La questione dell’autenticazione di una firma risultata poi essere falsa è stato oggetto di varie pronunce del Consiglio Nazionale Forense (CNF), che hanno chiarito i doveri e le responsabilità degli avvocati in tali situazioni.

Secondo la giurisprudenza del CNF, l’avvocato che autentica una firma deve assicurarsi che questa sia effettivamente proveniente dal soggetto interessato. Se l’avvocato autentica una firma che poi risulta essere falsa (apocrifa), ciò costituisce un illecito disciplinare poiché viene meno ai doveri di lealtà, correttezza e diligenza previsti dal codice deontologico forense.

Ad esempio, nella sentenza n. 97 del 3 luglio 2013, il CNF ha ritenuto che l’avvocato, pur in condizioni personali e di salute difficili, abbia comunque violato i suoi doveri autentificando una firma poi risultata apocrifa, decidendo per una sospensione dall’esercizio della professione per due mesi.

Ancora, nella sentenza n. 96 del 3 maggio 2021, il CNF ha confermato una sospensione di tre mesi per un avvocato che aveva autenticato una firma apposta apparentemente dal cliente su una querela, ma che una perizia grafologica successiva aveva rivelato essere stata apposta dallo stesso avvocato.

Queste decisioni sottolineano l’importanza per gli avvocati di verificare attentamente l’autenticità delle firme che autenticano, al fine di rispettare gli obblighi deontologici e tutelare l’integrità del proprio esercizio professionale.


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