L’articolo 53 del Codice Deontologico Forense (CDF) stabilisce le regole che gli avvocati devono seguire nei rapporti con i magistrati, al fine di garantire la dignità e il reciproco rispetto tra le parti. Di seguito sono riportati i punti principali:

  1. I rapporti con i magistrati devono essere improntati a dignità e a reciproco rispetto.
  2. L’avvocato, salvo casi particolari, non deve interloquire con il giudice in merito al procedimento in corso senza la presenza del collega avversario.
  3. L’avvocato chiamato a svolgere funzioni di magistrato onorario deve rispettare tutti gli obblighi inerenti a tali funzioni e le norme sulle incompatibilità.
  4. L’avvocato non deve approfittare di rapporti di amicizia, familiarità o confidenza con i magistrati per ottenere o richiedere favori e preferenze, né ostentare l’esistenza di tali rapporti.
  5. L’avvocato componente del Consiglio dell’Ordine non deve accettare incarichi giudiziari da parte dei magistrati del circondario, fatta eccezione per le nomine a difensore d’ufficio.
  6. La violazione dei doveri e divieti di cui ai precedenti commi comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

La sanzione per la violazione di questi principi può variare da un avvertimento fino alla sospensione non superiore a 1 anno, a seconda della gravità del comportamento.

La giurisprudenza deontologica ha chiarito che il diritto di critica nei confronti di qualsiasi provvedimento giudiziario è una facoltà inalienabile dell’avvocato, ma deve essere esercitato nel rispetto della funzione giudicante e non può mai travalicare i limiti del rispetto dovuto alla funzione giudiziaria, riconosciuta dall’ordinamento con norme di rango costituzionale nell’interesse pubblico (CNF, sentenza n. 27 del 22 marzo 2022).

Inoltre, è importante sottolineare che l’avvocato deve ispirare il proprio rapporto con gli arbitri, conciliatori, mediatori e consulenti tecnici a correttezza e lealtà nel rispetto delle reciproche funzioni.


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