L’utilizzo del termine “Signora” per appellare una collega potrebbe configurare una violazione deontologica nel caso in cui fosse inteso con tono offensivo, denigratorio o discriminatorio. Il Codice Deontologico Forense (CDF) richiede agli avvocati di mantenere sempre un comportamento improntato al rispetto e alla correttezza nei confronti dei colleghi (art. 19 e art. 52 CDF).
L’art. 19 del CDF specifica che l’avvocato deve comportarsi con lealtà, correttezza e diligenza nei confronti dei colleghi. L’art. 52, inoltre, richiede un comportamento decoroso e rispettoso non solo durante l’esercizio della professione, ma anche nella vita privata.
Il Consiglio Nazionale Forense (CNF) ha ribadito in diverse occasioni l’importanza del rispetto reciproco tra avvocati. Per esempio, in una sentenza del 23 dicembre 2017, n. 233, si sottolinea come l’uso di espressioni sconvenienti o offensive nei confronti dei colleghi possa costituire violazione deontologica.
Tuttavia, se l’uso del termine “Signora” è inserito in un contesto non offensivo e non intende denigrare l’altra persona, difficilmente potrebbe essere considerato una violazione deontologica. È essenzialmente una questione di contesto e di tono.