No, l’avvocato non può aderire a Convenzioni pubbliche che prevedono compensi irrisori o violano l’equo compenso. L’equo compenso è un principio fondamentale della deontologia forense, che impone all’avvocato di richiedere un compenso adeguato e proporzionato alla natura e alla quantità delle prestazioni svolte. L’adesione ad una Convenzione che prevede compensi irrisori costituisce un illecito disciplinare, in quanto lesivo del decoro e della dignità della categoria forense. L’avvocato ha il dovere di tutelare i propri interessi professionali, ma anche quelli del cliente, garantendo un compenso adeguato e proporzionato alle prestazioni svolte. Inoltre, l’adesione ad una Convenzione che viola l’equo compenso può comportare anche conseguenze negative per il cliente, ad esempio la riduzione della qualità delle prestazioni o la mancata tutela dei propri diritti e interessi. Pertanto, l’avvocato non può aderire a Convenzioni pubbliche che violano l’equo compenso, ma deve sempre agire nel rispetto dei principi etici e deontologici che regolano la professione forense. In questi termini, Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Picchioni, rel. Merli), sentenza del 28 dicembre 2017, n. 245.


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