Codice deontologico ➡️ Titolo IV – Doveri dell’avvocato nel processo (artt. 46 – 62) ➡️ Art. 48
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La ratio del divieto

La ratio del divieto di produrre la corrispondenza riservata scambiata con il collega
La norma deontologica di cui all’art. 48 cdf è stata dettata a salvaguardia del corretto svolgimento dell’attività professionale, con il fine di non consentire che leali rapporti tra colleghi possano dar luogo a conseguenze negative nello svolgimento della funzione defensionale, specie allorché le comunicazioni ovvero le missive contengano ammissioni o consapevolezze di torti ovvero proposte transattive. Ciò al fine di evitare la mortificazione dei principi di collaborazione che per contro sono alla base dell’attività legale. Di talchè il divieto di produrre in giudizio la corrispondenza riservata assume la valenza di un principio invalicabile di affidabilità e lealtà nei rapporti interprofessionali, quali che siano gli effetti processuali della produzione vietata, in quanto la norma mira a tutelare la riservatezza del mittente e la credibilità del destinatario, nel senso che il primo, quando scrive ad un collega di un proposito transattivo, non deve essere condizionato dal timore che il contenuto del documento possa essere valutato in giudizio contro le ragioni del suo cliente; mentre, il secondo, deve essere portatore di un indispensabile bagaglio di credibilità e lealtà che rappresenta la base del patrimonio di ogni avvocato. La norma, peraltro, non è posta ad esclusiva tutela del legale emittente, ma anche all’attuazione della sostanziale difesa dei clienti che, attraverso la leale coltivazione di ipotesi transattive, possono realizzare una rapida e serena composizione della controversia (CNF n. 252/2023, CNF n. 20/2023, CNF n. 147/2022, CNF n. 181/2019, CNF n. 118/2019, CNF n. 108/2019, CNF n. 17/2019).

Il divieto di produrre la corrispondenza riservata prevale sul diritto-dovere di difesa (salvo eccezioni espresse)
L’art. 48 cdf è dettato a salvaguardia del corretto svolgimento dell’attività professionale e, salve le eccezioni previste espressamente, prevale persino sul dovere di difesa ossia anche a fronte del pur commendevole scopo di offrire il massimo della tutela nell’interesse del proprio cliente (CNF n. 305/2023, CNF n. 20/2023, CNF n. 147/2022, CNF n. 108/2019, CNF n. 17/2019, CNF n. 181/2017, CNF n. 58/2013).

L’oggetto del divieto

La corrispondenza tra colleghi qualificata come “riservata” non è producibile né riferibile in giudizio a prescindere dal suo contenuto
L’art. 48 cdf vieta non solo di produrre la corrispondenza riservata ma anche di riferirne in giudizio il contenuto, sussistendo riservatezza sia nell’ipotesi in cui la missiva contenga proposte transattive sia in quella in cui venga espressamente definita come riservata dal mittente, quale che ne sia il contenuto, giacché la clausola di riservatezza apposta dal mittente alla corrispondenza non consente al destinatario della stessa alcuno spazio valutativo e deliberativo circa la producibilità, alla stregua del contenuto o della più o meno rilevante pregnanza della corrispondenza stessa al possibile fine della decisione della lite (CNF n. 220/2024, CNF n. 177/2017, CNF n. 46/2015, CNF n. 135/2013, CNF n. 38/2012, CNF n. 36/2005).

Nel caso in cui la proposta transattiva, ancorché non sottoscritta dal cliente dell’avvocato che l’ha formulata, sia stata accettata dalla controparte, la stessa ben potrà essere prodotta in giudizio al fine di provare l’intervenuto accordo ex art. 48 cdf (CNF parere n. 26/2017).

La corrispondenza “riservata” avente contenuto di rilievo penale può essere prodotta e fatta valere in sede penale e risarcitoria civile (CNF parere n. 15/2011).

