I rapporti tra avvocato e stampa sono regolamentati dall’articolo 57 del Codice Deontologico Forense (CDF), che stabilisce le linee guida per il comportamento dell’avvocato nei confronti degli organi di informazione e in ogni attività di comunicazione.

Secondo l’art. 57 CDF, l’avvocato deve evitare di fornire notizie coperte dal segreto di indagine, di spendere il nome dei propri clienti e assistiti, di enfatizzare le proprie capacità professionali, di sollecitare articoli o interviste e di convocare conferenze stampa, salvo che ciò non sia necessario per le esigenze di difesa del cliente. Inoltre, l’avvocato è tenuto ad assicurare l’anonimato dei minori.

La violazione di queste disposizioni può comportare sanzioni disciplinari, che possono arrivare fino alla sospensione dall’esercizio dell’attività professionale per un periodo da due a sei mesi.

È importante sottolineare che l’avvocato può fornire informazioni agli organi di informazione solo con il consenso del proprio assistito e nell’esclusivo interesse dello stesso, purché tali informazioni non siano coperte dal segreto di indagine.

In generale, l’avvocato deve sempre agire con discrezione e riservatezza, ispirandosi a criteri di equilibrio e misura nel rilasciare interviste o partecipare a rubriche fisse su organi di stampa o in trasmissioni televisive o radiofoniche, previa comunicazione al Consiglio dell’Ordine di appartenenza.

Queste regole sono state stabilite per tutelare la riservatezza e l’integrità del rapporto tra avvocato e cliente, nonché per mantenere l’ordine e la dignità della professione forense.


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