La questione della produzione della corrispondenza riservata, anche se il contenuto è stato rivelato dalla controparte, è delicata e regolata dall’articolo 48 del Codice Deontologico Forense (CDF). In linea di principio, la corrispondenza qualificata come riservata non può essere prodotta o riferita in giudizio, indipendentemente dal fatto che il contenuto sia stato rivelato dalla controparte.

L’articolo 48 del CDF stabilisce chiaramente che:

  1. Divieto di Produzione: Non possono essere prodotte o riferite in giudizio le lettere qualificate riservate e comunque la corrispondenza contenente proposte transattive scambiate con i colleghi (art. 48, comma 1, CDF).
  2. Eccezioni: Le eccezioni a questo divieto riguardano solo i casi in cui la corrispondenza costituisce perfezionamento e prova di un accordo, o quando assicura l’adempimento delle prestazioni richieste (art. 48, comma 2, CDF).

Il Consiglio Nazionale Forense (CNF) ha ribadito in diverse sentenze che il divieto di produrre la corrispondenza riservata prevale sul diritto-dovere di difesa, salvo eccezioni espresse. Ad esempio, nella sentenza n. 177 del 21 novembre 2017, il CNF ha confermato che la corrispondenza riservata non può essere prodotta in giudizio anche se il contenuto è stato rivelato dalla controparte.

Pertanto, anche se la controparte ha rivelato il contenuto della corrispondenza riservata, l’avvocato non può produrre tale corrispondenza in giudizio. La riservatezza della corrispondenza tra colleghi è un principio fondamentale del Codice Deontologico Forense e deve essere rispettato.

Riferimenti:

  • Codice Deontologico Forense, art. 48
  • Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 177 del 21 novembre 2017

In conclusione, la corrispondenza qualificata come riservata non può essere prodotta in giudizio, anche se il contenuto è stato rivelato dalla controparte.

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