In una recente sentenza, di cui riporto in calce la massima, il CNF ha per la prima volta affrontato la questione se la corrispondenza riservata inviata anche a terzi non iscritti all’albo o registro forense vincoli comunque il destinatario al divieto di produrla o riferirne in giudizio ex art. 48 cdf. Precisando sin d’ora che, in caso affermativo, il divieto in parola dovrebbe ritenersi operante anche per il mittente della corrispondenza stessa (CNF nn. 17/2019, 194/2017, 177/2017, 38/2012).

Ebbene, valorizzando l’avverbio “esclusivamente” (tra avvocati), che l’art. 48 cdf usa appunto per individuare la corrispondenza “riservata” e che non era invece presente nell’art. 28 codice previgente (sebbene anche allora ci si potesse arrivare in base ai principi, il CNF esclude espressamente che il divieto deontologico in parola operi nel caso in cui la corrispondenza sia indirizzata anche a terzi.

Sempre in tema di corrispondenza riservata e terzi, con l’occasione si segnala un altro analogo principio, espresso Consiglio Nazionale Forense, parere del 23 febbraio 2011, n. 31, in cui però si affronta la questione dalla diversa prospettiva in cui il terzo è mittente anziché destinatario della corrispondenza stessa, escludendo anche in tal caso che egli possa vincolare l’avvocato alla riservatezza ex art. 48 cdf della propria corrispondenza sol perché appunto dallo stesso dichiarata tale, come nella prassi spesso accade, ad esempio, nelle missive contenenti proposte transattive e provenienti dai liquidatori delle assicurazioni.

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