Secondo il parere del Consiglio Nazionale Forense n. 20 del 20 febbraio 2013, non si configura incompatibilità tra l’iscrizione all’albo forense e la prestazione di attività inerenti al funzionamento dell’impresa familiare ex art. 230 bis c.c. L’impresa familiare è un istituto giuridico afferente all’organizzazione patrimoniale della famiglia e, secondo la giurisprudenza prevalente, assume i connotati dell’impresa individuale, con conseguente attribuzione all’imprenditore delle funzioni gestorie e degli oneri ed obblighi connessi all’esercizio dell’attività d’impresa. Il familiare collaboratore, invece, ha semplicemente diritto al mantenimento e alla partecipazione all’eventuale utile rinveniente dall’impresa, non essendo contemplata alcuna altra forma di retribuzione della sua opera. Pertanto, la prestazione di attività inerenti al funzionamento dell’impresa familiare non costituisce un’attività continuativa o professionale di lavoro autonomo o subordinato, né l’esercizio di impresa commerciale in nome proprio o in nome e per conto altrui, che sono le attività incompatibili con la professione forense ai sensi dell’art. 18 della Legge n. 247/2012.


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