L’omessa o tardiva fatturazione di compensi percepiti da un avvocato è considerata un illecito deontologico di natura permanente. Questo significa che la violazione si protrae nel tempo fino a quando l’avvocato non pone fine alla condotta omissiva emettendo la fattura. La natura permanente dell’illecito implica che il termine prescrizionale per l’azione disciplinare inizia a decorrere solo dalla data in cui l’avvocato ha cessato la condotta omissiva o ha regolarizzato la sua posizione.
Questa interpretazione è stata confermata da diverse sentenze del Consiglio Nazionale Forense (CNF), come la sentenza n. 255 del 15 dicembre 2022, la sentenza n. 106 del 25 giugno 2022 e la sentenza n. 81 del 28 aprile 2021, nonché dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, come la sentenza n. 10085 del 14 aprile 2023 e la sentenza n. 16252 dell’8 giugno 2023.
Inoltre, la sentenza del CNF n. 86 del 10 giugno 2014 ha sottolineato che la rilevanza deontologica della violazione del dovere di adempimento fiscale, previdenziale e contributivo prescinde da un danno all’Erario e non è esclusa dalla successiva regolarizzazione mediante il cosiddetto “ravvedimento operoso”.
Pertanto, l’omessa o tardiva fatturazione non è considerata un illecito istantaneo, ma permanente, e l’avvocato ha l’obbligo deontologico di emettere fattura tempestivamente e contestualmente alla riscossione dei compensi, come previsto dagli articoli 16 e 29 del Codice Deontologico Forense.