L’articolo 48 del Codice Deontologico Forense stabilisce chiaramente che è vietato produrre o riferire in giudizio la corrispondenza qualificata come riservata o contenente proposte transattive scambiate tra colleghi. Questo principio prevale su considerazioni legate al dovere di difesa e altre esigenze del processo, al fine di garantire la correttezza e la lealtà nei rapporti tra colleghi professionisti.
Riguardo alla possibilità di produrre una risposta a una missiva riservata, anche con omissioni delle parti riservate o delle proposte transattive, il divieto rimane fermo. Infatti, la separazione delle parti riservate da quelle non riservate non cancella il significato complessivo della comunicazione e non elimina il carattere di riservatezza con cui la corrispondenza è stata qualificata. La riservatezza riguarda l’intera comunicazione, non singole parti di essa.
Il Consiglio Nazionale Forense ha più volte ribadito che il divieto è relativo all’atto comunicativo nel suo complesso (cfr. CNF, sentenza n. 177 del 21 novembre 2017), e produrre anche solo una parte della corrispondenza riservata comporterebbe una violazione delle norme deontologiche.
Pertanto, per rispettare le norme deontologiche, non sono producibili in giudizio né il testo completo né parti di una corrispondenza qualificata come riservata, anche se omessi i passaggi riservati o transattivi.