I soggetti del divieto

Il divieto di produrre o riferire in giudizio corrispondenza riservata riguarda anche il mittente della stessa
Il divieto di produzione in giudizio della corrispondenza riservata riguarda anche la corrispondenza propria, giacché l’art. 48 cdf non distingue tra mittente e destinatario e, inoltre, la ratio della norma (cioè assicurare la libertà di corrispondenza tra colleghi e lo scambio di scritti tra loro senza riserve mentali o timori che essi possano essere oggetto di produzione o divulgazione in giudizio) sarebbe radicalmente vanificata qualora il mittente della lettera “riservata” potesse fare cadere motu proprio e unilateralmente tale caratteristica e disporne a piacimento, anche producendola o riferendola in giudizio, costringendo il destinatario a temere che tale evento possa sempre verificarsi: il rischio che tale ipotesi si possa concretizzare, infatti, indurrebbe il destinatario ad introdurre riserve e cautele nella risposta (evitando sempre, ad esempio, ammissioni o consapevolezze di torti) così limitando comunque la sua sfera di libertà e snaturando, quindi, la finalità del divieto (CNF n. 17/2019, CNF n. 194/2017, CNF n. 177/2017, CNF n. 38/2012, CNF parere n. 19/2008).

Corrispondenza riservata: il divieto deontologico viene meno se indirizzata anche a terzi non colleghi
L’art. 48 cdf riguarda la corrispondenza intercorsa “esclusivamente” tra colleghi, sicché il relativo divieto non opera allorché la corrispondenza stessa sia indirizzata anche a terzi (nella specie, pure al cliente). In questi casi, difatti, a prescindere dall’apposizione della formula “riservata personale”, il contenuto deve considerarsi pubblico (CNF n. 20/2023).

Corrispondenza riservata: il divieto deontologico non riguarda la corrispondenza proveniente da terzi non colleghi
Il divieto previsto dall’art. 48 cdf si giustifica sul piano deontologico in ragione dell’appartenenza all’Ordine che assoggetta gli iscritti alle norme dell’ordinamento professionale dettate dalla specificità della professione forense, sicché esso non opera -neppure facendo applicazione estensiva dei principi generali in tema di lealtà e correttezza- con riferimento alla corrispondenza proveniente da terzi non colleghi che contenesse proposte transattive o una clausola di riservatezza (CNF parere n. 31/2011).

Corrispondenza riservata: avvocato responsabile anche se la produzione in giudizio sia dipesa da un errore della segretaria
L’avvocato è personalmente responsabile per condotte, determinate da suo incarico, ascrivibili a suoi associati, collaboratori e sostituti, salvo che il fatto integri una loro esclusiva e autonoma responsabilità (art. 7 cdf) (Nel caso di specie, l’avvocato aveva prodotto in giudizio la corrispondenza riservata per un asserito “errore della propria segretaria nella collazione del fascicolo”). (CNF n. 181/2019).
Di contrario avviso CNF n. 46/2015, secondo cui “In particolari ed eccezionali circostanze può ammettersi la scusabilità dell’errore nella produzione in giudizio di corrispondenza riservata tra colleghi, in violazione dell’art. 48 cdf (Nel caso di specie, la produzione era avvenuta per errore da parte della collaboratrice di studio, stante l’assenza dell’avvocato per malattia).”

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Produzione in giudizio di corrispondenza riservata: la buona fede ovvero la mera disattenzione non scrimina l’illecito
La violazione del divieto di produrre o riferire in giudizio la corrispondenza riservata costituisce illecito deontologico (art. 48 cdf), il quale non è scriminato dalla circostanza che il comportamento stesso sia dipeso da asserita distrazione, ovvero da asserita buona fede, giacché per l’imputabilità dell’infrazione è sufficiente la volontarietà con la quale è stato compiuto l’atto deontologicamente scorretto, a nulla rilevando la buona fede dell’incolpato ovvero le sue condizioni psico-fisiche, elementi dei quali si può tener conto solo nella determinazione concreta della sanzione (CNF n. 305/2023, CNF n. 181/2019, CNF n. 108/2019, CNF n. 181/2017, CNF n. 259/2016).

