L’avvocato che falsifica la firma di un collega su un atto giudiziario o su una procura può essere ritenuto responsabile sia dal punto di vista penale che deontologico.
Aspetto Penale
La falsificazione di una firma su un documento ufficiale come un atto giudiziario o una procura alle liti è un reato di falso, punibile ai sensi del Codice Penale italiano. Il reato di falso in scrittura privata è disciplinato dall’art. 485 c.p., mentre il falso in atto pubblico è previsto dall’art. 476 c.p., nel caso in cui l’atto sia equiparato a un atto pubblico. La fattispecie concreta indicherà quale specifico articolo si applichi.
Aspetto Deontologico
Dal punto di vista deontologico, un simile comportamento costituisce una violazione gravissima dei principi di probità, dignità e decoro, come stabilito dal Codice Deontologico Forense. Tale condotta viola i doveri di lealtà, fedeltà e correttezza professionale. Il Consiglio Nazionale Forense ha ribadito che la falsificazione di firme e atti giudiziari, utilizzati per alterare la realtà del mandato o della difesa, costituisce un grave illecito disciplinare. Ad esempio, la sentenza del CNF n. 269 del 20 giugno 2024, evidenzia come l’autenticazione di una firma apocrifa costituisca un illecito disciplinare che può portare a sanzioni come la sospensione o addirittura la radiazione dall’albo professionale.
In sintesi, l’avvocato che realizza una simile condotta potrebbe essere sottoposto a procedimento penale e disciplinare con esiti molto severi.