Codice deontologico ➡️ Titolo I – Principi generali (artt. 1 – 22) ➡️ Art. 3 | |
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L’avvocato italiano all’estero.
In tema di responsabilità disciplinare, non esiste “extraterritorialità deontologica”. Infatti nell’esercizio di attività professionale all’estero, l’avvocato italiano deve rispettare il codice deontologico interno nonché quello del paese in cui viene svolta l’attività (art. 3 cdf), giacché la violazione di doveri fondamentali per l’esercizio della professione forense non perde o acquista connotazione e rilevanza negativa sotto il profilo deontologico in ragione del locus commissi delicti (Cass. n. 25627/2016, CNF n. 202/2015).
L’avvocato straniero in Italia.
L’avvocato cittadino di uno Stato membro dell’Unione europea (o cittadino di uno Stato aderente all’accordo sullo Spazio economico europeo) può esercitare l’attività professionale in Italia in modo permanente oppure temporaneo, purché in possesso di un valido1 titolo professionale nello Stato di origine o appartenenza (indipendentemente dal fatto che il titolo medesimo sia stato direttamente acquisito nel suddetto Stato, o ivi riconosciuto e/o omologato) di livello equiparato a quello nazionale (CNF n. 239/2024, CNF parere n. 44/2023, CNF parere n. 47/2011, CNF parere n. 31/2016, CNF parere n. 17/2009).
Agli avvocati comunitari sono equiparati gli avvocati cittadini di un altro Stato comunque aderente all’accordo sullo Spazio economico europeo, come ad esempio Malta (CNF parere n. 14/2010), la Confederazione svizzera (CNF n. 19/2013), lo Stato Città del Vaticano (CNF parere n. 10/2016).
Invece, poiché a partire dal primo gennaio 2021 il Regno Unito non è più un Paese membro dell’Unione Europea (c.d. Brexit), non sussiste più il presupposto per l’esercizio del diritto di stabilimento ai sensi della direttiva 98/5/CE, tanto che i cittadini inglesi sono cancellati dall’albo speciale degli avvocati stabiliti (CNF n. 191/2023, CNF parere n. 29/2022) nonché dal registro praticanti se la laurea conseguita in Inghilterra non sia omologata in UE (CNF parere n. 30/2021).
L’avvocato extracomunitario (né cittadino di uno Stato aderente all’accordo sullo Spazio economico europeo) in regola con il visto di ingresso ed il permesso di soggiorno può esercitare la professione forense in Italia, previa iscrizione all’albo ordinario ai sensi dell’art. 17 co. 2 L. n. 247/2012 (CNF parere n. 59/2012), quindi previamente ottenendo in via alternativa:
1) l’abilitazione professionale in Italia o in un altro Stato membro dell’Unione europea (lett. a, art. 17 co. 2 L. n. 247/2012 cit.);
2) il riconoscimento del proprio titolo professionale da parte del Ministero della Giustizia, previo superamento di una prova attitudinale (lett. b, art. 17 co. 2 L. n. 247/2012 cit.)
L’avvocato permanente.
L’avvocato comunitario (o cittadino di uno Stato aderente all’accordo sullo Spazio economico europeo), munito di un titolo professionale equivalente a quello di avvocato conseguito in un Paese membro dell’Unione europea, può esercitare l’attività forense in Italia in modo permanente, in due modi: 1) come Avvocato Riconosciuto oppure 2) come Avvocato Stabilito/Integrato (CNF n. 113/2015, CNF parere n. 22/2010).
L’avvocato riconosciuto.
Analogamente a quanto previsto dall’art. 17 co. 2 lett. b) L. n. 247/2012 per gli avvocati extracomunitari, l’avvocato comunitario (o cittadino di uno Stato aderente all’accordo sullo Spazio economico europeo) può chiedere al Ministero della giustizia l’immediato riconoscimento del proprio titolo professionale, previo superamento di un’apposita prova attitudinale, ai sensi del D.Lgs. n. 206/2007 (emanato in attuazione della direttiva 2005/36/CE e della direttiva 2006/100/CE).
Originariamente, la prova attitudinale era disciplinata dall’art. 8 D.Lgs. n. 115/1992, successivamente abrogato dall’art. 60 D.Lgs. n. 206/2007 (comma 2), il quale ha altresì previsto (commi 3 e 4) che ogni rinvio normativo fatto al predetto decreto legislativo abrogato si intende ora fatto alle corrispondenti disposizioni del nuovo decreto e, nella specie, all’art. 22 D.Lgs. n. 206/2007, che prevede espressamente la prova attitudinale per la professione di avvocato (comma 2) e all’art. 23 D.Lgs. n. 206/2007, secondo cui la prova attitudinale si articola in una prova scritta o pratica e orale, che in caso di mancato superamento può essere ritentata non prima dei successivi sei mesi (comma 2).
L’avvocato stabilito.
L’avvocato comunitario (o cittadino di uno Stato aderente all’accordo sullo Spazio economico europeo) può chiedere di essere iscritto nella sezione speciale dell’albo degli Avvocati Stabiliti, ai sensi del D.Lgs. n. 96/2001 (attuativo della direttiva n. 98/5/CE).
In particolare, gli avvocati stabiliti sono iscritti nell’omonima sezione speciale dell’albo ordinario (art. 3 D.Lgs. n. 96/2001), “costituito nella circoscrizione del tribunale in cui hanno fissato stabilmente la loro residenza o il loro domicilio professionale” (art. 6 D.Lgs. n. 96/2001). Pertanto, il COA competente a ricevere la domanda di iscrizione dell’Avvocato Stabilito è quello del suo domicilio professionale, che infatti è un requisito anche per l’iscrizione all’albo speciale (CNF n. 33/2023, CNF n. 37/2021); peraltro, l’Avvocato Stabilito può avere uno o più domicili, in aggiunta al primo, nei quali esercitare la professione alle condizioni prescritte dalla legge (CNF parere n. 104/2014).
L’iscrizione all’albo speciale.
