Il 28 marzo si è tenuto il primo evento del ciclo di incontri formativi “I giovedì della deontologia“, organizzato dal COA di Modena in “missione” itinerante per tutta la provincia.

Introdotti da Mariani e Zironi (rispettivamente presidente e segretario del COA modenese), stavolta lo specifico tema di discussione trattato dai relatori Corradini e Pastorelli (entrambi con esperienza diretta “sul campo”, sia al CDD che al COA) è stato il conflitto di interessi e il mandato difensivo, quest’ultimo tanto nei suoi aspetti fisiologici (l’adempimento) quanto in quelli patologici (rinuncia e revoca dell’incarico).

Il taglio pratico di entrambe le relazioni è stato particolarmente apprezzato dal pubblico in sala, coinvolto nella discussione di alcuni casi pratici piuttosto spinosi arrivati all’attenzione della giurisprudenza domestica e di legittimità.

Tra i vari temi trattati, si è discusso pure del preventivo e, in particolare, delle differenze tra la disciplina normativa, così come novellata nel 2017, e il codice deontologico del 2014.
Infatti, l’art. 27 co. 2 cdf prevede tuttora l’obbligo del preventivo scritto per l’avvocato, solo “se richiesto”, mentre l’art. 13 co. 5 L. n. 247/2012 (come novellato dall’art. 1 co. 141 lett. d L. n. 124/2017) non subordina più tale adempimento ad una richiesta del cliente. Ovviamente, per la gerarchia delle fonti, la legge prevale senz’altro sul codice deontologico (sicché l’avvocato è sempre tenuto al preventivo, quindi anche a prescindere da una richiesta in tal senso), ma -stante il mancato corrispondente adeguamento del codice- si pone il problema delle eventuali conseguenze di una tale violazione sul piano (anche) deontologico, giacché non ogni violazione di legge rileva automaticamente in ambito disciplinare (così come, simmetricamente, la rilevanza deontologica di un comportamento prescinde dalla sua eventuale liceità secondo l’ordinamento civile, penale, amministrativo, ecc.), sicché non può escludersi che, tuttora, la mancata consegna al cliente del preventivo sia rilevante deontologicamente solo per l’avvocato a cui sia stato richiesto.

Da questa riflessione, appunto emersa nel corso del convegno in parola (per la cronaca: la tesi alla fine prevalsa è stata quella della rilevanza disciplinare dell’omessa consegna del preventivo anche in caso di mancata richiesta da parte del cliente), ne germoglia un’altra, sempre dall’art. 27 cdf, il quale nel successivo comma 6 nuovamente subordina ad una espressa richiesta le informazioni al cliente/parte assistita sullo stato della pratica (“L’avvocato, ogni qualvolta ne venga richiesto, deve informare il cliente e la parte assistita sullo svolgimento del mandato a lui affidato”).
Su tale ultimo aspetto, tuttavia, il CNF si è recentemente pronunciato in sede giurisdizionale con due sentenze pressoché coeve, secondo cui “L’avvocato è tenuto ad informare il cliente e la parte assistita sullo svolgimento del mandato a lui affidato, ogni volta che ciò sia opportuno, quindi a prescindere da eventuali richieste in tal senso ricevute, le quali -per converso- non fanno automaticamente sorgere l’obbligo deontologico in parola allorché non vi siano provvedimenti od attività meritevoli di comunicazione” (Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Melogli, rel. Greco), sentenza n. 5 del 11 gennaio 2021; Consiglio Nazionale Forense (pres. Masi, rel. Sorbi), sentenza n. 24 del 20 febbraio 2021).

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