Oggi parleremo di un caso giuridico interessante che illustra il concetto di “cessazione della materia del contendere” nel diritto disciplinare forense. La sentenza n. 267 emessa dal Consiglio Nazionale Forense il 20 aprile 2024, che analizzeremo in dettaglio, riguarda un avvocato del Foro di Roma, che era stato sospeso dall’esercizio della professione per due anni dal Consiglio Distrettuale di Disciplina (CDD) di Roma. L’avvocato aveva impugnato la decisione del CDD dinanzi al CNF, ma successivamente ha rinunciato all’impugnazione. Di conseguenza, il CNF ha dichiarato la cessazione della materia del contendere. Il punto focale del caso è che l’Avv. [RICORRENTE] ha erroneamente interpretato la dichiarazione di cessazione della materia del contendere come una sorta di annullamento della sanzione disciplinare inflittagli dal CDD. Tuttavia, il CNF ha chiarito che la cessazione della materia del contendere non equivale ad una pronuncia di accoglimento, bensì ad una pronuncia di estinzione del giudizio. In altre parole, il CNF non ha espresso un giudizio di merito sulla sanzione disciplinare, ma ha semplicemente constatato che, a seguito della rinuncia all’impugnazione, non c’era più una controversia da risolvere. Di conseguenza, la sanzione disciplinare è rimasta valida, nonostante la dichiarazione di cessazione della materia del contendere. Questo caso offre un importante insegnamento: la cessazione della materia del contendere non comporta automaticamente l’annullamento del provvedimento impugnato. Anzi, in ambito disciplinare forense, l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere determina la stabilizzazione del provvedimento impugnato. Vi invitiamo a rimanere con noi per approfondire questo tema e comprendere meglio le implicazioni pratiche della cessazione della materia del contendere nel diritto disciplinare forense.

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