Codice deontologico ➡️ Titolo I – Principi generali (artt. 1 – 22) ➡️ Art. 4 | |
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§ 1. Introduzione.
La norma in esame definisce, al comma 1, la struttura dell’illecito deontologico (di cui individua l’elemento oggettivo e quello soggettivo) mentre, al comma 2, dispone l’avvio necessario del procedimento disciplinare a carico dell’avvocato imputato di un reato doloso, pur nell’autonomia del giudizio deontologico rispetto a quello penale (art. 54 co. 1 L. n. 247/2012).
§ 2. L’elemento oggettivo dell’illecito.
L’elemento oggettivo dell’illecito disciplinare consiste in una condotta, omissiva o commissiva, contraria ad un dovere o divieto, previsto da una norma di legge o deontologica.
Tale principio, contenuto nel comma 1 dell’articolo in oggetto nonché ribadito nell’art. 20 co. 1 cdf (che, in parte qua, appare quindi ridondante), riproduce l’altrettanto duplice disposto normativo, secondo cui “l’avvocato, nell’esercizio della sua attività, è soggetto alla legge e alle regole deontologiche” (art. 2 co. 4 L. n. 247/2012) e “le infrazioni ai doveri e alle regole di condotta dettati dalla legge o dalla deontologia sono sottoposte al giudizio dei consigli distrettuali di disciplina” (art. 51 co. 1 L. n. 247/2012).
Probabilmente, il richiamo anche alla legge, quale autonoma fonte di responsabilità disciplinare, è pleonastico.
Infatti, da un lato, che anche l’avvocato sia sottoposto alla legge è un’ovvietà, che non sarebbe necessario precisare. Dall’altro lato, fermo l’obbligo -meramente procedurale e senza automatismi sostanziali- di avviare il procedimento disciplinare nel caso di reati dolosi (art. 4 co. 2 cdf), la violazione della legge, compresa quella penale, non comporta di per sé alcuna automatica responsabilità disciplinare, giacché il rilievo deontologico della condotta è, in tale sede, autonomamente valutato (art. 54 co. 1 L. n. 247/2012, cui si rinvia).
In definitiva, il richiamo anche alla legge quale autonoma fonte di responsabilità deontologica appare superfluo (ed infatti tale riferimento mancava nell’art. 3 can. I cod.prev.1 ed è altresì omesso nell’art. 3 co. 3 L. n. 247/20122), giacché ai fini disciplinari è necessario e sufficiente fare riferimento al solo rilievo deontologico della condotta, che può infatti mancare ancorché il comportamento sia contrario alla legge (penale, civile, ecc.), così come può invece sussistere nel caso di comportamento lecito o irrilevante per il diritto.3
§ 3. L’elemento soggettivo dell’illecito.
In conformità con quanto previsto per l’illecito amministrativo in generale (art. 3 L. n. 689/1981), anche l’elemento soggettivo della responsabilità disciplinare consiste nella “coscienza e volontà” della condotta illecita, ossia nel dominio anche solo potenziale dell’azione o omissione, che possa essere impedita con uno sforzo del volere e sia quindi attribuibile alla volontà del soggetto4. L’evitabilità della condotta delinea, pertanto, la soglia minima della sua attribuibilità al soggetto5, e tale principio è solitamente riassunto dalla giurisprudenza domestica mediante il richiamo al concetto di suitas quale elemento soggettivo sufficiente dell’illecito disciplinare6, appunto intesa come possibilità di esercitare sul proprio comportamento un controllo finalistico e, quindi, dominarlo7.
Conseguentemente, per l’imputabilità dell’infrazione disciplinare non è necessaria la consapevolezza dell’illegittimità deontologica dell’azione od omissione8, giacché la buona fede ovvero l’intensità del dolo e il grado della colpa rilevano esclusivamente per la determinazione della misura della sanzione ex art 21 co. 3 cdf quindi senza scriminare l’illecito9, così come parimenti irrilevante è la ritenuta sussistenza di una causa di giustificazione o non punibilità10.
Infatti, come avviene negli illeciti amministrativi ordinari11, ai fini della responsabilità disciplinare, l’evitabilità della condotta delinea la soglia minima della sua attribuibilità al soggetto12, stabilendosi così una vera e propria presunzione di colpa13, superabile soltanto dimostrando l’errore inevitabile con l’uso della diligenza di chi ha (o dovrebbe avere) le necessarie conoscenze giuridiche14, il che sostanzialmente si risolve nella prova liberatoria del caso fortuito o della forza maggiore15 ovvero di una causa esterna che escluda l’attribuzione psichica della condotta al soggetto16.