Al fine dell’iscrizione dell’Avvocato Stabilito nell’omonimo elenco speciale dell’albo, oltre ai requisiti della cittadinanza europea o equiparata e del titolo professionale equivalente (che devono essere comprovati dall’avvocato straniero: CNF n. 250/2021), il COA verifica:
1) che il titolo di origine sia valido (CNF parere n. 42/2019, CNF parere n. 41/2019), ma senza sindacare il potere e le modalità di iscrizione nell’albo legittimamente avvenuta secondo le leggi del Paese membro di provenienza (CNF parere n. 78/2015);
2) che sussistano le condizioni previste dall’art. 17 co. 1 L. n. 247/2012, le quali si applicano, in via generale, all’iscrizione “nell’albo”, ivi comprese le sue sezioni speciali in virtù di una parità di trattamento con il cittadino italiano, cui appunto l’iscrizione stessa sarebbe negata ove si trovasse nelle medesime condizioni dell’avvocato stabilito, la cui domanda pertanto configurerebbe perciostesso “abuso del diritto” (CNF parere n. 7/2022, Cass. n. 3706/2019, Cass. n. 15694/2015, CNF n. 15/2015, CNF n. 14/2015; contra, Cass. n. 4252/2016, secondo cui l’iscrizione alla sezione speciale dell’albo è subordinata alla sola verifica del possesso di un titolo equivalente a quello di avvocato conseguito in un Paese membro dell’Unione europea ex art. 6 co. 2 D.Lgs. n. 96/2001 sicché il COA non può opporre la mancanza di diversi requisiti – segnatamente quello della condotta irreprensibile ex art. 17 L. n. 247/2012 – prescritti dall’ordinamento forense nazionale, salvo il caso in cui la condotta del richiedente possa essere qualificata come abuso del diritto: la sussistenza del requisito di onorabilità va tuttavia verificata nel momento in cui l’avvocato stabilito chieda l’iscrizione all’albo degli avvocati, dopo un triennio di effettivo svolgimento della professione in Italia con il titolo acquisito in altro Stato membro);
3) che non sussistano incompatibilità ai sensi dell’art. 18 L. n. 247/2012, come stabilito dall’art. 5 co. 2 D.Lgs. n. 96/2001 (CNF n. 200/2020, CNF n. 12/2015), ivi compreso il lavoro subordinato svolto all’estero (CNF parere n. 59/2018).
Tali verifiche da parte del COA devono essere effettuate anche nel caso in cui l’iscrizione avvenga a seguito di trasferimento da altro COA. Infatti, la fattispecie del trasferimento dell’iscritto da un Ordine all’altro consta di due procedimenti autonomi, seppur collegati tra loro, vale a dire la cancellazione dell’iscritto dall’Albo tenuto dall’Ordine di provenienza e l’iscrizione al nuovo Ordine: l’autonomia del procedimento di iscrizione nell’Albo dell’Ordine di destinazione impone a detto Ordine – anche in virtù dei poteri ad esso istituzionalmente attribuiti in tema di tenuta dell’Albo – di verificare la sussistenza in capo all’istante dei requisiti per l’iscrizione (CNF n. 53/2013).
Al momento dell’iscrizione nell’omonimo albo speciale, gli avvocati stabiliti non sono tenuti a pronunciare l’impegno solenne di cui all’art. 8 L. n. 247/2012, che è invece richiesto per l’eventuale successiva loro iscrizione all’albo ordinario come avvocati integrati (CNF parere n. 34/2016).
L’avvocato stabilito può rimanere iscritto nell’omonimo albo speciale senza limiti temporali, giacché non è obbligatorio che, dopo tre anni, si iscriva nell’albo ordinario come avvocato integrato, a pena di cancellazione (CNF parere n. 77/2015).
Peraltro, l’avvocato stabilito è iscritto in due diversi albi: quello speciale in Italia e quello del Paese di provenienza (Cass. n. 3706/2019). Inoltre, l’avvocato stabilito può essere iscritto contemporaneamente, oltre che nell’omonimo albo speciale, anche nel registro praticanti (ad es., al fine di ottenere il certificato di compiuta pratica necessario per l’esame di abilitazione professionale forense) (CNF parere n. 51/2019, CNF parere n. 3/2013), purché entrambi tenuti dallo stesso COA (CNF parere n. 28/2014).
Dopo l’iscrizione, l’avvocato stabilito deve presentare al Consiglio dell’ordine competente, con cadenza annuale, un attestato di iscrizione all’organizzazione professionale di appartenenza, o una dichiarazione sostitutiva di data non anteriore a tre mesi (art. 6 co. 10 D.Lgs. n. 96/2001) (Cass. n. 3706/2019, CNF parere n. 3/2013).
Il rigetto della domanda di iscrizione.
In difetto dei presupposti di cui al paragrafo precedente, il COA rigetta la domanda di iscrizione nell’albo speciale degli avvocati stabiliti. Tale provvedimento, tuttavia, non può essere pronunciato se non dopo aver sentito l’interessato (art. 6 D.Lgs. 96/2001), quand’anche non ne abbia fatto richiesta (cfr. art. 17 co. 12 L. 247/2012), a pena di invalidità della decisione stessa per error in procedendo, cioè a prescindere dalla sua eventuale fondatezza nel merito; tuttavia, il predetto obbligo di audizione è soddisfatto con la semplice convocazione, non essendo altresì necessario che l’audizione stessa debba essere effettuata in concreto anche ove l’interessato non si presenti (CNF n. 206/2017, CNF n. 27/2017, CNF n. 75/2015, CNF n. 72/2015, CNF n. 29/2015, CNF n. 11/2015).
