Codice deontologico ➡️ Titolo II – Rapporti con il cliente e la parte assistita (artt. 23 – 37) ➡️ Art. 29
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L’avvocato del Condominio non può pretendere il pagamento integrale del proprio compenso da un singolo condomino
Vìola i doveri di probità, dignità, decoro, lealtà e correttezza l’avvocato che per l’attività professionale espletata in favore del Condominio richieda ad un singolo condomino il pagamento dell’intero compenso anziché pro quota, così compromettendo la fiducia dei terzi nella dignità della professione (CNF n. 223/2017).

A richiesta, l’avvocato deve fornire al cliente l’elenco dettagliato delle attività eseguite in esecuzione del mandato
Ai sensi dell’art. 29 co. 2 cdf, l’avvocato deve dettagliare al cliente, che ne faccia richiesta, la nota dettagliata delle prestazioni eseguite nell’espletamento del mandato, non essendo a tal fine sufficiente la generica indicazione di vaga attività professionale, a pena di sanzione disciplinare (CNF n. 230/2024).

Il mandato professionale si presume oneroso fino a prova contraria
Il mandato professionale si presume oneroso fino a prova contraria (art. 1709 cc), la quale non può tuttavia fondarsi sulle sole e mere dichiarazioni dell’esponente, non corroborate da altre risultanze istruttorie (Nel caso di specie, l’ex cliente aveva presentato un esposto contro il proprio avvocato, che gli aveva inviato una parcella per l’attività professionale svolta in suo favore). (CNF n. 143/2017).

Sinistri e transazione: il compenso percepito dall’assicurazione è satisfattivo (salvo accordo scritto col cliente)
In tema di transazione stragiudiziale sul risarcimento del danno, integra illecito disciplinare il comportamento dell’avvocato che, in assenza di accordo scritto sul compenso ex art. 2233 cod. civ., richieda al Cliente un compenso ulteriore rispetto a quanto già percepito direttamente dalla Compagnia assicuratrice (Nel caso di specie, l’ulteriore importo appariva manifestamente sproporzionato rispetto all’attività svolta. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha ritenuto congrua la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio della professione per mesi due). (CNF n. 386/2016).

Il diritto di rifiutare l’adempimento parziale va contemperato con i principi deontologici di lealtà e correttezza
Il diritto di rifiutare una prestazione parziale (art. 1181 c.c.) va contemperato con gli obblighi deontologici di lealtà e correttezza, di talché può assumere rilevanza disciplinare il comportamento dell’avvocato che rifiuti il pagamento parziale, quando risulti inutilmente vessatorio e non risponda ad effettive ed esplicitate ragioni di tutela di parte creditrice (CNF n. 146/2015).

Il compenso professionale mascherato dalla richiesta di spese vive al cliente
Viola il dovere di lealtà e correttezza il professionista che richieda al proprio Cliente il pagamento di una somma asserendo -contrariamente al vero- che questa sia necessaria per il pagamento di spese vive (Nella specie, trattavasi di “600 euro per marche da bollo”). (CNF n. 203/2012).

Il rifiuto di adempiere al mandato professionale in assenza di previo pagamento
Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante, perché lesivo del dovere di correttezza e diligenza propri della classe forense, l’avvocato che accetti il mandato e non lo esegua per mancato pagamento di un fondo spese (CNF n. 119/2012, CNF n. 23/2012)

Il compenso sproporzionato

Illecito richiedere un compenso sproporzionato e comunque eccessivo rispetto all’attività professionale svolta
L’avvocato che richieda un compenso manifestamente sproporzionato e comunque eccessivo rispetto all’attività professionale svolta, pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante perché lesivo del dovere di correttezza e probità (CNF n. 42/2023, CNF n. 206/2022, CNF n. 28/2022, CNF n. 215/2020, CNF n. 23/2018).
In particolare, il compenso può ritenersi sproporzionato od eccessivo ex art. 29 cdf solo al termine di un giudizio di relazione condotto con riferimento a due termini di comparazione, ossia l’attività espletata e la misura della sua remunerazione da ritenersi equa; solo una volta che sia stato quantificato l’importo ritenuto proporzionato può essere formulato il successivo giudizio di sproporzione o di eccessività che, come ovvio, presuppone che la somma richiesta superi notevolmente l’ammontare di quella ritenuta equa (CNF n. 42/2023, CNF n. 206/2022, CNF n. 125/2020, CNF n. 86/2020, CNF n. 56/2020, CNF n. 83/2019, CNF n. 223/2018, CNF n. 23/2018, CNF n. 14/2018, CNF n. 9/2018, CNF n. 241/2017, CNF n. 136/2017, CNF n. 79/2017, CNF n. 346/2016, CNF n. 87/2015, CNF n. 29/2014, CNF n. 17/2012).

