Il palmario è una componente aggiuntiva del compenso dell’avvocato, riconosciuta dal cliente in caso di esito favorevole della lite. Tuttavia, la sua pattuizione deve essere contenuta entro limiti ragionevoli e giustificata dal risultato conseguito. Inoltre, il palmario non deve essere considerato un atto di liberalità, ma un compenso, anche se di natura premiante.

Dal punto di vista deontologico, il palmario deve essere pattuito per iscritto e deve essere soggetto agli obblighi fiscali previsti dalla legge, compreso l’obbligo di fatturazione. La mancata osservanza di tali obblighi costituisce una violazione del precetto deontologico previsto dall’art. 29, comma 3, del Codice Deontologico Forense, che impone all’avvocato di rispettare le norme fiscali e tributarie.

Inoltre, il palmario non deve essere pattuito in modo tale da ledere l’indipendenza e l’autonomia professionale dell’avvocato, né deve essere utilizzato per incentivare comportamenti contrari alla deontologia professionale, come ad esempio la promessa di un risultato certo o la violazione di doveri di lealtà e correttezza nei confronti del cliente o di terzi.

In sintesi, i limiti deontologici del palmario sono rappresentati dalla necessità di rispettare i principi di ragionevolezza, trasparenza, indipendenza e correttezza professionale, nonché gli obblighi fiscali e tributari previsti dalla legge.


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