Produzione di corrispondenza riservata: l’illecito disciplinare sussiste anche se non ha influenzato il convincimento del giudice
La violazione dell’art. 48 cdf (divieto di produrre o riferire in giudizio la corrispondenza espressamente qualificata come riservata quale che ne sia il contenuto, nonché quella contenente proposte transattive scambiate con i colleghi a prescindere dalla suddetta clausola di riservatezza) costituisce illecito disciplinare, a nulla rilevando in contrario né l’errore di valutazione dell’incolpato sul contenuto della corrispondenza stessa, né l’eventuale irrilevanza della produzione stessa sul convincimento del giudice giacché l’illecito deontologico si configura indipendentemente dalla produzione e dall’entità del danno subìto dal cliente a seguito della condotta illecita posto che il fine del procedimento disciplinare è quello di salvaguardare il decoro e la dignità dell’intera classe forense (CNF n. 147/2022, CNF n. 110/2018).
Parimenti irrilevante ai fini della sussistenza dell’illecito è la dichiarazione di inammissibilità della produzione in giudizio (CNF n. 115/2012).

Il divieto di produrre la corrispondenza riservata non può essere aggirato chiedendo un ordine di esibizione ex art. 210 cpc
Il divieto di produrre la corrispondenza riservata scambiata con il collega (art. 48 cdf, già art. 28 codice previgente) non può essere aggirato richiedendo al Giudice di ordinare alla controparte l’esibizione di un documento della cui esistenza e del cui contenuto si aveva avuta notizia in via riservata da collega avversario (CNF n. 181/2019).

L’art. 185 bis cpc non deroga al divieto di produrre o riferire in giudizio di corrispondenza riservata
Il divieto assoluto di esibizione in giudizio di corrispondenza con colleghi contenente proposte transattive o comunque riservata (art. 48 cdf) non è escluso dall’invito del giudice a transigere ex art. 185 bis cpc, giacché la proposta conciliativa cui fa riferimento detta norma deve essere formulata in giudizio dalla parte proponente, e l’eventuale rifiuto della controparte (che può rilevare ai fini delle spese processuali) sarà insito nella mancanza di accettazione, quindi senza alcun bisogno di divulgare la corrispondenza riservata tra i difensori (Cass. n. 21109/2017, CNF parere n. 11/2012).

Corrispondenza riservata negli atti di altro procedimento: necessaria la richiesta di acquisizione
La corrispondenza riservata non può mai essere prodotta direttamente in giudizio dal difensore nemmeno quando la stessa risulti depositata in altro giudizio civile o penale: in questi casi il professionista, per non incorrere nella violazione deontologica di cui all’attuale art. 48 cdf, deve avanzare richiesta al giudice di acquisizione al procedimento in essere, del fascicolo giudiziario in cui la “corrispondenza“ risulta esser stata depositata (CNF n. 99/2018, CNF n. 198/2010).

Nell’ampia accezione di “giudizio”, in cui è vietato produrre o riferire la corrispondenza riservata, rientra anche il concordato preventivo
La corrispondenza riservata non può essere prodotta né riferita in “giudizio”, il quale ultimo deve essere considerato nella sua accezione più ampia, nella quale rientra il procedimento di concordato preventivo, che peraltro non ha natura meramente negoziale e privatistica, bensì pubblicistica sin dalle fasi anteriori all’omologazione (CNF n. 181/2017).

Dovere di riservatezza – Diffusione a mezzo stampa di corrispondenza scambiata con il collega – Attività difensiva scorretta – Illecito deontologico.
Pone in essere un comportamento disciplinarmente rilevante il professionista che abbia organizzato una conferenza stampa sul caso oggetto del suo mandato difensivo e per l’occasione abbia diffuso la corrispondenza riservata intercorsa con il collega (CNF n. 57/1999).

La produzione in giudizio di corrispondenza riservata è un illecito istantaneo
Ai fini della prescrizione dell’azione disciplinare, la violazione del divieto di cui all’art. 48 cdf è un illecito deontologico di carattere istantaneo, che si consuma ed esaurisce al momento stesso della produzione in giudizio della corrispondenza riservata tra colleghi (CNF n. 187/2024, CNF n. 2/2024, CNF n. 148/2023, CNF n. 221/2022, CNF n. 18/2021).
Deve quindi ritenersi superato il precedente orientamento, secondo cui la produzione in giudizio di corrispondenza riservata sarebbe invece un illecito deontologico permanente o continuato (cfr. CNF n. 117/2014, CNF n. 101/2014, CNF n. 170/2013).

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