La questione dell’applicabilità dell’istituto penalistico della continuazione nel procedimento disciplinare degli avvocati è stata oggetto di dibattito in dottrina e giurisprudenza. Tuttavia, la giurisprudenza del Consiglio Nazionale Forense ha stabilito che l’istituto della continuazione non è applicabile nel procedimento disciplinare degli avvocati. In particolare, la sentenza del Consiglio Nazionale Forense n. 203 del 30 dicembre 2019 ha respinto la questione di legittimità costituzionale relativa alla inapplicabilità in materia disciplinare dell’istituto della continuazione e del conseguente regime del cumulo giuridico previsto in caso di concorso formale. La sentenza ha affermato che la legge professionale forense (L. 247/2012) prevede un regime sanzionatorio autonomo e specifico per le violazioni deontologiche degli avvocati, che non può essere assimilato a quello penale. Inoltre, la giurisprudenza del Consiglio Nazionale Forense ha stabilito che le plurime ripetute violazioni di carattere omogeneo e continuato non possono considerarsi in modo atomistico e frazionato, con la conseguenza che la prescrizione non inizia a decorrere quando ancora sia in corso e perduri la specifica condotta illecita del professionista (cfr. Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 173 del 17 ottobre 2022). In sintesi, l’istituto della continuazione non è applicabile nel procedimento disciplinare degli avvocati e la prescrizione non inizia a decorrere quando ancora sia in corso e perduri la specifica condotta illecita del professionista. Non vi è quindi incostituzionalità nell’esclusione dell’istituto della continuazione nel procedimento disciplinare degli avvocati.


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