In base al Codice Deontologico Forense (CDF), gli avvocati hanno il dovere di comportarsi con dignità e decoro, sia nella dimensione professionale che privata (art. 9 CDF). Ciò include l’obbligo di astenersi dal pronunciare espressioni offensive o sconvenienti (art. 52 CDF).
– Il Consiglio Nazionale Forense, con la sentenza n. 141 del 27 luglio 2020 (pres. f. Melogli, rel. Baffa), ha affermato che il carattere illecito di tali espressioni deve essere valutato caso per caso e alla luce dell’ambito in cui esse sono state pronunciate. – Inoltre, con la sentenza n. 42 del 25 febbraio 2020 (pres. Mascherin, rel. Orlando), ha ribadito che le espressioni sconvenienti o offensive non sono giustificate dalla provocazione altrui, né dalla reciprocità delle offese, né dallo stato d’ira o di agitazione derivante da queste. Questi elementi possono solo influenzare la determinazione della sanzione, ma non escludono la rilevanza deontologica di tali espressioni.
– Il diritto-dovere di difesa non giustifica l’uso di espressioni offensive o sconvenienti. Anche se l’avvocato ha il potere e il dovere di usare toni accesi e fermezza nel difendere i propri clienti, non può mancare di rispetto ai doveri di probità e lealtà. Questo è stato stabilito dal Consiglio Nazionale Forense con la sentenza del 27 settembre 2018, n. 112 (pres. Masi).
– Infine, l’avvocato può usare espressioni forti in un atto di giudizio solo se queste sono pertinenti alla difesa e non sono oggettivamente ingiuriose. Questo è stato stabilito dal Consiglio Nazionale Forense con la sentenza del 9 settembre 2017, n. 120 (rel. Gaziano).