Codice deontologico ➡️ Titolo III – Rapporti con i colleghi (artt. 38 – 45) ➡️ Art. 41 | |
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La ratio dell’art. 41 nuovo codice deontologico
La ratio dell’art. 41 cdf (secondo cui l’avvocato deve astenersi dall’indirizzare la propria corrispondenza direttamente alla controparte, che sappia assistita da un Collega, salvo per intimare messe in mora, evitare prescrizioni o decadenze, ovvero richiedere determinati comportamenti) è quella di riconoscere all’Avvocato la funzione di esclusivo referente del proprio assistito, al fine di preservarlo da eventuali comportamenti inappropriati e sleali della controparte (CNF n. 49/2017, CNF n. 241/2015).
L’avvocato non può ricevere né mettersi in contatto diretto con la controparte che sappia assistita da altro legale
L’avvocato non può ricevere né mettersi in contatto diretto con la controparte che sappia assistita da altro legale, alla quale può indirizzare corrispondenza esclusivamente per richiedere comportamenti determinati, intimare messe in mora, evitare prescrizioni o decadenze, in tal caso inviandone sempre copia per conoscenza al collega che la assiste (art. 41 cdf). La violazione di tale disciplina costituisce illecito disciplinare a prescindere dalla prova di un danno effettivo alla controparte (CNF n. 152/2023, CNF n. 152/2020, CNF n. 133/2020, CNF n. 161/2017, CNF n. 23/2017, CNF n. 157/2016, CNF n. 107/2016, CNF n. 241/2015, CNF n. 61/2013, CNF n. 122/2007, CNF n. 137/2004, CNF n. 84/2004).
Peraltro, tale obbligo sussiste anche nell’ipotesi in cui la controparte si impegni ad avvertire il proprio difensore o, addirittura, affermi di averlo già avvertito e si riferisce alla intera “assistenza” da parte del legale di controparte a quest’ultima, che (in assenza di revoca o nomina di altro difensore) deve ritenersi estesa anche alle attività immediatamente successive e dipendenti dalla decisione giudiziaria, ancorché il mandato ad litem conferito dal difensore della controparte abbia cessato la sua funzione con la conclusione del grado del processo (CNF n. 164/2022, CNF n. 133/2020, CNF n. 121/2019, CNF n. 17/2019, CNF n. 60/2018, CNF n. 87/2017, CNF n. 12/2017, CNF n. 219/2016).
Infine, quanto sopra vale anche per l’avvocato che agisca in proprio e non come difensore di terzi (CNF n. 134/2023, CNF n. 128/2020).
Illecito intimidire la controparte al fine di indurla a desistere o transigere
Integra illecito deontologico il comportamento dell’avvocato che, in violazione del divieto di cui all’art. 41 cdf, indirizzi la propria corrispondenza direttamente alla controparte, che sappia assistita da un Collega, prospettandole asseriti pregiudizi economici al fine di indurla a desistere o transigere la controversia (CNF n. 152/2020, CNF n. 49/2017).
L’intimazione a transigere non deroga all’obbligo di corrispondere (esclusivamente) con il collega
L’avvocato deve astenersi dall’indirizzare la propria corrispondenza direttamente alla controparte, che sappia assistita da un Collega, salvo per intimare messe in mora, evitare prescrizioni o decadenze, ovvero richiedere determinati comportamenti di natura sostanziale (art. 41 cdf), tra i quali ultimi non rientra la richiesta di transigere la vertenza a pena, altrimenti, di asserite gravi conseguenze (CNF n. 241/2015).
La sfiducia nei confronti del collega non giustifica l’invio in copia conoscenza di corrispondenza alla controparte personalmente
L’avvocato deve astenersi dall’indirizzare la propria corrispondenza direttamente alla controparte, che sappia assistita da un Collega, salvo per intimare messe in mora, evitare prescrizioni o decadenze, ovvero richiedere determinati comportamenti di natura sostanziale, ma in tali casi deve sempre inviare una copia della missiva stessa al Collega per conoscenza (art. 41 cdf). (Nel caso di specie, il professionista aveva spedito l’assegno di un proprio cliente al collega avversario e, in copia conoscenza, alla controparte personalmente. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha ritenuto congrua la sanzione disciplinare dell’avvertimento). (CNF n. 159/2017).