La richiesta di compensi per prestazioni professionali non eseguite
Fatte salve le ipotesi di anticipi (ragguagliati alle spese sostenute e da sostenere) e di acconti sul compenso (commisurati alla quantità e complessità delle prestazioni richieste per l’espletamento dell’incarico) ex art. 29 co. 1 cdf, costituisce illecito deontologico il comportamento dell’avvocato che richieda un compenso per prestazioni professionali non eseguite, in tutto o in parte (CNF n. 296/2023, CNF n. 35/2022, CNF n. 8/2022).

Illecito addebitare al cliente attività professionale superflua
Costituisce illecito disciplinare, quantomeno sotto il profilo di cui all’art. 29 cdf in tema di compenso manifestamente sproporzionato rispetto all’attività professionale che sarebbe stata necessaria, il comportamento dell’avvocato che gravi economicamente il cliente di attività professionale palesemente superflua, ossia certamente evitabile mantenendo la qualità della prestazione professionale stessa con coscienza e diligenza ex art. 12 cdf (CNF n. 28/2022).

Sospensione disciplinare per l’avvocato che chieda un compenso quattro volte superiore a quello dovuto secondo i parametri
Il compenso può ritenersi sproporzionato od eccessivo ex art. 29 codice deontologico (già art. 43 codice previgente) solo al termine di un giudizio di relazione condotto con riferimento a due termini di comparazione, ossia l’attività espletata e la misura della sua remunerazione da ritenersi equa; solo una volta che sia stato quantificato l’importo ritenuto proporzionato può essere formulato il successivo giudizio di sproporzione o di eccessività che, come ovvio, presuppone che la somma richiesta superi notevolmente l’ammontare di quella ritenuta equa (Nel caso di specie, l’importo richiesto risultava quattro volte superiore al compenso massimo determinato secondo le tariffe professionali vigenti. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha ritenuto congrua la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio della professione per mesi due) (CNF n. 127/2020).

Compenso professionale: l’ingiustificata applicazione dei massimi è deontologicamente rilevante
Richiedere il pagamento degli onorari nella misura massima per un’attività professionale che non abbia in realtà comportato difficoltà di sorta costituisce illecito deontologico, per violazione dell’art. 29 cdf (CNF n. 209/2018).

La richiesta di compensi superiori a quelli previsti dai parametri
La richiesta di compensi superiori a quelli tariffari è ammissibile, quando trovi corrispondenza nella particolare natura dei fatti e nella complessità delle questioni giuridiche da affrontarsi, dovendo infatti ritenersi deontologicamente rilevante pattuire, proporre, richiedere, pretendere un pagamento che non trovi corrispondenza nella particolare natura dei fatti e nell’attività svolta, e che non costituisca nemmeno un giusto premio per l’impegno profuso, magari in misura superiore a quanto previsto dalla tariffa ma sempre giustificato, poiché deve trattarsi, in ogni ipotesi, sempre di un giusto compenso e non di una ingiusta locupletazione a danno del cliente (CNF n. 29/2014).

Compenso eccessivo: l’attività non conteggiata in parcella non scrimina la condotta
La rilevanza deontologica della richiesta di compenso eccessivo (art. 29 cdf), non viene meno qualora l’importo stesso appaia congruo ove si conteggi anche l’ulteriore attività professionale, successiva alla parcella stessa e da questa non contemplata (CNF n. 44/2016).

Anche l’accordo sul compenso (e non solo la richiesta unilaterale) deve rispettare il criterio di proporzionalità
V. giurisprudenza sub art. 25 cdf.

La nuova parcella di maggior importo

La riserva di maggiorare l’importo della parcella in caso di mancato spontaneo pagamento
Vìola l’art. 29 cdf l’avvocato che, a causa del mancato spontaneo pagamento delle competenze professionali e senza averne fatto espressa riserva, richieda con una successiva comunicazione un compenso maggiore di quello già indicato in precedenza (CNF n. 42/2023, CNF n. 36/2023, CNF n. 11/2023, CNF n. 129/2021, CNF n. 90/2021, CNF n. 226/2018, CNF n. 145/2018, CNF n. 241/2017, CNF n. 178/2017, CNF n. 68/2017, CNF n. 13/2017, CNF n. 39/2016, CNF n. 203/2014, CNF n. 94/2013).

In caso di mancato spontaneo pagamento da parte del cliente, l’avvocato può richiedere un compenso maggiore di quello previamente indicatogli solo ove ne abbia fatto espressa riserva (art. 29 co. 5 cdf), la quale, per poter valere come tale, deve contenere la chiara ed espressa previsione di una maggiorazione dell’importo in mancanza di tempestivo integrale pagamento della somma richiesta (CNF n. 42/2023, CNF n. 36/2023, CNF n. 129/2021, CNF n. 90/2021, CNF n. 226/2018, CNF n. 145/2018, CNF n. 241/2017, CNF n. 178/2017, CNF n. 13/2017, CNF n. 39/2016, CNF n. 203/2014, CNF n. 94/2013, CNF n. 79/2009). Conseguentemente, non sono a tal fine idonee frasi equivoche o generiche, come nel caso in cui l’invio della parcella fosse accompagnato dall’avviso che, in caso di mancato pagamento, ci sarebbe un ”aggravio di ulteriori costi” (CNF n. 11/2023).

Patrocinio a spese dello Stato

Illecito richiedere compensi al cliente ammesso al patrocinio a spese dello Stato
Costituisce illecito disciplinare il comportamento dell’avvocato che, in violazione dell’art. 85 DPR n. 115/2002, richieda un compenso al cliente ammesso al patrocinio a spese dello Stato, a nulla rilevando in contrario la circostanza che, quantomeno per colpa, il professionista non fosse a conoscenza dell’ammissione al beneficio stesso così come l’eventuale successiva revoca del beneficio (CNF n. 157/2021, CNF n. 136/2019, CNF n. 240/2017, CNF n. 150/2017, CNF n. 207/2015, CNF n. 43/2013).

Gratuito patrocinio e compenso per l’attività stragiudiziale non propedeutica ad un instaurando giudizio
E’ legittima la richiesta di compenso direttamente al cliente da parte dell’avvocato per l’attività stragiudiziale prestata, ancorché in presenza dei presupposti soggettivi ed oggettivi per una sua ammissione al patrocinio a spese dello Stato, posto che, in forza della disciplina posta dal D.P.R. n. 115/02, l’attività professionale di natura stragiudiziale che non sia propedeutica ad un instaurando giudizio non può essere richiesta allo Stato, ma resta a carico del cliente nel cui interesse è svolta (CNF n. 254/2017).

Sull’obbligo di fatturazione

L’omessa o tardiva fatturazione di compensi percepiti
L’avvocato ha l’obbligo, sanzionato dagli artt. 16 e 29 codice deontologico, di emettere fattura tempestivamente e contestualmente alla riscossione dei compensi, restando irrilevante l’eventuale ritardo nell’adempimento in parola, non preso in considerazione dal codice deontologico (CNF n. 233/2024, Cass. n. 16252/2023, CNF n. 273/2023, CNF n. 230/2023, CNF n. 262/2022, CNF n. 255/2022, CNF n. 106/2022, CNF n. 84/2022, CNF n. 71/2022, CNF n. 66/2022, CNF n. 43/2022, CNF n. 210/2021, CNF n. 81/2021, CNF n. 47/2020).
Peraltro, fatta salva la possibilità di valutazione ai fini di attenuazione della sanzione, l’illecito in parola non è neppure scriminato dal c.d. “ravvedimento operoso” (CNF n. 219/2024, CNF n. 186/2020, CNF n. 16/2019) né dall’adesione dell’incolpato all’eventuale condono fiscale, salvo espressa previsione normativa in tal senso (CNF n. 113/2017).

L’omessa fatturazione vìola il principio di solidarietà e lede l’immagine dell’intera classe forense
L’obbligo (anche) deontologico di fatturazione (artt. 16 e 29 cdf) costituisce espressione dei doveri di solidarietà e correttezza fiscale, cui l’avvocato è tenuto, non soltanto in funzione della giusta redistribuzione degli oneri, ma anche a tutela della propria immagine e, più in generale, della credibilità della classe forense. Infatti, il dovere di lealtà e correttezza fiscale nell’esercizio della professione è un canone generale dell’agire di ogni avvocato, che mira a tutelare l’affidamento che la collettività ripone nell’avvocato stesso quale professionista leale e corretto in ogni ambito della propria attività (Cass. n. 16252/2023, CNF n. 255/2022, CNF n. 86/2014).

L’avvocato ha l’obbligo di emettere la fattura anche se non richiesta dal cliente
L’avvocato ha l’obbligo, sanzionato dagli artt. 16 e 29 codice deontologico, di emettere fattura tempestivamente e contestualmente alla riscossione dei compensi, restando irrilevante l’eventuale ritardo nell’adempimento in parola, non preso in considerazione dal codice deontologico. Qui non trova infatti applicazione l’art. 22 D.P.R. n. 633/1972 o “Testo Unico Iva”, che, nell’escludere l’obbligatorietà dall’emissione della fattura laddove quest’ultima non sia stata “richiesta dal cliente”, si riferisce ad operazioni relative al “Commercio al minuto” tra le quali non è annoverata l’opera professionale prestata dall’avvocato, per il quale, invece, l’obbligo di fatturazione discende dall’art. 21 del succitato D.p.r. e va assolto all’atto del pagamento del corrispettivo – quando, cioè, la sua prestazione professionale si considera “effettuata” (ex art. 6 del T.U. cit.). (CNF n. 255/2022).

