Il CNF si è recentemente occupato della delicata questione dell’efficacia temporale delle sanzioni disciplinari definitive. In particolare, il caso deciso dal giudice speciale forense riguardava il ricorso proposto da un avvocato che, al fine di potersi iscrivere nell’elenco dei mediatori, aveva richiesto la cessazione degli effetti della censura irrogatagli oltre dieci anni prima, all’uopo invocando una sorta di limitata efficacia temporale delle sanzioni disciplinari, in analogia con quanto previsto in sede civile a proposito della c.d. actio judicati.
La rilevanza della questione, come si può ben comprendere, non è limitata al caso del mediatore, giacché sono sempre più frequenti le previsioni normative che subordinano espressamente l’iscrizione in elenchi vari (ad es., difensori d’ufficio, gratuito patrocinio, ecc.) o la partecipazione a bandi e concorsi pubblici e priovati all’assenza di condanne disciplinari (generalmente superiori al’avvertimento), senza tuttavia prevedere alcuna limitazione temporale delle sanzioni stesse, sicché anche una censura subita 20 anni prima, magari all’inizio della professione o addirittura da praticante, può essere negativamente determinante.
Ad esempio, senza pretese di completezza:
- l’art. 29 D.Lgs. n. 271/1989 in tema di difese d’ufficio, con riferimento a sanzioni disciplinari superiori all'”ammonimento” (rectius, avvertimento);
- l’art. 81 DPR n. 115/2002 in tema di patrocinio a spese dello Stato (cd. gratuito patrocinio), con riferimento a sanzioni disciplinari superiori all’avvertimento;
- l’art. 4, co. 4, lett. c, DM n. 180/2010 in tema di mediaconciliazione, con riferimento a sanzioni disciplinari superiori all’avvertimento;
- l’art. 7 L. n. 53/1994 in tema di notifiche in proprio cartacee, con riferimento a sanzioni disciplinari superiori alla censura;
Invece, per una espressa limitazione temporale dell’efficacia delle sanzioni disciplinari, cfr. l’art. 3, co. 3, L. n. 113/2017, secondo cui “Sono eleggibili gli iscritti che hanno diritto di voto, che non abbiano riportato, nei cinque anni precedenti, una sanzione disciplinare esecutiva più grave dell’avvertimento.”.
Il tutto aggravato -se così si può dire- dal fatto che l’istituto della riabilitazione non si applica alle sanzioni disciplinari (cfr., per tutte, Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 13 dicembre 2018, n. 174, che ha rigettato la relativa q.l.c.). E lo stesso dicasi, in tale sede disciplinare, per aministia, indulto e benefici penali della non menzione (per tutte, Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 3 maggio 2016, n. 116).
Ebbene, con la sentenza n. 153/2023 qui in commento, il CNF ha preso necessariamente atto dello stato dell’arte (normativa) e quindi ricordato che la sanzione disciplinare definitiva mantiene i propri effetti -anche indiretti- senza limitazioni tenporali di sorta, salvo espressa deroga normativa, quantomeno a specifici fini, così rigettando il ricorso, in quanto inammissibile.