Il divieto per l’avvocato di acquisire clienti a mezzo di agenzie o procacciatori, come stabilito dall’art. 37 del Codice Deontologico Forense (CDF), significa che l’avvocato non può utilizzare intermediari, agenzie o procacciatori d’affari per ottenere nuovi clienti. Questo divieto è volto a garantire che l’acquisizione di clientela avvenga in modo etico e conforme ai principi di correttezza e decoro professionale.
In particolare, l’art. 37 CDF stabilisce che:
- Divieto di utilizzo di intermediari: L’avvocato non deve acquisire rapporti di clientela attraverso agenzie o procacciatori. Questo significa che non può avvalersi di terzi che, in cambio di una commissione o di altri vantaggi, gli procurino clienti.
- Divieto di corrispondere compensi per la presentazione di clienti: L’avvocato non deve offrire o corrispondere a colleghi o a terzi provvigioni o altri compensi come corrispettivo per la presentazione di un cliente o per l’ottenimento di incarichi professionali.
- Divieto di offerte non richieste: È vietato all’avvocato offrire, senza esserne richiesto, una prestazione personalizzata rivolta a una persona determinata per uno specifico affare.
La violazione di questi divieti comporta sanzioni disciplinari che possono variare dall’avvertimento alla censura, fino alla sospensione dall’esercizio della professione per un periodo non superiore a un anno, a seconda della gravità dell’infrazione.
Questi divieti sono finalizzati a preservare l’integrità e la dignità della professione forense, evitando pratiche che possano compromettere l’indipendenza e l’imparzialità dell’avvocato, nonché la fiducia del pubblico nella professione legale.
Riferimenti:
- Art. 37 Codice Deontologico Forense (CDF)
- Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Corona, rel. Pizzuto), sentenza n. 23 del 23 febbraio 2024