Secondo l’art. 38 co. 1 cdf, “L’avvocato che intenda promuovere un giudizio nei confronti di un collega per fatti attinenti all’esercizio della professione deve dargliene preventiva comunicazione per iscritto, salvo che l’avviso possa pregiudicare il diritto da tutelare.”
Tale articolo impone all’avvocato l’obbligo di comunicare preventivamente al collega contro il quale intende agire le ragioni del proprio agire. Questo principio è noto come “preventivo contraddittorio deontologico” ed è finalizzato a salvaguardare il rapporto di colleganza tra avvocati, dando la possibilità al collega di chiarire e, se possibile, risolvere la controversia prima che essa sfoci in un procedimento.
Il CDF non prevede espressamente che l’art. 38 si applichi agli esposti disciplinari, ma al quesito deve comunque darsi risposta affermativa, in linea con lo spirito del Codice deontologico, che mira a promuovere la risoluzione bonaria dei conflitti e a prevenire l’aggravarsi delle controversie tra professionisti.
Tale impostazione trova indiretta conferma nella giurisprudenza domestica che applica l’articolo in parola alle ipotesi -per certi versi analoghe- della presentazione di una querela o denuncia penale nei confronti del collega, che deve appunto essere preceduta dalla comunicazione scritta al querelando (Consiglio Nazionale Forense (Pres. f.f. Vermiglio, Rel. Del Paggio), sentenza del 20 aprile 2012, n. 60, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. ALPA, rel. ALPA), sentenza del 1 settembre 2004, n. 188, Consiglio Nazionale Forense (Pres. f.f. Salazar, Rel. Tacchini), sentenza del 29 novembre 2012, n. 171, CNF, 28 dicembre 2006 n. 204).