La decisione disciplinare, come previsto dall’art. 52 della Legge n. 247/2012, può contenere:

a) il proscioglimento, con la formula: “non esservi luogo a provvedimento disciplinare”;

b) il richiamo verbale, non avente carattere di sanzione disciplinare, nei casi di infrazioni lievi e scusabili;

c) l’irrogazione di una delle seguenti sanzioni disciplinari: avvertimento, censura, sospensione dall’esercizio della professione da due mesi a cinque anni, radiazione.

Inoltre, la decisione disciplinare deve essere motivata, ovvero deve indicare le ragioni che hanno portato all’irrogazione della sanzione o al proscioglimento dell’iscritto. La motivazione deve essere congrua e corretta, tale da far individuare l’iter logico seguito dall’organo giudicante, senza che sia necessario a tal fine un particolareggiato esame e una specifica confutazione di tutte le questioni sollevate, né una precisa esposizione di tutte le fonti di prova (Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 6 giugno 2015, n. 77).


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