La responsabilità disciplinare nel caso di sub incarico a collaboratori di studio
La responsabilità del professionista ai fini dell’addebito dell’infrazione disciplinare non necessita di cosiddetto dolo specifico e/o generico, essendo sufficiente la volontarietà con cui l’atto è stato compiuto ovvero omesso, anche quando questa si manifesti in un mancato adempimento all’obbligo di controllo del comportamento dei collaboratori e/o dipendenti (art. 7 cdf). Il mancato controllo costituisce piena e consapevole manifestazione della volontà di porre in essere una sequenza causale che in astratto potrebbe dar vita ad effetti diversi da quelli voluti, che però ricadono sotto forma di volontarietà sul soggetto che avrebbe dovuto vigilare e non lo ha fatto (Nel caso di specie, trattavasi di missiva predisposta da una collaboratrice di studio, ma comunque poi sottoscritta dall’incolpato e quindi inviata direttamente alle controparti assistite da difensore, in violazione dell’art. art. 41 cdf). (CNF n. 277/2023, CNF n. 279/2023).
Le eccezioni all’obbligo di corrispondere esclusivamente con il collega non sono tassative
L’elencazione delle eccezioni al divieto di inviare direttamente corrispondenza alla controparte (art. 41 cdf) non deve considerarsi tassativa ma meramente esemplificativa potendo rientrarvi anche altre ipotesi purché si tratti di fattispecie nelle quali il collega della controparte sia stato informato o la corrispondenza sia stata inviata anche a lui e non siano rilevabili elementi che connotino mancanza di lealtà o correttezza nell’operato del mittente o nel contenuto della corrispondenza. Pertanto, alle suddette condizioni, può rientrarvi anche l’invio di una lettera alla controparte nella quale senza richiedersi alla stessa il compimento di determinati comportamenti le vengano fornite informazioni di fatti significativi nell’ambito dei rapporti intercorsi tra le parti, come l’avvenuto pagamento del debito da parte dei propri clienti. Infatti, anche una simile corrispondenza ha un contenuto di natura sostanziale e risulta diretta ad evitare l’inizio di procedure esecutive o di altre iniziative nei confronti dei propri clienti e quindi ha una finalità di prevenzione non dissimile da quella propria di molte delle eccezioni elencate (in modo non tassativo) dall’art. 41 cit., sicché può essere configurata come funzionale a sollecitare una condotta collaborativa della controparte cioè un “determinato comportamento”, consistente nella chiusura dei rapporti tra le parti. Alle suddette condizioni e in particolare in assenza di elementi che denotino mancanza di lealtà o correttezza nell’operato del mittente o nel contenuto della corrispondenza, non può farsi applicazione della norma di chiusura di cui all’art. 9 cdf facendo riferimento alla causale interna – o movente della decisione dell’avvocato di inviare la corrispondenza anche alla controparte, se essa è emersa soltanto per effetto di dichiarazioni effettuate dall’incolpato nel corso del procedimento disciplinare, in quanto tali dichiarazioni sono da considerare manifestazioni del diritto di difesa e quindi, per effetto di una corretta applicazione dell’art. 41 cit., non possono farsi rientrare nel comportamento complessivo dell’incolpato. (CNF n. 16/2023).
Le diffide indirizzate alla controparte personalmente vanno inviate per conoscenza all’eventuale collega che la assista
L’avvocato non deve mettersi in contatto diretto con la controparte che sappia assistita da altro collega (art. 41 co. 1 cdf), salvo per richiedere comportamenti determinati, intimare messe in mora, evitare prescrizioni o decadenze ma inviandone sempre copia per conoscenza al collega che la assiste (art. 41 co. 3 cdf). In particolare, la richiesta di “comportamenti determinati” comprende anche le diffide a compiere una certa attività ovvero ad astenersene, solitamente accompagnate dall’avvertenza delle possibili conseguenze in caso di inottemperanza (CNF n. 231/2024)