Ove il Consiglio dell’Ordine si avvalga della facoltà di non pronunciarsi sulla domanda di iscrizione all’Albo speciale degli Avvocati stabiliti, l’interessato può chiedere al Consiglio Nazionale Forense di decidere sul merito dell’iscrizione stessa entro 10 giorni dalla scadenza del termine di 30 giorni (art. 6 co. 8 D.Lgs. n. 96/2001), escluso in ogni caso il risarcimento dell’asserito danno, stante la liceità del predetto silenzio (CNF n. 190/2016, CNF parere n. 32/2012, CNF n. 179/2011, CNF n. 179/2008). Peraltro, l’istituto del silenzio-assenso non opera con riferimento al procedimento di iscrizione nella Sezione speciale dell’Albo degli Avvocati Stabiliti, sia per espressa esclusione normativa (art. 45 co. 7 D.Lgs. n. 59/2010), sia per l’espresso rimedio di adire il CNF avverso l’inerzia del COA (art. 6 co. 8 D.Lgs. n. 96/2001); peraltro, il provvedimento espresso di rigetto da parte del COA, comunque intervenuto, sarebbe senz’altro preclusivo alla formazione del silenzio assenso, a nulla rilevando che il provvedimento reiettivo stesso sia “comunicato” all’interessato dopo la scadenza del termine entro cui provvedere sulla domanda di iscrizione (CNF n. 27/2017, CNF n. 113/2015).
La cancellazione dall’albo speciale.
Durante il periodo di stabilimento, il COA verifica unicamente il permanere dei requisiti per l’iscrizione nella Sezione speciale, come previsti dal D.Lgs. n. 96/2001. Invece, altre circostanze (ad esempio, quelle attinenti allo svolgimento dell’attività professionale, nonché alla continuatività della stessa, alla mancanza o sospensione dell’attività professionale) potranno essere verificate e valutate, unicamente al termine del triennio ed ai fini della decisione sulla successiva domanda d’integrazione nell’Albo degli Avvocati, dovendosi escludere che le stesse circostanze possano dar luogo alla revoca dell’iscrizione, permanendo in ogni caso, in presenza dei requisiti di legge, il diritto dell’Avvocato proveniente da Paese membro dell’Unione Europea a rimanere iscritto nella sezione speciale dell’Albo (CNF n. 47/2016, CNF n. 72/2015, CNF n. 41/2014).
Pertanto, se, dopo l’iscrizione nell’albo speciale, l’Avvocato Stabilito sia cancellato dall’albo nel Paese di provenienza, il competente Consiglio dell’Ordine degli Avvocati è tenuto a disporre la cancellazione della suddetta iscrizione, conformemente all’art. 7 co. 5 Direttiva 98/5/CE, secondo cui “la revoca temporanea o definitiva dell’abilitazione all’esercizio della professione disposta dall’autorità competente dello Stato membro di origine comporta automaticamente, per l’avvocato che ne è oggetto, il divieto temporaneo o definitivo di esercitare con il proprio titolo professionale di origine nello Stato membro ospitante” (Cass. n. 16255/2023).
Inoltre, qualora emerga la mancanza (originaria o sopravvenuta) di uno degli altri requisiti per l’iscrizione nell’albo speciale stessa, il COA avvia il procedimento di cancellazione, che può avvenire in ogni tempo giacché l’iscrizione non è idonea a consolidarsi come diritto quesito (Cass. n. 16255/2023, CNF n. 200/2022, CNF n. 13/2021, CNF n. 233/2020, CNF n. 212/2020, CNF n. 176/2020, Cass. n. 34446/2019, Cass. n. 34445/2019, Cass. n. 34443/2019, Cass. n. 34442/2019, Cass. n. 34441/2019, Cass. n. 34440/2019, Cass. n. 34439/2019, CNF n. 179/2019, CNF n. 178/2019, CNF n. 123/2019, CNF n. 54/2019, CNF n. 11/2019, CNF n. 10/2019)2, e senza dover coinvolgere nell’istruttoria l’Autorità straniera che ha rilasciato il titolo abilitante, giacché l’art. 11 D.Lgs. n. 96/2001 (secondo cui, prima di avviare un procedimento disciplinare nei confronti dell’avvocato stabilito, il Consiglio territoriale ne dà comunicazione alla competente organizzazione professionale dello Stato membro di origine) non si applica ai procedimenti relativi alla tenuta degli albi, non essendovi previsioni in tal senso, né con riferimento all’iscrizione, né alla cancellazione (CNF n. 223/2021, CNF n. 212/2018).
La dichiarazione d’intesa.
Nell’esercizio delle attività relative alla rappresentanza, assistenza e difesa in giudizio, l’avvocato stabilito deve agire di intesa con un professionista abilitato ad esercitare la professione con il titolo di avvocato ai sensi dell’art. 8 D.Lgs. n. 96/2001, che deve ritenersi costituzionalmente legittimo nonché coerente con il contesto normativo sovranazionale, secondo i principi espressi dalla Corte di giustizia, in considerazione dell’obiettivo della buona amministrazione della giustizia (Cass. n. 5306/2024).
Ai sensi dell’art. 8 D.Lgs. n. 96/2001 cit., tale intesa deve risultare da scrittura privata autenticata o da dichiarazione resa da entrambi gli avvocati al giudice adito, anteriormente alla costituzione della parte rappresentata ovvero al primo atto di difesa dell’assistito a cui deve essere allegata (Cass. n. 2068/2024), posto che la eventuale dichiarazione di intesa successiva all’attività espletata dall’avvocato stabilito non ha efficacia sanante (CNF n. 239/2024, CNF parere n. 9/2017).
Tuttavia, non è necessario che essa sia depositata altresì presso il COA in via preventiva, né tantomeno in sede di iscrizione nell’albo speciale, giacché non può ammettersi un atto di intesa preventiva, a carattere generale ed indifferenziato, poiché esso comporterebbe di fatto per l’avvocato stabilito (ed affiancato) una piena abilitazione sottraendolo al controllo dell’avvocato “affiancante” il quale non potrà, quindi, essere indicato in una dichiarazione d’intesa che non sia specificatamente riferita alla singola controversia trattata (CNF parere n. 37/2021, CNF n. 107/2020, CNF parere n. 10/2017, CNF n. 258/2016, CNF parere n. 103/2016, CNF n. 72/2015, CNF parere n. 68/2014, CNF parere n. 53/2013, CNF parere n. 31/2012).
