L’avvocato può fare pubblicità, ma non in modo completamente libero. Deve rispettare le norme previste dal Codice Deontologico Forense (CDF) e dalla Legge n. 247/2012. In particolare, l’articolo 10 della Legge n. 247/2012 consente all’avvocato di fare pubblicità informativa sulla propria attività professionale, sull’organizzazione e struttura dello studio, e sulle eventuali specializzazioni e titoli scientifici e professionali posseduti. Tuttavia, questa pubblicità deve essere trasparente, veritiera, corretta e non deve essere comparativa, equivoca, ingannevole, denigratoria o suggestiva.
L’articolo 35 del Codice Deontologico Forense specifica ulteriormente le modalità e i limiti della pubblicità informativa:
- Trasparenza e Veridicità: La pubblicità deve essere trasparente e veritiera, non deve indurre in errore il pubblico e deve rispettare la dignità e il decoro della professione.
- Correttezza: La pubblicità non deve essere denigratoria nei confronti di altri professionisti né deve essere comparativa.
- Informazioni Consentite: L’avvocato può fornire informazioni relative alla propria attività professionale, all’organizzazione dello studio, alle specializzazioni e ai titoli posseduti, nonché alle modalità di determinazione dei compensi.
- Divieto di Suggestività: La pubblicità non deve essere suggestiva, cioè non deve creare aspettative irrealistiche o fare promesse di risultati.
- Divieto di Intermediazione: Come già menzionato, l’avvocato non può acquisire clienti tramite agenzie o procacciatori d’affari.
La violazione di queste norme può comportare sanzioni disciplinari che vanno dall’avvertimento alla censura, fino alla sospensione dall’esercizio della professione.
Riferimenti:
- Art. 10 Legge n. 247/2012
- Art. 35 Codice Deontologico Forense (CDF)
In sintesi, l’avvocato può fare pubblicità, ma deve farlo nel rispetto delle norme deontologiche e legislative che regolano la professione, garantendo sempre trasparenza, veridicità e correttezza.