La depressione o una malattia mentale possono avere un impatto sulla valutazione della responsabilità disciplinare di un avvocato. Tuttavia, non costituiscono di per sé una causa di giustificazione automatica.

Un vizio parziale di mente, come una depressione, può ridurre la capacità di cognizione e di volere dell’avvocato, influenzando quindi la sua capacità di adempiere correttamente ai suoi doveri professionali. Questo può avere effetti sul grado di gravità dell’illecito disciplinare commesso e, di conseguenza, sull’entità della sanzione da irrogare. Tuttavia, per essere rilevante ai fini disciplinari, la ridotta capacità di intendere e di volere deve essere tale da determinare una totale incapacità di intendere e di volere, e quindi di non imputabilità sul piano disciplinare (Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 20 luglio 2013, n. 128).

In ogni caso, la presenza di un disturbo mentale può essere considerata dal Consiglio Distrettuale di Disciplina o dal Consiglio Nazionale Forense come un fattore attenuante nel determinare la sanzione da imporre.

È importante sottolineare che un avvocato che soffre di una malattia mentale ha l’obbligo di cercare aiuto e di prendere le misure necessarie per garantire che la sua condizione non abbia un impatto negativo sui suoi clienti. Se un avvocato non è in grado di adempiere ai suoi doveri professionali a causa di una malattia mentale, può essere necessario che lui o lei si astenga dall’esercitare la professione fino a quando non sia in grado di farlo in modo competente e professionale.


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