Inoltre, all’avvocato che agisce di intesa con l’avvocato stabilito deve essere necessariamente conferita procura alle liti, venendo altrimenti meno l’agire d’intesa richiesto dalla norma (CNF n. 209/2019, CNF n. 228/2018). Tant’è vero che, in assenza di una esplicita dichiarazione di intesa, questa può essere implicitamente desunta dalla presenza di un mandato congiunto (e dunque che non preveda attribuzione di facoltà disgiunte) all’avvocato stabilito e al collega iscritto nell’Albo ordinario (CNF parere n. 49/2020).
Non è necessario che l’avvocato affiancante sia iscritto nell’albo tenuto dallo stesso COA che tiene anche l’albo speciale in cui sia iscritto l’Avvocato Stabilito con cui agisce d’intesa (CNF parere n. 42/2014), né è necessaria la sua compresenza fisica avanti l’Autorità giudiziaria allorquando l’Avvocato stabilito eserciti la professione, quindi non è obbligato a presenziare, ovvero assistere alle udienze alle quali l’avvocato stabilito partecipa (CNF parere n. 9/2012). Infine, non essendo posti limiti dalla legge al numero di avvocati stabiliti con i quali un avvocato italiano possa “agire d’intesa” (a differenza di quel che avviene, ad esempio, in ordine al numero dei praticanti), questi ne può assistere un numero indefinito (CNF parere n. 10/2017, CNF parere n. 77/2015, CNF parere n. 42/2014, CNF parere n. 3/2013).
La dichiarazione d’intesa può essere con un avvocato del libero foro nonché con un avvocato di un ente pubblico e in tal caso anche per l’avvocato stabilito valgono le eccezioni alle incompatibilità ex art. 23 L. n. 247/2012 sicché può essere iscritto all’elenco speciale pur essendo alle dipendenze dell’ente pubblico stesso, ma l’esercizio della professione è limitato alle cause ed affari inerenti l’ufficio al quale è addetto (CNF n. 161/2022, CNF parere n. 103/2016, CNF parere n. 41/2012, CNF parere n. 111/2015, CNF n. 156/2008).
In ogni caso, la dichiarazione d’intesa dell’avvocato stabilito è necessaria solamente nell’ipotesi di prestazioni giudiziali, e non nelle ipotesi di prestazioni stragiudiziali per espressa previsione normativa (art. 10 D.Lgs. n. 96/2001) (CNF n. 240/2021, CNF parere n. 96/2015, CNF parere n. 68/2014).
Pertanto, l’avvocato stabilito può assistere uno dei coniugi in un procedimento di negoziazione assistita finalizzato alla separazione, ovvero alla cessazione degli effetti civili, o allo scioglimento del matrimonio, senza l’assistenza di un Collega iscritto all’albo ordinario, trattandosi di procedimento stragiudiziale; ove l’accordo non fosse ritenuto rispondente all’interesse dei figli, l’avvocato stabilito dovrà invece essere affiancato da un Collega iscritto all’albo ordinario, per la successiva fase avanti il Presidente del Tribunale, acquistando la medesima carattere giudiziale (CNF parere n. 115/2015).
L’attività professionale dell’avvocato stabilito.
Nell’esercizio della professione, l’avvocato stabilito è tenuto a fare uso del titolo professionale di origine, indicato per intero nella lingua o in una delle lingue ufficiali dello Stato membro di origine, in modo comprensibile e tale da evitare confusione con il titolo di avvocato (art. 7 D.Lgs. n. 96/2001).
Pertanto, è illecito l’uso del titolo di “Avvocato” (Cass. n. 5306/2024, CNF n. 239/2022, CNF n. 238/2021, Cass. n. 3706/2019), quand’anche quale (pretesa) traduzione del titolo professionale di provenienza (CNF n. 146/2019).e della dicitura “Studio Legale” nella propria corrispondenza (CNF n. 164/2022), nonché l’uso di abbreviazioni equivoche, come ad esempio: “Avv.” (CNF n. 273/2023, CNF n. 18/2023, CNF n. 238/2021, CNF n. 114/2015), “Av.” per “Avogado” (Cass. n. 17563/2019, CNF n. 104/2018), “Av. S.” o “Av. Stab.“per “Avvocato Stabilito” (CNF n. 18/2023, CNF n. 115/2014). Tali abbreviazioni non sono consentite neppure nell’indirizzo email o pec (CNF parere n. 72/2014).
Inoltre, in via rafforzativa, l’avvocato stabilito è tenuto ad aggiungere l’iscrizione presso l’organizzazione professionale ovvero la denominazione della giurisdizione presso la quale è ammesso a patrocinare nello Stato membro di origine (Cass. n. 2068/2024).
L’avvocato stabilito non può essere inserito nell’elenco dei difensori d’ufficio ex art. 97 c.p.p. (CNF parere n. 30/2016, CNF parere n. 27/2014, CNF parere n. 61/2012), né nelle liste del patrocinio a spese dello Stato (c.d. gratuito patrocinio) (CNF parere n. 116/2014, CNF parere n. 39/2014, CNF parere n. 27/2014), né nell’elenco di cui all’art. 179 ter disp.att. c.p.c. per assumere l’incarico di professionista delegato alle vendite mobiliari od immobiliari (CNF n. 86/2018).
Invece, può avvalersi della facoltà di notificazione in proprio ex L. n. 53/1994 (CNF parere n. 27/2014, CNF parere n. 33/2012, CNF parere n. 97/2011, CNF n. 105/2008), ha pieno diritto di elettorato attivo e passivo nelle elezioni dei Consigli degli Ordini (CNF n. 71/2014), e può costituire una associazione professionale con un avvocato iscritto all’albo ordinario (CNF parere n. 32/2017).
L’avvocato stabilito è soggetto all’obbligo formativo (art. 5 co. 4 D.Lgs. n. 96/2001) (Cass. n. 3706/2019, CNF parere n. 3/2013).
L’Avvocato Stabilito può essere nominato sostituto processuale ai sensi degli artt. 97 co. 4 c.p.p. e 102 c.p.p. da parte di avvocato con il quale abbia dichiarato d’agire d’intesa (CNF parere n. 3/2013). Invece, all’avvocato stabilito non è consentita una attività di mera sostituzione di udienza da parte di avvocati estranei alla dichiarazione d’intesa (CNF parere n. 9/2017).
