No, il principio di stretta tipicità dell’illecito, proprio del diritto penale, non trova applicazione nella materia disciplinare forense. Infatti, il nuovo sistema deontologico forense è governato dall’insieme delle norme, primarie e secondarie, che sono informati al principio della tipizzazione della condotta disciplinarmente rilevante e delle relative sanzioni “per quanto possibile”. Ciò significa che non è prevista una tassativa elencazione dei comportamenti vietati, poiché la variegata e potenzialmente illimitata casistica di tutti i comportamenti (anche della vita privata) costituenti illecito disciplinare non ne consente una individuazione dettagliata, tassativa e non meramente esemplificativa. Conseguentemente, l’eventuale mancata “descrizione” di uno o più comportamenti e della relativa sanzione non genera l’immunità, giacché è comunque possibile contestare l’illecito anche sulla base della norma di chiusura, secondo cui “la professione forense deve essere esercitata con indipendenza, lealtà, probità, dignità, decoro, diligenza e competenza, tenendo conto del rilievo sociale e della difesa e rispettando i principi della corretta e leale concorrenza”.