In questi termini, la responsabilità disciplinare prescinde addirittura dall’elemento soggettivo17 in quanto presuppone esclusivamente la (prova della) condotta illecita, sia essa dell’incolpato o addirittura di terzi (ad es., suoi associati, collaboratori e sostituti ex art. 7 cdf), fatta salva -come detto- la prova liberatoria dell’inevitabilità della condotta stessa, ovvero del caso fortuito o forza maggiore: infatti, le norme del codice deontologico elencano i comportamenti che il professionista deve tenere nei rapporti con i colleghi, la parte assistita, la controparte, i magistrati e i terzi, e costituiscono esplicitazioni esemplificative dei doveri di lealtà, correttezza, probità, dignità e decoro, previsti in via generale dalla legge professionale e dallo stesso codice, sicché la loro inosservanza si traduce inevitabilmente nella violazione di tali doveri, la quale non richiede un autonomo accertamento, a meno che non sia contestata in relazione a comportamenti diversi da quelli specificamente riconducibili alle predette disposizioni18.
In ogni caso, l’inosservanza delle regole deontologiche è, per sua natura, analoga all’illecito penale, entrambe postulando, infatti, la trasgressione di precetti rivolti a persone imputabili: i comportamenti deontologicamente biasimevoli potranno essere compiuti con dolo o colpa, ma in ogni caso, per implicare responsabilità, devono poter essere riferiti alla coscienza ed alla volontà dell’incolpato, sicché il contegno del professionista può essere oggetto di valutazione disciplinare solo se sia imputabile, cioè proveniente da soggetto capace di intendere e di volere19.
§ 4. L’evento o danno.
Mutuando una terminologia penalistica, l’illecito deontologico è di pura condotta, non di evento; inoltre, è un illecito di pericolo, non di danno.
Infatti, l’evento non costituisce elemento essenziale della fattispecie, giacché la responsabilità disciplinare si configura indipendentemente dalla produzione e dall’entità di un danno così come da un suo eventuale risarcimento, che non fanno venir meno l’illiceità della condotta potendo al più rilevare ai fini della commisurazione della relativa sanzione ai sensi dell’art. 21 co. 4 cdf20, a cui pertanto si rinvia.
§ 5. De jure condendo.
Le criticità dell’art. 4 cdf riguardano anzitutto l’accennata ridondanza rispetto all’art. 20 cdf, nonché quelle indicate nei paragrafi successivi.
§ 5.1. Sulla rubrica.
Ancorché rubrica legis non est lex (quindi, oltre a non aver valore precettivo, non rileva ai fini esegetici), quella dell’articolo 4 cdf -ossia “Volontarietà dell’azione”- suscita una duplice perplessità, per entrambi i suoi riferimenti: quello alla “volontarietà” e quello alla “azione”.
Per quanto riguarda il primo termine, il riferimento alla “volontarietà” sembra alludere alla sola intenzionalità della condotta cioè unicamente al dolo, così tralasciando di considerare la colpa, che invece è più che sufficiente a integrare, addirittura in via presunta, l’elemento soggettivo della responsabilità disciplinare.
Per quanto riguarda il secondo termine della rubrica (“dell’azione”), il riferimento sembra alludere esclusivamente alla “commissione”, tralasciando così la “omissione”, che invece avrebbe dovuto considerare.
De jure condendo, coerentemente con il suo contenuto e con lo scopo esplicativo seppur non vincolante che assolve per gli interpreti, la rubrica dell’articolo in esame dovrebbe preferibilmente essere “Illecito disciplinare”.
§ 5.2. Sul primo comma.
Con riferimento al primo comma, appare superfluo il riferimento alla violazione della legge, essendo (necessario e) sufficiente ai fini della responsabilità disciplinare, la violazione delle norme deontologiche, e ciò, per quanto detto a proposito del fatto che l’illecito disciplinare, da un lato, è più esteso di quello comune e, dall’altro, non consegue automaticamente da quest’ultimo, la cui valutazione rimane pertanto sempre soggetta alla disciplina deontologica (e alla sua tipicità meramente tendenziale), alla quale sola, quindi, è sufficiente fare riferimento. E, infatti, il riferimento alla “violazione della legge” mancava nel previgente art. 3 canone I e, altrettanto significativamente, il previgente art. 2 riconduceva le sanzioni disciplinari alla violazione delle sole “norme deontologiche”.
§ 5.3. Sul secondo comma.
Il secondo ed ultimo comma dell’art. 4 cdf sembra presentare i seguenti aspetti critici:
1) Appare impreciso nella parte in cui prende in considerazione la sola legge penale, giacché anche l’illecito civile, amministrativo, tributario, ecc. può avere rilievo disciplinare (ad es., l’omessa fatturazione o l’inadempimento di obbligazioni assunte nei confronti di terzi, peraltro anche nell’ambito della vita privata).
2) Appare altresì impreciso nella parte in cui sembra disporre una doverosità dell’azione disciplinare nel solo caso di illeciti penali dolosi, perché essa è invece doverosa sempre (art. 11 Reg. CNF n. 2/2014), cioè anche nel caso di illeciti colposi suscettibili di valutazione disciplinare.
3) Appare infine impreciso nella parte in cui si riferisce al solo fatto “commesso”, perché sembra implicitamente escludere l’omissione. Sarebbe stato quindi preferibile riferirsi alla “condotta”, che può infatti essere sia commissiva sia omissiva.