L’avvocato stabilito non può difendersi in proprio davanti al CNF nei procedimenti disciplinari, poiché sprovvisto del necessario ius postulandi in quanto non iscritto all’albo degli avvocati (CNF n. 190/2015, CNF n. 153/2013, CNF n. 180/2011, CNF n. 135/2011, CNF n. 118/2011, CNF n. 88/2011, CNF n. 99/2010).
L’avvocato integrato.
Ove non intenda chiedere il riconoscimento del proprio titolo professionale previo superamento della prova attitudinale (v. supra), dopo almeno un triennio di effettiva attività svolta d’intesa con un legale iscritto nell’albo italiano, l’avvocato stabilito può chiedere di essere integrato con il titolo di avvocato italiano e quindi iscritto nell’albo ordinario, a seguito di dispensa dalla menzionata prova attitudinale, e ciò ai sensi dell’art. 12 D.Lgs. n. 96/2001, che è sopravvissuto all’abrogazione dell’art. 8 D.Lgs. n. 115/1992 ad opera dell’art. 60 D.Lgs. n. 206/2007 (Cass. n. 5306/2024, CNF n. 202/2018, CNF n. 97/2017, CNF n. 59/2017), e ora sostituito dall’art. 22 D.Lgs. n. 206/2007 e dall’art. 23 D.Lgs. n. 206/2007.
Una volta iscritto nell’albo ordinario italiano, l’avvocato integrato ha facoltà di cancellarsi dall’Albo di provenienza, senza che ciò si ripercuota negativamente sull’efficacia della sua iscrizione nell’albo italiano (CNF parere n. 65/2017).
La dispensa dalla prova attitudinale.
Ai fini dell’integrazione, la richiesta di dispensa dalla prova attitudinale dev’essere rivolta dall’Avvocato Stabilito al Consiglio dell’Ordine presso cui è iscritto e va corredata dalla documentazione comprovante l’esercizio effettivo e regolare dell’attività professionale per l’intero suddetto periodo nonché della dichiarazione circa l’eventuale esistenza di procedimenti penali o disciplinari a suo carico, pendenti o già definiti nello Stato membro di origine (art. 13 co. 2 D. Lgs 96/2001) (CNF parere n. 62/2015).
Per ottenere la dispensa dalla prova attitudinale, i requisiti previsti per l’avvocato stabilito dall’art. 12 D.Lgs. n. 96/2001 sono: 1) un valido titolo professionale conseguito nel Paese d’origine; 2) l’esercizio della professione forense in Italia: a) di durata non inferiore a tre anni dalla data di iscrizione nell’albo speciale scomputando gli eventuali periodi di sospensione; b) effettivo e quindi non formale o addirittura fittizio; c) regolare e quindi nel rispetto della legge forense e del codice deontologico; d) con il titolo professionale di origine (Cass. n. 34961/2023, Cass. n. 16255/2023, CNF n. 31/2022, CNF n. 249/2021, CNF n. 27/2021, Cass. n. 3706/2019, CNF n. 82/2018).
Le condizioni suddette devono tutte essere soddisfatte, sicché deve rigettarsi la domanda di dispensa nel caso di esercizio della professione:
1) con un titolo diverso da quello di origine o addirittura con il titolo di avvocato, trattandosi di comportamento abusivo che lede l’affidamento del cliente in ordine all’effettiva abilitazione del professionista (estera e non già nazionale) e quindi alla sua piena idoneità professionale nel contesto del diritto interno (CNF n. 209/2019, CNF n. 99/2019, CNF n. 60/2017, Cass. n. 5073/2016, CNF n. 38/2015)
2) in assenza della dichiarazione di intesa con un Avvocato iscritto all’Albo ordinario (art. 8 D.Lgs. n. 96/2001) (CNF n. 239/2024)
In ogni caso, l’esercizio effettivo della professione nel triennio non deve necessariamente avvenire nel circondario del Tribunale di iscrizione ma in qualsiasi zona del territorio nazionale (CNF n. 181/2020). Peraltro, non è necessario che la professione sia altresì esercitata nel Paese membro (CNF parere n. 52/2023, CNF parere n. 39/2017, CNF parere n. 78/2014, CNF parere n. 115/2013, CNF parere n. 114/2013), dove quindi l’avvocato stabilito può anche non avere uno studio professionale (CNF n. 113/2015).
Inoltre, l’attività professionale svolta a beneficio esclusivo di uno studio legale ovvero del suo titolare (c.d. regime della “monocommittenza”) è pienamente compatibile – in difetto di diversa previsione normativa – con lo status di professionista stabilito (CNF n. 240/2021, CNF n. 213/2020).
Inoltre, l’iscrizione nell’albo ordinario dell’avvocato integrato è soggetta al rispetto dell’art. 17 L. n. 247/2012, ivi compreso il requisito della “condotta irreprensibile secondo i canoni previsti dal codice di deontologia forense”, da leggersi in combinato disposto con l’art. 13 co. 5 D.Lgs. n. 96/2001 (secondo cui “Anche prima della verifica dell’attività professionale svolta, il Consiglio dell’ordine può rigettare la domanda in pendenza di procedimenti disciplinari per altri gravi motivi, qualora sussistano ragioni di ordine pubblico”), giustificante il possibile rigetto della domanda di dispensa (CNF parere n. 62/2015).
Ai fini della dispensa in parola, per garantire un’azione amministrativa improntata ad uniformità di trattamenti e certezze dei diritti, il regolamento COA può stabilire il requisito di cinque nuovi giudizi italiani per ciascun anno del triennio (CNF n. 180/2020).
Esclude l’integrazione dell’avvocato stabilito la “irregolarità” dell’esercizio della professione per violazione della legge forense e del codice deontologico (art. 12 co. 1 D.Lgs. n. 96/2001), come nel caso in cui l’Avvocato Stabilito abbia esercitato col titolo di “Avvocato” anziché quello di origine (CNF n. 238/2021), oppure dinanzi alle Giurisdizioni superiori, in difetto di relativa abilitazione (CNF n. 155/2022).
