Pur senza andarne alla ricerca, mi sto (involontariamente) imbattendo in non poche disposizioni di legge che attribuiscono espressamente la competenza disciplinare al COA anziché al CDD.
Finché si tratta di norme precedenti all’entrata in vigore della L. n. 247/2012, e in particolare dell’art. 50 comma 1 (secondo cui “Il potere disciplinare appartiene ai consigli distrettuali di disciplina forense”), il problema neppure si pone, visto che lex posterior derogat priori.
Qualche imbarazzo sussiste, invece, nel caso in cui l’attribuzione della potestas judicandi al COA avvenga ad opera della stessa legge professionale che, in altra norma (art. 50 cit.), la attribuisce ai CDD in via generale.
Ecco, non proprio “in via generale”, ma in assoluto.
Perché parlare di attribuzione della potestà disciplinare ai CDD solo “in via generale” significherebbe ammettere che -in virtù del principio interpretativo secondo cui lex specialis derogat generali– quel medesimo potere possa essere attribuito ad altri soggetti (il COA, appunto) per specifiche questioni e per particolari esigenze. Il che obbligherebbe ad una interpretazione letterale di quelle norme.
Invece, quelle disposizioni che apparentemente derogano all’art. 50 cit. vanno in realtà declassate a meri refusi normativi, purtroppo non rari, ancorché riguardino alcuni soggetti particolari (come da elenco in calce) per i quali potrebbero anche ravvisarsi motivi astratti che giustifichino la trattazione disciplinare da parte di soggetti diversi dal CDD.
In realtà, quindi, il principio espresso dall’art. 50, co. 1, L. n. 247/2012 (secondo cui “Il potere disciplinare appartiene ai consigli distrettuali di disciplina forense”) non è derogato dalle contrarie disposizioni, le quali -se precedenti- devono ritenersi novellate (“lex posterior derogat priori”), mentre -se coeve- devono ritenersi frutto di un mero errore materiale (non trovando applicazione il principio “lex specialis derogat generali”):
- Art. 4 bis, co. 6, L. n. 247/2012, secondo cui le società tra avvocati sarebbero “soggette alla competenza disciplinare dell’ordine di appartenenza”
- Art. 23, co. 3, L. n. 247/2012, secondo cui gli avvocati degli enti pubblici sarebbero “sottoposti al potere disciplinare del consiglio dell’ordine”
- Art. 42 L. n. 247/2012, secondo cui i praticanti avvocati sarebbero “soggetti al potere disciplinare del consiglio dell’ordine”
- Art. 11, co. 1, D.Lgs. n. 96/2001, secondo cui gli avvocati stabiliti sarebbero soggetti “al potere disciplinare del Consiglio dell’ordine competente”
- Art. 11, co. 1, L. n. 31/1982, secondo cui gli avvocati stranieri che esercitano in Italia la professione forense in modo temporaneo sarebbero soggetti “al potere disciplinare del consiglio dell’ordine competente per territorio”