativo termine perentorio costituisce illecito omissivo ad effetto istantaneo
La tardiva o mancata proposizione di un atto da compiersi necessariamente entro termini perentori (ad es., appello, deposito di memoria, invio di messa in mora ai fini di evitare decadenze o prescrizioni, ecc.) ha rilievo deontologico quando derivi da non scusabile e rilevante trascuratezza degli interessi della parte assistita. Trattasi, in particolare, di illecito omissivo ad effetto istantaneo, con tutto ciò che ne consegue ai fini dell’individuazione del dies a quo prescrizionale avuto riguardo al momento in cui l’attività stessa non possa più essere utilmente compiuta (CNF n. 242/2024, CNF n. 13/2023, CNF n. 10/2015, CNF n. 78/2013).
Per converso, il compimento di un atto contro la volontà del cliente (nella specie, la proposizione dell’appello) è un illecito che non si consuma e non si esaurisce istantaneamente, ma ha natura permanente, atteso che la consumazione dell’illecito si protrae fino a quando il giudizio di appello non voluto dal cliente perdura, con tutto ciò che ne consegue in termini di decorso della prescrizione dell’azione disciplinare (CNF n. 37/2014).

Adempimento diligente del mandato professionale: l’avvocato deve accertare la correttezza dei termini riferitigli dal cliente
Costituisce illecito disciplinare per violazione del dovere di diligenza (artt. 9 e 12 cdf) e di corretto adempimento del mandato (art. 26 cdf), il comportamento dell’avvocato che, ricevuto incarico di proporre opposizione a decreto ingiuntivo, trascuri di verificare l’effettivo termine per l’opposizione stessa, facendo esclusivo affidamento alla data di notifica riferitagli dal cliente (CNF n. 135/2021).

Gli obblighi a carico del mero domiciliatario
Nel caso in cui l’avvocato assuma le vesti di semplice domiciliatario, il suo esclusivo dovere si limita a comunicare al dominus della causa/procedimento tutte le notizie che a lui dovessero pervenire dalla cancelleria o da controparte, non rilevandosi alcuna fonte normativa che lo obblighi, nella veste de qua, a partecipare ad udienze ovvero ad adempiere ad ulteriori incombenze di qualsiasi natura (CNF n. 158/2017).

La proposizione di un mezzo di impugnazione inammissibile
La proposizione di un mezzo di impugnazione palesemente e specificamente inammissibile configura violazione dell’art. 26 del Codice Deontologico Forense (Nella specie, l’incolpato aveva appellato in Tribunale una sentenza del Giudice di Pace, nonostante il disposto di cui all’art. 339 cpc). (CNF n. 161/2013)

Vedi anche la giurisprudenza sub art. 12 cdf.

NOTE

  1. Nella “vecchia” professionale si prevedeva che “Il procuratore non può, senza giusto motivo, rifiutare il suo ufficio.” (art. 11 RDL n. 1578/1933). ↩︎

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