Poiché la dichiarazione d’intesa dell’avvocato stabilito è necessaria solamente nell’ipotesi di prestazioni giudiziali, e non pure nelle ipotesi di prestazioni stragiudiziali (v. supra), e siccome l’avvocato stabilito ha diritto di esercitare la professione di avvocato alle stesse condizioni e con le stesse modalità previste per il professionista che esercita la professione in Italia con il titolo di avvocato (art. 4 co. 2 del D.Lgs 96/2001), la domanda di esonero dalla prova attitudinale ben può essere corredata da atti giudiziali che non riportano l’indicazione del nome dell’avvocato stabilito, ma dei quali questi abbia predisposto (o contribuito a disporre) la redazione, risolvendosi detta attività in un’attività stragiudiziale che non necessita dell’intesa con altro avvocato, giacché non vi sono limiti alla modalità di svolgimento della professione, nel senso che nessuna norma prevede l’obbligatorietà dell’esercizio cumulativo di attività giudiziali e di attività stragiudiziali, sicché anche l’attività stragiudiziale può costituire oggetto di valutazione ai fini di verificare l’esercizio effettivo della professione da parte dell’avvocato stabilito in ordine alla dispensa dalla prova attitudinale (CNF n. 240/2021, CNF n. 221/2021, CNF n. 212/2021, CNF n. 213/2020, CNF n. 99/2019, CNF parere n. 95/2015).
In ogni caso, la dispensa dalla prova attitudinale non è un diritto soggettivo perfetto ma potenziale, ovvero subordinato alla relativa verifica di idoneità del richiedente da parte del consiglio dell’Ordine (CNF n. 239/2024, CNF n. 191/2023). Infatti, ai fini della dispensa in parola, i Consigli dell’Ordine:
– hanno ampi poteri istruttori consistenti, in particolare, nella richiesta di informazioni agli uffici interessati, e nella possibilità di invitare l’avvocato che chiede la dispensa a fornire ogni necessario chiarimento in ordine agli elementi forniti e alla documentazione prodotta (CNF n. 164/2022, CNF n. 155/2022, CNF n. 221/2021, CNF n. 212/2021, CNF n. 107/2021, CNF n. 213/2020, CNF n. 180/2020, CNF n. 171/2020, CNF n. 129/2017, CNF n. 59/2017),
– hanno un’ampia discrezionalità in ordine alla verifica della regolarità dell’esercizio effettivo dell’attività professionale, discrezionalità che comporta un accertamento capillare in ordine ad un percorso formativo almeno triennale che assicuri l’acquisizione, da parte dell’interessato, di conoscenze e abilità tecniche, giuridiche e linguistiche, posto che l’iscrizione all’albo degli Avvocati comporta l’assimilazione a tutti gli effetti dell’avvocato stabilito all’avvocato dello Stato membro ospitante (CNF n. 107/2021, CNF n. 180/2020, CNF n. 60/2017, CNF n. 129/2017).
Per tali ragioni, il termine trimestrale, entro cui il COA decide sulla domanda di iscrizione all’Albo ordinario con dispensa dalla prova attitudinale, è ordinatorio ed è in ogni caso interrotto dalla delibera di preavviso di rigetto e nella ipotesi di richiesta di chiarimenti (CNF n. 217/2022, CNF n. 40/2022, CNF n. 238/2021, CNF n. 213/2020, CNF n. 99/2019, CNF n. 228/2018, CNF n. 38/2015, CNF n. 37/2015).
Peraltro, la valutazione del COA e del CNF circa l’esercizio effettivo e regolare della professione forense da parte dell’avvocato stabilito non è sindacabile in Cassazione, ove la relativa motivazione sia congrua e immune da vizi logico-giuridici, trattandosi di apprezzamento rimesso al giudice di merito (Cass. n. 34961/2023).
In ogni caso, il rigetto dell’istanza di dispensa non preclude la riproposizione della domanda (CNF n. 91/2020).
Il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte D’Appello è attivamente legittimato ad impugnare la delibera con la quale il Consiglio territoriale abbia pronunciato la dispensa dalla prova attitudinale per l’avvocato stabilito, ai sensi dell’art. 13 co. 4 quarto periodo D.Lgs. n. 96/2001, avente carattere di norma speciale (CNF n. 60/2017, CNF n. 59/2017).
In particolare, la deliberazione del COA in merito alla dispensa della prova attitudinale ex art. 13 co. 4 D.Lgs. n. 96/2001 è impugnabile al CNF entro il termine di 20 giorni, che è paritariamente assegnato dal legislatore alla parte privata ed alla parte pubblica, con la sola differenza, derivante dalla struttura della seconda, che, per essa, detto termine è diviso a metà tra il Procuratore della Repubblica, destinatario della notifica del provvedimento impugnabile, ed il Procuratore generale, cui spetta la decisione ultima in ordine all’impugnazione. La circostanza che quest’ultimo possa eventualmente venire a conoscenza del provvedimento solo dieci giorni prima della scadenza del termine utile per proporre l’impugnazione è bilanciata dal fatto che il Procuratore generale, nel decidere in ordine all’impugnazione, si avvale del parere motivato che, nei dieci giorni precedenti (o in un eventuale più breve lasso di tempo), il Procuratore della Repubblica ha già elaborato. Tra la posizione della parte privata e quella della parte pubblica (unitariamente considerata nella sua articolazione tra pubblico ministero di primo e secondo grado) non è dato quindi ravvisare alcuna reale e significativa sperequazione, con conseguente insussistenza del requisito della non manifesta infondatezza del relativo dubbio di costituzionalità (Cass. n. 19675/2016).
L’abuso del diritto comunitario.