Note.
- “La responsabilità disciplinare discende dalla inosservanza dei doveri e dalla volontarietà della condotta, anche se omissiva.” ↩︎
- “L’avvocato esercita la professione uniformandosi ai principi contenuti nel codice deontologico emanato dal CNF”. ↩︎
- Cass. n. 11168/2022, CNF n. 206/2022, CNF n. 133/2022, CNF parere n. 16/2018. ↩︎
- CNF n. 5/2022, CNF n. 176/2021, CNF n. 97/2021, CNF n. 202/2020, CNF n. 1/2019, Cass. n. 18460/2018, CNF n. 38/2018, CNF n. 1/2018, CNF n. 181/2017, Cass. n. 22521/2016. ↩︎
- CNF n. 168/2013, CNF n. 112/2011, CNF n. 196/2010, CNF n. 155/2010. ↩︎
- CNF n. 132/2024, CNF n. 93/2024, CNF n. 52/2024, CNF n. 174/2022, CNF n. 167/2022, CNF n. 105/2022, CNF n. 97/2022, CNF n. 90/2022, CNF n. 88/2022, CNF n. 79/2022, CNF n. 60/2022, CNF n. 30/2022, CNF n. 27/2022, CNF n. 2/2022. ↩︎
- Per tutte, CNF n. 172/2022. ↩︎
- CNF n. 301/2023, CNF n. 252/2023, CNF n. 237/2023, CNF n. 233/2023, CNF n. 230/2023, CNF n. 217/2023, CNF n. 212/2023, CNF n. 190/2023, CNF n. 177/2023, CNF n. 165/2023, CNF n. 163/2023, CNF n. 152/2023, CNF n. 28/2023. ↩︎
- CNF n. 168/2022, CNF n. 26/2021, CNF n. 19/2021, CNF n. 73/2020, CNF n. 43/2020, CNF n. 181/2019, CNF n. 144/2019, CNF n. 108/2019, CNF n. 186/2017, CNF n. 259/2016, CNF n. 142/2014, CNF n. 117/2014, CNF n. 224/2013, CNF n. 204/2013, CNF n. 167/2013, CNF n. 148/2013, CNF n. 124/2013, CNF n. 177/2012, CNF n. 170/2012, CNF n. 152/2012, CNF n. 132/2012, CNF n. 17/2012, CNF n. 162/2007, CNF n. 15/2005. ↩︎
- CNF n. 147/2022, Cass. n. 11370/2016. ↩︎
- Cfr., per tutte, Cass. n. 26306/2017, secondo cui l’art. art. 3 L. n. 689/1981 pone una presunzione di colpevolezza in capo al trasgressore, sicché ai fini della relativa sanzione amministrativa è sufficiente la condotta consapevole, non già colpevole. ↩︎
- CNF n. 167/2022. ↩︎
- Cass. n. 20877/2024, CNF n. 5/2022, CNF n. 176/2021, Cass. n. 18460/2018, Cass. n. 22521/2016. ↩︎
- CNF n. 125/2024, CNF n. 217/2023, CNF n. 190/2023, CNF n. 177/2023, CNF n. 251/2022, CNF n. 242/2022, CNF n. 174/2022, CNF n. 5/2022, CNF n. 176/2021, CNF n. 97/2021, CNF n. 26/2021, Cass. n. 8242/2020, CNF n. 202/2020, CNF n. 1/2019, Cass. n. 18460/2018, CNF n. 38/2018, CNF n. 1/2018, CNF n. 387/2016, CNF n. 164/2015. ↩︎
- CNF n. 38/2018, CNF n. 214/2014. ↩︎
- Cass. n. 8242/2020, CNF n. 61/2012. ↩︎
- CNF n. 39/2013, CNF n. 66/2011, CNF n. 155/2010. ↩︎
- Cass. n. 13167/2021. ↩︎
- CNF n. 279/2022, CNF n. 128/2013, CNF n. 188/2000, CNF n. 110/1993. ↩︎
- CNF n. 132/2024, CNF n. 86/2024, CNF n. 42/2024, CNF n. 261/2023, CNF n. 212/2023, CNF n. 133/2023, CNF n. 142/2021, CNF n. 139/2021, CNF n. 137/2021, CNF n. 132/2021, CNF n. 249/2020, CNF n. 215/2020, CNF n. 195/2020, CNF n. 173/2020, CNF n. 193/2019, CNF n. 144/2019, CNF n. 108/2019, CNF n. 50/2019, CNF n. 224/2018, CNF n. 227/2018, CNF n. 148/2018, CNF n. 110/2018, CNF n. 155/2018, CNF n. 110/2018, CNF n. 97/2018, CNF n. 76/2018, CNF n. 44/2018, CNF n. 26/2018, CNF n. 252/2016, CNF n. 221/2016, CNF n. 88/2015, CNF n. 30/2007, CNF n. 104/2006. ↩︎