Codice deontologico ➡️ Titolo V – Rapporti con terzi e controparti (artt. 63 – 68) ➡️ Art. 65 | |
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La minaccia di azioni sproporzionate e vessatorie alla controparte
L’art. 65 cdf ha come ratio quella di contemperare le esigenze di difesa dell’assistito con il necessario rispetto dell’altrui libertà di determinazione. Infatti, sebbene possa il difensore intimare alla controparte di adempiere sotto comminatoria di sanzioni, istanze o denunce, tale condotta non può assumere il carattere di minaccia di azioni o iniziative sproporzionate e vessatorie, specie se esclusivamente vòlte ad intimidire la controparte prefigurandole, in estremo dettaglio, conseguenze nefaste, tanto più se giuridicamente infondate o improbabili (CNF n. 97/2022, CNF n. 45/2020, CNF n. 200/2019, CNF n. 121/2019, CNF n. 221/2017, CNF n. 154/2017, CNF n. 35/2016, CNF n. 77/2015, CNF n. 204/2013, CNF n. 171/2013).
Il diritto-dovere di difesa: il rispetto dei principi educazionali e di proporzionalità
Il diritto-dovere di difesa del proprio assistito non può essere illimitato e oltre che rispettare i principi educazionali, trova il suo limite nel principio di proporzionalità, nel quale è contenuto anche il dovere di non vessazione, dal momento che la sproporzione può essere individuata anche nella sottoposizione ad imposizioni materiali o morali che non abbiano alcun collegamento funzionale con il soddisfacimento del diritto vantato (CNF n. 154/2017).
La richiesta di un compenso eccessivo non costituisce altresì minaccia di azioni od iniziative sproporzionate
La richiesta di pagamento del proprio compenso professionale da effettuarsi entro un termine congruo (nella specie, 10 giorni) sotto pena delle conseguenze di legge costituisce usuale sollecito di adempimento, che pertanto di per sè non assume altresì rilievo deontologico quale asserita minaccia di “azioni od iniziative sproporzionate o vessatorie” (art. 65 cdf) sol perché l’importo richiesto sia eccessivo rispetto all’attività effettivamente svolta (art. 29 codice deontologico). (CNF n. 143/2017)
La “minaccia” di azioni risarcitorie al giudice della propria causa
Il ritardo del Giudice nell’emissione del provvedimento richiestogli non legittima il difensore a minacciare richieste risarcitorie nei suoi confronti (specie se avanzate in pendenza del giudizio stesso al fine di precostituirsi una ragione di ricusazione), anche in considerazione dei presupposti nonché della legittimazione attiva e passiva che regolano l’azione esperibile nei confronti del Magistrato per asseriti danni derivanti da comportamenti dolosi o gravemente colposi nell’esercizio delle sue funzioni (Cass. n. 17720/2017, CNF n. 256/2016).
Sospeso l’avvocato che minacci il debitore di rivelare una sua presunta relazione extraconiugale in caso di mancato adempimento
Costituisce (anche) grave illecito disciplinare il comportamento dell’avvocato che minacci controparte con azioni sproporzionate e vessatorie (art. 65 cdf) rivolte ad intimidirla prefigurandole conseguenze nefaste sul piano personale, come la rivelazione al coniuge della stessa di una sua presunta relazione adulterina (CNF n. 362/2024).