Oltre agli stranieri, possono essere avvocati stabiliti anche i cittadini italiani, nel caso in cui abbiano acquisito la qualifica professionale di avvocato in un altro Stato membro e facciano poi ritorno in Italia per esercitarvi la professione di avvocato, con il titolo professionale ottenuto nello Stato membro in cui tale qualifica è stata acquisita. Tale modalità non costituisce, di per sè, un abuso del diritto di stabilimento (art. 3 direttiva 98/5/CE) neppure allorché tali cittadini si siano recati in un altro Stato membro al precipuo fine di beneficiare della normativa più favorevole per acquisire il titolo di avvocato (Cass. n. 5306/2024, CNF n. 97/2017, CNF n. 230/2016, CNF n. 190/2016, Cass. n. 15694/2015, CNF n. 113/2015, CNF n. 71/2015, CNF n. 55/2015, CNF n. 20/2015, CNF n. 2/2015, CNF n. 1/2015, CNF n. 145/2014).
Infatti, i cittadini comunitari hanno il diritto di scegliere, da un lato, lo Stato membro nel quale desiderano acquisire il loro titolo professionale e, dall’altro, quello in cui hanno intenzione di esercitare la loro professione. L’abuso di tale diritto richiede la presenza di un elemento oggettivo (lo scopo perseguito dalla normativa dell’Unione non deve essere stato raggiunto, nonostante il rispetto formale della medesima) e di un elemento soggettivo (deve emergere una volontà di ottenere un vantaggio indebito). In assenza di tali presupposti, la domanda di iscrizione nella Sezione Speciale dell’Albo degli Avvocati Stabiliti non può essere legittimamente respinta ma deve essere accolta in forza del principio comunitario del mutuo riconoscimento del titolo presentato dal migrante; resta peraltro fermo il potere-dovere del COA di verifica dei requisiti per l’iscrizione nell’Albo ordinario degli avvocati, da esercitarsi al momento della richiesta dell’avvocato stabilito di accedere a detto Albo decorso il triennio di cui all’art. 12 del D.Lgs. n. 96/2001 (CNF n. 27/2017, CNF n. 378/2016, CNF n. 113/2015, CNF n. 71/2015, CNF n. 20/2015, CNF n. 15/2015, CNF n. 2/2015, CNF n. 1/2015, CNF n. 145/2014, CNF n. 33/2011).
A tal fine, il COA ha il compito di vigilare e verificare un eventuale abuso del diritto comunitario da parte degli interessati e quindi apprestare tutela alla funzione giudiziaria in Italia, ossia evitare che nel nostro Paese operino soggetti scarsamente qualificati o che siano all’oscuro delle peculiarità del diritto italiano (CNF n. 239/2024, CNF n. 164/2022, CNF n. 155/2022, CNF n. 238/2021, CNF n. 221/2021, CNF n. 212/2021, CNF n. 27/2021, CNF n. 180/2020, CNF n. 171/2020, CNF n. 99/2019, CNF parere n. 96/2015, CNF parere n. 95/2015, CNF n. 38/2015, CNF n. 37/2015, CNF n. 126/2012, CNF n. 50/2012, CNF parere n. 17/2012, CNF parere n. 33/2011, CNF parere n. 14/2010, CNF parere n. 17/2009, CNF parere n. 5/2005).
Infatti, il Consiglio dell’ordine ha il potere di negare l’iscrizione nella sezione avvocati stabiliti dell’albo custodito, allorquando rilevi che si versi in un caso di abuso del diritto dell’Unione europea cioè finalizzato all’elusione delle normative nazionali che disciplinano l’accesso alla professione forense (Cass. n. 34961/2023, Cass. n. 3706/2019, CNF parere n. 33/2011).
Ad ogni modo, l’iscrizione nell’Albo ordinario, a seguito di intervenuta integrazione, di un avvocato precedentemente iscritto nella sezione speciale per gli avvocati stabiliti di cui al D.Lgs. n. 96/2001 non può comportare il cumulo della relativa anzianità di iscrizione (ad esempio ai fini dell’iscrizione nell’albo speciale per il patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori, oppure per il calcolo dei 5 anni minimi per poter assumere la funzione di dominus nei confronti di un praticante), giacché l’iscrizione alla Sezione speciale consente una forma peculiare e limitata di esercizio della professione forense, caratterizzata dalla spendita del solo titolo straniero e dalla necessità di intesa con un Avvocato iscritto all’Albo ordinario, attività funzionale all’espletamento del procedimento di stabilimento-integrazione ai sensi del D.Lgs. n. 96/2001, e ciò esclude quindi l’esistenza di qualsivoglia disparità di trattamento costituzionalmente rilevante (Cass. n. 19976/2024, Cass. n. 5306/2024, CNF n. 193/2023, CNF n. 41/2023, CNF n. 177/2022, CNF n. 21/2021, CNF n. 13/2021, CNF n. 157/2018, CNF parere n. 13/2017, CNF n. 350/2016, CNF n. 111/2016, CNF n. 99/2016, CNF parere n. 44/2016, CNF parere n. 7/2016, CNF parere n. 42/2013).
Conseguentemente, allorquando per la partecipazione ad un pubblico concorso sia prevista l’iscrizione «all’albo professionale degli avvocati, per almeno due anni consecutivi», il requisito medesimo non può intendersi soddisfatto dall’iscrizione, per il medesimo lasso temporale, nell’Albo degli avvocati stabiliti, non sussistendo una equiparazione tra le due iscrizioni (CNF parere n. 9/2021).
L’avvocato temporaneo.
L’avvocato comunitario (o cittadino di uno Stato aderente all’accordo sullo Spazio economico europeo) che esercita la professione in modo temporaneo non è iscritto in alcuna sezione speciale dell’albo degli avvocati italiani (art. 4, ult. per., L. n. 31/1982), ma in un apposito registro, estraneo all’albo (art. 12 L. n. 31/1982), di cui comunque il COA rilascia certificazioni e attestati (art. 14 L. n. 31/1982). Ciò, tuttavia, non esclude la potestas judicandi dell’organo disciplinare italiano (Cass. n. 146/1999), altrimenti limitata ai propri iscritti (CNF n. 242/2023).
La responsabilità deontologica degli avvocati stranieri.
L’avvocato “straniero” che esercita l’attività professionale in Italia è tenuto al rispetto delle norme deontologiche italiane, ai sensi dell’art. 3 co. 3 cdf e dell’art. 2.4 Codice deontologico europeo, che trovano espressa copertura normativa.
