L’art. 70 co. 3 cdf stabilisce che “L’avvocato può partecipare ad una sola associazione o società tra avvocati”.

Tale previsione è sostanzialmente conforme all’originario art. 4 co. 4 L. n. 247/2012, che tuttavia è stato successivamente abrogato dall’art. 1 co. 141 lett. a) L. n. 124/2017 che ha pure eliminato dal comma 6 il riferimento alla rilevanza deontologica della violazione stessa.

Occorre quindi chiedersi se, al di là del fatto che non sia stata espressamente abrogata, la previsione codicistica sia tuttora vigente oppure no.

All’indomani della predetta riforma normativa ex L. n. 124/2017, la questione fu sottoposta (dal COA di Torino) al CNF, il quale in quella occasione prese atto dell’abrogazione della norma primaria (art. 4 co. 4 L. n. 247/2012) da cui traeva origine la disposizione codicistica (art. 70 co. 3 cdf), senza tuttavia affermarne né negarne conseguenze in ambito deontologico (CNF parere n. 19/2018). Non è quindi chiaro se l’art. 70 co. 3 cdf sia sopravvissuto all’abrogazione dell’art. 4 co. 4 L. n. 247/2012.

Per tentare di sciogliere il dubbio in autonomia, occorre anzitutto considerare che “la deontologia forense è retta da precetti speciali suoi propri, che definiscono la correttezza e la lealtà dell’operato dell’avvocato a prescindere dalla sua eventuale liceità civile, penale, amministrativo, ecc.”1.

Conseguentemente, un comportamento lecito per l’ordinamento ordinario (civile, penale, ecc.) può essere illecito per il codice deontologico e viceversa (art. 54 co. 1 L. n. 247/2012), stante l’autonomia dei rispettivi ordinamenti2.

Pertanto, in mancanza di una espressa previsione normativa che qualifichi una condotta (anche) come illecito deontologico3, non vi è una necessaria corrispondenza di liceità/illiceità tra i rispettivi ordinamenti, sicché non è possibile stabilire a priori se un determinato comportamento lecito/illecito secondo l’ordinamento “ordinario” lo sia anche dal punto di vista disciplinare, occorrendo di volta in volta una valutazione del comportamento stesso alla luce dei canoni deontologici. Così, per fare un esempio estremo che li ricomprenda tutti, lo stesso omicidio, che è uno degli illeciti più gravi per l’ordinamento “ordinario”, non costituisce necessariamente illecito deontologico (si pensi all’omicidio colposo stradale avvenuto in circostanze tali da escludere la benché minima compromissione dell’immagine dell’avvocatura).

Ciò doverosamente premesso in termini generali, è ora possibile affrontare il caso che ci occupa, che ha una delicata caratteristica: la condotta da valutare dal punto di vista deontologico (ossia la partecipazione dell’avvocato a più di una associazione o società tra avvocati) ha avuto una particolare evoluzione normativa, che per semplicità espositiva scomporremo nei due passaggi cronologici che la hanno interessata:

Fase 1: “originariamente

  • la condotta costituiva un illecito “ordinario” (art. 4 co. 4 L. n. 247/2012)
  • la condotta stessa costituiva altresì un illecito deontologico per espressa previsione normativa (art. 4 co. 6 L. n. 247/2012)
  • stante la necessaria corrispondenza prevista dalla legge, il codice deontologico si è quindi uniformato prevedendo la illiceità disciplinare della condotta (art. 70 co. 3 cdf).

Fase 2: “successivamente

Fase 3: “de jure condendo

Ora, se la condotta de qua fosse sempre stata “neutra” per l’ordinamento ordinario, cioè non ci fosse stato prima un divieto espresso (fase 1) poi abrogato (fase 2), l’ordinamento deontologico avrebbe potuto valutare la condotta stessa in assoluta autonomia. Nella specie, invece, appare opportuno esaminare -secondo gli ordinari criteri ermeneutici storici, sistematici e teleologici- le ragioni che hanno portato all’abrogazione del divieto da parte del Legislatore ordinario, per verificare se abbiano o meno rilievo in sede deontologica.

Ebbene i motivi che hanno determinato l’abrogazione del divieto in parola sono esplicitati dallo stesso art. 1 co. 141 lett. a) L. n. 124/2017: “al fine di garantire una maggiore concorrenzialità nell’ambito della professione forense”.

La vicenda, quindi, ricorda molto da vicino quanto accaduto a proposito del patto di quota lite: il divieto era originariamente previsto dalla legge e quindi dal codice deontologico; allorché il divieto fu abrogato dalla legge (c.d. “lenzuolate Bersani”) per ragioni anche allora volte a garantire una maggiore concorrenzialità nell’ambito della professione, “il Consiglio nazionale forense [fu] costretto a modificare il codice deontologico degli avvocati (delibera del 14 dicembre 2006), abrogando l’art. 45 [cod.prev.], che espressamente vietava il patto di quota lite” (CNF parere n. 19/2007). Per una ricostruzione della vicenda, cfr. questo articolo.

Mi pare, insomma, che le analogie siano di palmare evidenza.

Pertanto, in difetto di una sua abrogazione espressa, riterrei che l’art. 70 co. 3 cdf contrasti con il principio di libera concorrenza nell’ambito della professione forense, e sia quindi da disapplicare in base al principio della gerarchia delle fonti, perché appunto contrario alla esplicita ratio sottesa alla abrogazione del divieto normativo di cui all’art. 4 co. 4 L. n. 247/2012 ad opera art. 1 co. 141 lett. a) L. n. 124/2017.

Note

  1. Cass. n. 25440/2023, CNF n. 121/2023, CNF n. 86/2023, Cass. n. 11168/2022, CNF n. 189/2022, CNF n. 133/2022, CNF n. 104/2022, CNF n. 1/2022, CNF n. 268/2021, CNF n. 160/2021, CNF n. 139/2021, CNF n. 72/2020. ↩︎
  2. CNF n. 106/2024, CNF n. 86/2024, CNF n. 328/2023, CNF n. 260/2023, CNF n. 157/2023, CNF n. 87/2023, CNF n. 45/2023, CNF n. 266/2022, CNF n. 266/2022, CNF n. 264/2022, CNF n. 263/2022, CNF n. 257/2022, CNF n. 253/2022, CNF n. 250/2022, CNF n. 212/2022, CNF n. 209/2022, CNF n. 173/2022, CNF n. 80/2022, Cass. n. 9547/2021, CNF n. 256/2021, CNF n. 168/2021, CNF n. 14/2021, CNF n. 12/2021, CNF n. 197/2020, CNF n. 164/2020, CNF n. 1/2020. ↩︎
  3. Per citarne solo alcune, v. l’art. 6 co. 4 L. n. 247/2012 in tema di segreto professionale, l’art. 7 co. 6 L. n. 247/2012 in tema di domicilio professionale, l’art. 10 L. n. 247/2012 in tema di informazioni sull’esercizio della professione, l’art. 12 L. n. 247/2012 in tema di assicurazione professionale, l’art. 85 DPR n. 115/2002 in tema di Patrocinio a spese dello Stato, l’art. 6, co. 2, L. n. 53/1994 in tema di notifiche in proprio. ↩︎

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