Pur in mancanza di esplicite pronunce sul punto, al quesito deve darsi risposta negativa.
Infatti, all’istituto della prescrizione dell’azione disciplinare non trova applicazione l’art. 2944 c.c. (secondo cui il riconoscimento di debito, ovvero la confessione, fa decorrere ab initio un nuovo termine prescrizionale), bensì l’art. 56 co. 3 L. n. 247/2012, che tipizza e individua in modo tassativo gli atti interruttivi della prescrizione disciplinare (per tutte, CNF n. 101/2023) e tra questi non vi è, appunto, la confessione del segnalato/incolpato.
Tale soluzione appare peraltro conforme alla nuova struttura della prescrizione disciplinare, la quale segue ora criteri di matrice penalistica e non più civilistici (da ultimo, CNF n. 240/2024): in sede penale, infatti, gli atti interruttivi della prescrizione sono tassativi (art. 160 c.p.) e la confessione (dell’imputato) -non presente in detto elenco- è pacificamente irrilevante ai fini della prescrizione (del reato).
Nei medesimi sensi, Deontologicus:
