Codice deontologico ➡️ Titolo II – Rapporti con il cliente e la parte assistita (artt. 23 – 37) ➡️ Art. 28
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Il dovere di riserbo e segreto riguarda anche fatti già noti ai terzi
L’obbligo per l’avvocato di non divulgare informazioni conosciute in occasione dell’incarico professionale (art. 28 cdf) prescinde dall’eventuale conoscenza dei fatti da parte dei soggetti ai quali gli stessi vengono riferiti (nella specie, le controparti di un processo) (CNF n. 4/2024).

Il dovere di riserbo e segreto professionale riguarda anche le notizie, relative al cliente o alla parte assistita, provenienti dalla controparte
Il divieto sancito dall’art. 28 cdf non è circoscritto alle informazioni che l’avvocato conosce direttamente dal cliente e dalla parte assistita, bensì investe anche le informazioni, concernenti cliente e parte assistita, delle quali sia venuto a conoscenza in dipendenza del mandato, quindi pure quelle che l’avvocato apprenda dagli atti di difesa della propria controparte (Cass. n. 10852/2021).

La violazione del dovere di riserbo e segreto professionale dopo la cessazione dell’incarico
Anche dopo la cessazione dell’incarico per qualsiasi causa, l’avvocato è tenuto a mantenere il segreto ed il massimo riserbo sull’attività prestata e sulle informazioni di cui sia venuto a conoscenza in dipendenza del mandato ex art. 28 cdf, tanto nei confronti del cliente quanto della parte assistita (CNF n. 4/2024, CNF n. 227/2020, CNF n. 37/2020, CNF n. 395/2016).

Lo studio professionale deve garantire la riservatezza del cliente, quale esplicazione del decoro e della dignità che la funzione sociale della professione impone. Tale riservatezza, peraltro, non è rinunciabile da parte del cliente (CNF n. 39/2012).

Segreto

I presupposti del segreto e riserbo professionale
Il professionista è tenuto a mantenere il segreto ed il massimo riserbo sull’attività prestata e su tutte le informazioni che gli siano fornite dal cliente e dalla parte assistita, nonché su quelle delle quali sia venuto a conoscenza in dipendenza del mandato. Elementi del relativo illecito disciplinare sono quindi, da un lato, l’esistenza di un mandato professionale tra cliente e professionista e, dall’altro, che le notizie siano state riferite dal proprio assistito in funzione del mandato ricevuto (CNF n. 227/2020, CNF n. 60/2019, CNF n. 203/2016).

Segreto professionale e antiriciclaggio
L’avvocato sottoposto a controllo antiriciclaggio dalla GDF può legittimamente opporre il segreto professionale in relazione alla richiesta di acquisizione/esame dei fascicoli di studio. In questo caso gli operanti hanno l’obbligo di chiedere l’autorizzazione dell’AG per procedere in tal senso. Resta fermo il disposto di cui all’art 103 c.p.p. per le ipotesi particolari ivi previste (CNF parere n. 92/2014).

A tutela dei fondamentali doveri di segreto professionale e di fedeltà al cliente, l’iscrizione nel registro dei praticanti ovvero lo svolgimento della pratica forense è incompatibile con lo status di appartenente alle forze dell’ordine (CNF parere n. 87/2013).

L’avvocato del cliente poi fallito deve consegnare al curatore fallimentare la documentazione delle pratiche, con eccezione delle notizie inerenti a fatti “personalissimi” del cliente (ad es., separazione o divorzio) od a circostanze che potrebbero essere ritenute rilevanti in suo danno, sotto il profilo penale; ciò, in ossequio al dovere di riserbo e segreto professionale (art. 28 cdf) che trova tutela anche nell’ambito dell’azione penale (artt. 103 e 200 c.p.p.), salva espressa autorizzazione – magari scritta – del cliente (CNF parere n. 16/2018).

Il dovere di riservatezza riguarda il cliente, non la controparte
Il dovere di riservatezza dell’avvocato (art. 28 cdf) è posto esclusivamente a tutela della sfera privata del cliente o parte assistita e non anche di quella della controparte (Nel caso di specie, l’avvocato veniva sanzionato dall’ordine di appartenenza perché, in una controversia avente ad oggetto una separazione tra coniugi, aveva inviato una comunicazione “riservata-personale” al fax di studio della controparte, avvocato in proprio, con la conseguenza che i collaboratori dello studio che avevano potuto prendere visione del fax stesso. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha cassato la decisione disciplinare) (CNF n. 2/2020, CNF n. 84/2014)

Riserbo

L’avvocato non può esporre i propri clienti in vetrina
Lo studio professionale deve garantire la riservatezza del cliente, quale esplicazione del decoro e della dignità che la funzione sociale della professione impone, sicché, qualora l’ufficio si trovi a pian terreno sul fronte strada, porte e finestre devono essere schermati o riparati dalla vista dei passanti (CNF n. 37/2013, CNF n. 39/2012).

Decoro e riservatezza nell’incasso di somme dal cliente
Commette illecito disciplinare l’avvocato che intaschi il denaro corrispostogli dal cliente senza la dovuta riservatezza ovvero con modalità non consone allo stile ed al decoro della professione (Nella specie, il denaro veniva incassato per strada davanti al Tribunale). (CNF n. 57/2012).

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