L’avvocato ha diritto di svolgere, con la massima ampiezza, tutte le proprie tesi difensive in fatto ed in diritto, senza tuttavia abusare del processo, perché tale comportamento -contrario ai doveri di lealtà, correttezza e colleganza- finirebbe per insinuare nei terzi il convincimento che l’avvocato possa effettuare scorribande in tutti i settori del diritto purché sia raggiunto lo scopo della (falsa) tutela del cliente1.

Conseguentemente, anche a prescindere dalla segnalazione del giudice ex art. 88 cpc (Cass. n. 5245/1984), ed oltre all’ipotesi di abuso del diritto/processo “tipizzata” dall’art. 66 cdf (Pluralità di azioni nei confronti della controparte), può costituire atipico illecito disciplinare:

Infine, tali comportamenti abusivi “atipici” sono sanzionabili facendo applicazione analogica dell’art. 50 cdf che disciplina il ”Dovere di verità” (CNF n. 188/2019).

Note.

  1. A proposito dei limiti all’attività professionale previsto, ad esempio, dall’art. 23 cdf, cfr. CNF n. 42/2024, CNF n. 303/2023, CNF n. 252/2023, CNF n. 139/2023, CNF n. 108/2022, CNF n. 268/2021, CNF n. 10/2017. ↩︎

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