Ciò vale per gli avvocati riconosciuti e integrati, in quanto iscritti all’albo ordinario (art. 2 cdf, art. 2 co. 4 L. n. 247/2012, art. 3 co. 3 L. n. 247/2012), ma anche per gli altri.
Infatti, gli avvocati stabiliti sono “tenuti all’osservanza delle norme legislative, professionali e deontologiche che disciplinano la professione di avvocato” (art. 5 co. 1 D.Lgs. n. 96/2001) nonché soggetti “al potere disciplinare del Consiglio dell’ordine competente” (art. 11 D.Lgs. n. 96/2001).
Lo stesso vale per gli avvocati temporanei, i quali sono parimenti “tenuti all’osservanza delle vigenti norme legislative, professionali e deontologiche” (art. 4 co. 1 L. n. 31/1982) nonché soggetti “al potere disciplinare del consiglio dell’ordine competente per territorio” (art. 11 co. 1 L. n. 31/1982).
In entrambi tali ultimi casi, alla luce della sopravvenuta normativa (L. n. 247/2012), il richiamo al “Consiglio dell’Ordine” quale organo titolare del potere disciplinare va ora inteso riferito al Consiglio distrettuale di disciplina, pur in difetto di un espresso aggiornamento legislativo.
In particolare, ai sensi dell’art. 51 L. n. 247/2012 e art. 4 Reg. CNF 2/2014, l’Organo disciplinare competente a sanzionare deontologicamente l’avvocato straniero che eserciti l’attività professionale in Italia è il CDD del distretto in cui è iscritto l’avvocato stesso (sezione speciale dell’albo, se “stabilito”; registro speciale, se “temporaneo”), oppure del distretto nel cui territorio è stato compiuto il fatto oggetto di indagine o di giudizio disciplinare, secondo il principio della prevenzione.
Tale adeguamento interpretativo non ha dato luogo a particolari incertezze o dubbi con riferimento agli avvocati stabiliti, i quali sono pacificamente giudicati dai CDD su segnalazione dei COA, che altresì contestualmente provvede, ex art. 11 commi 1 e 2 D.Lgs. n. 96/2001, all’immediata comunicazione alla competente organizzazione professionale dello Stato membro d’origine ovvero all’autorità giurisdizionale davanti alla quale l’avvocato stabilito è ammesso ad esercitare la professione (CNF parere n. 11/2018). Invece, non constano precedenti giurisprudenziali né pareri con specifico riferimento agli avvocati temporanei, ma ciò non impedisce di giungere anche per loro alle medesime conclusioni in via interpretativa, essendo venuto definitivamente meno il potere disciplinare dei COA.3
Juri Rudi
Note
- Per l’invalidità del titolo (avocat) rilasciato a numerosi Avvocati stabiliti dalla Romania “da un organismo diverso da quello competente”, cfr. Cass. n. 23794/2022, Cass. n. 23793/2022, Cass. n. 23791/2022, CNF n. 39/2022, CNF n. 33/2022, CNF n. 254/2021, CNF n. 237/2021, CNF n. 236/2021, CNF n. 190/2021, CNF n. 13/2021, Cass. n. 3706/2019, Cass. n. 3516/2019, CNF n. 179/2019, CNF n. 178/2019, CNF n. 54/2019, CNF n. 11/2019, CNF n. 10/2019, CNF n. 256/2018, CNF n. 255/2018, CNF n. 254/2018, CNF n. 252/2018, CNF n. 251/2018, CNF n. 250/2018, CNF n. 240/2018, CNF n. 239/2018, CNF n. 238/2018, CNF n. 237/2018, CNF n. 235/2018, CNF n. 234/2018, CNF n. 233/2018, CNF n. 232/2018, CNF n. 212/2018, CNF n. 144/2018, CNF n. 85/2018, CNF n. 32/2018, CNF n. 21/2018, CNF n. 20/2018, CNF n. 19/2018, Cass. n. 21114/2017, Cass. n. 19405/2017, Cass. n. 19403/2017, Cass. n. 13400/2017, Cass. n. 13399/2017, Cass. n. 10235/2017, Cass. n. 10229/2017, Cass. n. 10228/2017, CNF n. 196/2017, CNF n. 174/2017, CNF n. 173/2017, CNF n. 172/2017, CNF n. 171/2017, CNF n. 170/2017, CNF n. 169/2017, CNF n. 168/2017, CNF n. 167/2017, CNF n. 166/2017, CNF n. 165/2017, CNF n. 164/2017, CNF n. 28/2017, CNF n. 21/2017, Cass. n. 22719/2016, Cass. n. 22520/2016, Cass. n. 22519/2016, Cass. n. 22518/2016, Cass. n. 22517/2016, Cass. n. 22399/2016, Cass. n. 22398/2016, Cass. n. 12087/2016, CNF n. 400/2016, CNF n. 365/2016, CNF n. 364/2016, CNF n. 357/2016, CNF n. 299/2016, CNF n. 198/2016, CNF n. 197/2016, CNF. n. 196/2016, CNF n. 156/2016, CNF n. 96/2016, CNF n. 76/2016, CNF n. 75/2016, CNF n. 74/2016, CNF n. 73/2016, CNF n. 72/2016, CNF n. 71/2016, CNF n. 49/2016, CNF n. 48/2016, Cass. n. 45/2016, CNF n. 43/2016, CNF n. 38/2016, CNF n. 37/2016, CNF n. 26/2016, CNF n. 23/2016, CNF n. 22/2016, CNF n. 21/2016, CNF n. 12/2016, CNF n. 11/2016, CNF n. 4/2016, CNF parere n. 51/2016, CNF parere n. 7/2016, CNF parere n. 3/2016, CNF n. 255/2015, CNF n. 201/2015, CNF n. 200/2015, CNF n. 199/2015, CNF. n. 198/2015, CNF. n. 197/2015, CNF. n. 196/2015. ↩︎
- Vedi nota 1. ↩︎
- In arg. cfr. questo articolo. ↩︎