Codice deontologico ➡️ Titolo II – Rapporti con il cliente e la parte assistita (artt. 23 – 37) ➡️ Art. 27
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L’avvocato è tenuto ad informare il cliente e la parte assistita sullo svolgimento del mandato a lui affidato, ogni volta che ciò sia opportuno, quindi a prescindere da eventuali richieste in tal senso ricevute, le quali -per converso- non fanno automaticamente sorgere l’obbligo deontologico in parola allorché non vi siano provvedimenti od attività meritevoli di comunicazione. (CNF n. 253/2021, CNF n. 24/2021, CNF n. 5/2021).

In particolare, tale dovere comprende quelli di sollecitazione, dissuasione e informazione del cliente anche circa tutte le eventuali questioni di fatto e di diritto ostative al raggiungimento del risultato, con onere della relativa prova della condotta a carico del professionista, in quanto deve ritenersi insufficiente il rilascio da parte del cliente di procure necessarie all’esercizio dello ius postulandi (CNF n. 226/2023, CNF n. 95/2022).

Le caratteristiche dell’informazione al cliente
Ai sensi dell’art. 27 cdf, l’informazione deve essere chiara, completa, tempestiva e veritiera, giacché il rapporto che lega l’avvocato al suo cliente non può tollerare alcun comportamento che violi un aspetto essenziale della “fiducia” (art. 11 cdf), a prescindere dalla innocuità reale o virtuale delle comunicazioni non corrispondenti al vero (CNF n. 218/2024, CNF n. 127/2023, CNF n. 256/2022, CNF n. 226/2022, CNF n. 84/2022, CNF n. 144/2021, CNF n. 139/2021, CNF n. 51/2021, CNF n. 34/2021, CNF n. 24/2021, CNF n. 10/2021, CNF n. 250/2020, CNF n. 140/2020, CNF n. 202/2019, CNF n. 137/2019, CNF n. 318/2016, CNF n. 159/2016, CNF n. 140/2016, CNF n. 147/2015).

La richiesta di un compenso maggiore di quello preventivato per l’attività professionale
Costituisce violazione dell’art. 9 cdf (Doveri di probità, dignità, decoro e indipendenza) il comportamento dell’avvocato che richieda un compenso ulteriore rispetto all’importo indicato nel preventivo per quella medesima attività professionale (art. 27 cdf) (CNF n. 23/2024).

La mancata stipula della polizza professionale e l’omessa comunicazione dei relativi estremi alla parte assistita
Costituisce illecito disciplinare l’inosservanza dell’obbligo di stipulare una polizza assicurativa a copertura della responsabilità civile derivante dall’esercizio della professione (artt. 16 co 2 cdf, art. 709 cdf) e di rendere noti alla parte assistita i relativi estremi (art. 27, comma 5, cdf), salvo che tale ultima mancata comunicazione non derivi da errore giustificabile idoneo ad escludere l’elemento della volontarietà (CNF n. 88/2022, CNF n. 135/2021).

L’esercizio di attività processuale dopo la morte della parte
L’esercizio di attività processuale anche dopo la morte della parte ha natura eccezionale in quanto finalizzata ad evitare l’insorgere di eventuali pregiudizi in danno agli aventi causa e non può in ogni caso prescindere da una compiuta informativa a favore di questi ultimi, sicché non può fondarsi su iniziative personali ed assunte in totale autonomia dal difensore (CNF n. 245/2020).

L’avvocato sospeso dall’esercizio della professione deve necessariamente notiziare di ciò tanto l’assistito quanto l’organo giudicante con il quale si relazioni in ragione del mandato ricevuto, anche onde consentire all’assistito la miglior tutela dei propri diritti e interessi (CNF parere n. 32/2021, CNF n. 56/2020, CNF n. 190/2000).

Dovere di informazione: l’avvocato deve spiegare l’udienza al cliente, anche se questi era presente
Ai sensi dell’art. 27 cdf, l’avvocato deve fornire al cliente informazioni chiare, intellegibili ed esaustive, e tale dovere non viene meno sol perché relative ad eventi cui lo stesso cliente abbia personalmente partecipato (nella specie, un’udienza del processo) giacché, agli occhi di una persona non esperta del settore, le attività forensi sono comunque di difficile interpretazione, quantomeno in ordine alla loro portata ed ai loro effetti (CNF n. 179/2018).

L’obbligo di comunicare tempestivamente all’assistito l’avvenuta emissione della sentenza
Il dovere di correttezza e di diligenza, di cui il dovere di informazione esplicitamente previsto dall’art. 27 cdf è espressione, impone, anche al difensore d’ufficio, di comunicare tempestivamente all’assistito l’avvenuta emissione di una sentenza, tanto più se di condanna, mettendolo così in condizione di valutare l’opportunità e la convenienza di interporre appello, altrimenti preclusagli in radice, a prescindere dalla inesistenza delle condizioni per proporre un’utile impugnazione, circostanza questa che può rilevare sul diverso piano della responsabilità professionale al fine di escluderla, ma non fa venire meno il dovere deontologico di informazione al cui adempimento il professionista è in ogni caso tenuto (CNF n. 147/2015).

La mancata informazione al cliente è un illecito di natura permanente
La mancata informazione al cliente (art. 27 cdf) è un illecito che non si consuma e non si esaurisce istantaneamente, ma si protrae nel tempo fino a quando la prescritta comunicazione abbia luogo o fino quando il mandato conferito venga revocato o rinunciato, con tutto ciò che ne consegue in termini di decorso della prescrizione dell’azione disciplinare (art. 56 L. n. 247/2012). (CNF n. 340/2024, CNF n. 282/2024, CNF n. 127/2024, CNF n. 262/2023, CNF n. 262/2022, CNF n. 106/2022, CNF n. 55/2022, CNF n. 37/2014).

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