In caso di divergenza tra la contestazione dell’illecito e l’incolpazione, è importante valutare se tale divergenza abbia determinato una trasformazione radicale del fatto concreto, tale da generare incertezza sull’oggetto dell’addebito e, di conseguenza, una reale violazione del principio del contraddittorio e dei diritti della difesa.
Il Consiglio Nazionale Forense (CNF) ha chiarito che la violazione della regola della corrispondenza tra la contestazione e la pronuncia disciplinare si verifica solo quando il fatto posto a base della sentenza abbia il carattere dell’eterogeneità rispetto a quello contestato. In altre parole, la nullità del procedimento disciplinare per difetto della specificità della contestazione sussiste solo quando vi sia incertezza sui fatti contestati, con la conseguente impossibilità per l’incolpato di svolgere le proprie difese (CNF, sentenza n. 256 del 15 dicembre 2022).
Inoltre, la giurisprudenza del CNF ha affermato che l’indagine volta ad accertare la correlazione tra l’addebito contestato e la decisione disciplinare non va fatta alla stregua di un confronto meramente formale, ma deve dare rilievo all’iter del procedimento e alla possibilità per l’incolpato di conoscere l’addebito e di discolparsi (CNF, sentenza del 22 novembre 2018, n. 166).
Pertanto, la modifica della qualificazione giuridica dell’incolpazione nel corso del procedimento disciplinare è possibile, a condizione che non determini alcuna lesione del diritto di difesa dell’incolpato e che gli elementi essenziali della materialità del fatto addebitato rimangano immutati (CNF, sentenza n. 192 del 3 ottobre 2023).
In sintesi, la divergenza tra contestazione dell’illecito e incolpazione non comporta automaticamente la nullità del procedimento disciplinare, ma è necessario valutare se tale divergenza abbia compromesso il diritto di difesa dell’incolpato.