In due recenti sentenze, di cui riporto in calce le relative massime, la Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi del complesso e delicato rapporto giuridico che intercorre tra avvocato e cliente, nel suo duplice aspetto negoziale ovvero il contratto di patrocinio e l’accordo sul compenso professionale, che trovano la propria disciplina negli artt. 13 e 14 L. n. 247/2012 nonché negli artt. 11, 23 e 25 cdf.
In particolare, quanto al contratto di patrocinio, la S.C. ne ha affermato la natura speciale rispetto all’ordinario contratto di opera professionale e di generico mandato, in virtù dello straordinario rapporto fiduciario che lega le parti e che consente ad entrambe, proprio in deroga alla disciplina generale, di sciogliersi dal rapporto ad nutum, quindi anche senza una giusta causa (Cass. n. 7180/2023). A tal proposito, mi limito a segnalare che la Corte sembra riferire tale principio soltanto al contratto di patrocinio giudiziale, all’uopo richiamando l’art. 85 cpc («la procura può essere sempre revocata e il difensore può sempre rinunciarvi»), ma in realtà esso vale senz’altro anche per gli incarichi stragiudiziali, alla luce della sua stessa ratio (la tutela del rapporto fiduciario) e come del resto si ricava dall’art. 14 L. n. 247/2012 («L’avvocato ha inoltre sempre la facoltà di recedere dal mandato, con le cautele necessarie per evitare pregiudizi al cliente»), che appunto non distingue tra i due ambiti e ha infatti portata generale riferibile a tutti i tipi di incarico.
Con riferimento, invece, all’accordo sul compenso professionale, la S.C. ha ricordato che esso deve essere redatto per iscritto a pena di nullità, con conseguente applicabiltà degli ordinari principi in tema di negozi per i quali sia prevista la forma scritta ad substantiam, sicché tanto la proposta quanto l’accettazione devono rivestire tale forma e il relativo contratto non può essere provato per testi salvo ricorrano le eccezioni espressamente previste dalla legge (Cass. n. 717/2023).
Ad ogni modo, sia che li si intenda come contratti distinti e tra loro collegati o come un unico rapporto contrattuale, la stessa Corte precisa che l’eventuale nullità dell’accordo sul compenso non inficia il relativo contratto di patrocinio: si tratterebbe, quindi, di nullità parziale ex art. 1419 cc, sicché l’attività professionale svolta dall’avvocato dovrebbe essere comunque remunerata, sebbene in applicazione dei parametri forensi, che sostituirebbero appunto l’accordo o parte di accordo viziato (quello sul compenso, appunto), integrando così il contratto di patrocinio (Cass. n. 7180/2023 cit.).
Contratto di patrocinio: la disciplina speciale in tema di recesso e revoca dell’incarico
Il contratto di patrocinio – con cui il professionista assume l’incarico di rappresentare la parte in giudizio – non è interamente riconducibile allo schema delineato dal codice civile, negli articoli da 2229 a 2238, per il contratto d’opera intellettuale, proprio in quanto trova la sua disciplina speciale negli articoli da 82 a 87 del codice di procedura civile e nelle norme speciali in materia di professione di avvocato e dei suoi compensi (art. 14 co. 1 L. n. 247/2012). Infatti, ai sensi dell’art. 85 cod.proc.civ. «la procura può essere sempre revocata e il difensore può sempre rinunciarvi», ma la revoca e la rinuncia non hanno «effetto nei confronti dell’altra parte finché non sia avvenuta la sostituzione del difensore»: dalla formulazione della norma risulta allora evidente che, in deroga agli art. 2119 e 2237 cod.civ., il recesso dell’avvocato dal mandato è sempre liberamente esercitabile senza necessità della ricorrenza di una giusta causa, seppure, per scongiurare le conseguenze pregiudizievoli all’assistito per la perdita della difesa tecnica e alla controparte per la mancanza di un titolare di ius postulandi, l’attività mandata della rappresentanza in giudizio prosegua ad ogni effetto fino alla nomina di nuovo difensore: la violazione di questo dovere è sanzionato disciplinarmente (art. 32 cdf) e può essere fonte di risarcimento dei danni, che tuttavia non possono essere identificati, attesa la libertà di recesso, nelle immediate conseguenze della rinuncia al mandato, cioè, per l’assistito, nella necessità di procurarsi un nuovo difensore, ma soltanto nelle conseguenze dell’esercizio del diritto di rinuncia da parte del difensore in violazione delle modalità e delle cautele prescrittegli. In corrispondenza, è ugualmente e chiaramente assicurato all’assistito il diritto alla revoca del mandato al suo difensore, senza alcun limite, soltanto per essere venuto meno il rapporto fiduciario.
Accordo sul compenso: le conseguenze della violazione del divieto di patto di quota lite
Qualora l’accordo di determinazione sul compenso sia nullo per violazione del divieto di patto di quota lite, tale vizio non inficia l’intero contratto di patrocinio (art. 1419 cc), sicché l’attività professionale svolta deve essere comunque remunerata sebbene in applicazione delle tariffe professionali.
Corte di Cassazione (pres. Manna, rel. Papa), Sez. II, sentenza n. 7180 del 10 marzo 2023
La forma dell’accordo sul compenso professionale
L’accordo di determinazione del compenso professionale tra l’avvocato e il suo cliente deve rivestire la forma scritta a pena di nullità ex art. 2233 cc, che non può ritenersi abrogata dall’art. 13, comma 2, L. n. 247/2012, lì dove ha stabilito che “il compenso spettante al professionista è pattuito di regola per iscritto all’atto del conferimento dell’incarico professionale”, poiché la novità legislativa, lasciando impregiudicata la prescrizione contenuta nell’art. 2233, ult. comma, c.c., ha inteso disciplinare non la forma del patto, che resta quella scritta a pena di nullità, ma solo il momento in cui stipularlo, che di regola è quello del conferimento dell’incarico professionale. Conseguentemente: 1) tanto la proposta quanto l’accettazione devono rivestire la forma scritta, non essendo all’uopo sufficiente un comportamento concludente, né la scrittura in parola può essere sostituita da mezzi probatori diversi, come una dichiarazione di quietanza ovvero una fattura; 2) la prova per presunzioni semplici (art. 2729 c.c.) è ammissibile, al pari della testimonianza, soltanto nell’ipotesi, prevista dagli artt. 2725 e 2724 n. 3 c.c., di perdita incolpevole del documento (Nel caso di specie, il compenso professionale era stato determinato con delibera societaria, a cui l’avvocato aveva poi aderito, dando esecuzione al mandato ed emettendo la relativa fattura, ma senza formalizzare l’accettazione. In applicazione del principio di cui in massima, la Corte ha escluso l’esistenza di un valido accordo sul compenso).
Corte di Cassazione (pres. Di Virgilio, rel. Dongiacomo), Sez. II, sentenza n. 717 del 12 gennaio 2023