La richiesta di pagamento del compenso in contanti
Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l’avvocato che richieda il pagamento in contanti del proprio onorario ammontante a diverse migliaia di euro, costituendo tale modalità un’evidente istigazione ad un illecito fiscale ed al conseguimento di un ingiusto vantaggio economico, dando luogo ad un fenomeno di evasione, suscitando nel cliente (ed inevitabilmente, anche più ampiamente, nei terzi in genere) un’immagine negativa dell’Avvocatura, ponendo in essere comportamenti violativi non solo di norme di legge, ma anche di elementari doveri di solidarietà sociale quale è quello della contribuzione fiscale, ledendo quindi l’immagine ed il decoro dell’intera classe forense (Nella specie, il professionista aveva richiesto il pagamento del compenso, pari ad euro 40mila, in banconote di 500 Euro). (CNF n. 160/2012).

La richiesta di pagamento del compenso mediante assegni intestati a terzi
E’ contrario a dignità e decoro della professione forense che si induca, o anche solo si accetti, che i propri compensi vengano corrisposti -mediante intestazione dei relativi assegni- ad una persona terza, foss’anche la stessa propria convivente, con ciò mostrando di voler eludere gli obblighi di fatturazione e accreditando l’immagine di un avvocato intenzionato a praticare evasione fiscale (CNF n. 196/2012).

Anche l’importo corrisposto a titolo di palmario soggiace agli obblighi fiscali e di fatturazione
Il cd. “palmario” costituisce una componente aggiuntiva del compenso riconosciuta dal cliente all’avvocato in caso di esito favorevole della lite, a titolo di premio o di compenso straordinario per l’importanza e la difficoltà della prestazione professionale, e come tale è soggetto agli obblighi fiscali previsti dalla legge ed al relativo obbligo di fatturazione, la cui inosservanza integra illecito disciplinare per violazione degli artt. 16 e 29, comma 3, del codice deontologico forense (Cass. n. 16252/2023, CNF n. 255/2022).

Fedeltà fiscale dell’avvocato e potere ispettivo del COA
I COA hanno il potere di vigilanza e di controllo ai fini dell’accertamento della fedeltà fiscale dell’avvocato, ragion per cui la verifica della emissione e della tempestiva emissione della regolare fattura rientra nei poteri naturali dei Consigli dell’Ordine (Nella specie, l’incolpato aveva eccepito che tale potere ispettivo fosse rimesso invece all’Agenzia delle Entrate o alla GDF. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha rigettato l’eccezione). (CNF n. 96/2013).

Violazione del dovere di adempimento fiscale: la mancata emissione di fatture a causa della (asserita) dimenticanza della segretaria
L’addebito a dimenticanza della segretaria della omessa fatturazione (artt. 16 e 29 cdf) non muta la valutazione disciplinarmente rilevante del comportamento dell’avvocato come lesivo del dovere di vigilanza e di diligenza, cui è tenuto l’esercente la professione legale su collaboratori e dipendenti del proprio studio (art. 7 cdf). (CNF n. 219/2024, CNF n. 212/2011).

Prescrizione dell’illecito

L’omessa fatturazione di compensi percepiti costituisce illecito deontologico permanente
L’avvocato ha l’obbligo, sanzionato dagli artt. 16 e 29 codice deontologico (già art. 15 cod. prev.), di emettere fattura tempestivamente e contestualmente alla riscossione dei compensi, restando irrilevante l’eventuale ritardo nell’adempimento in parola, non preso in considerazione dal codice deontologico. In particolare, la violazione di tale obbligo costituisce illecito permanente, sicché la decorrenza del termine prescrizionale ha inizio dalla data della cessazione della condotta omissiva (CNF n. 219/2024, Cass. n. 10085/2023).

La percezione di compensi sproporzionati costituisce illecito deontologico istantaneo
La percezione di compensi sproporzionati rispetto all’attività difensiva effettivamente espletata (art. 29 cdf) costituisce un illecito disciplinare di carattere istantaneo, per il quale il dies a quo del termine prescrizionale dell’azione disciplinare va individuato nel momento dell’avvenuto pagamento dei compensi spropositati (CNF n. 66/2022).

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