L’uso di un contributo unificato falso nel contesto giuridico rappresenta un illecito grave, sia dal punto di vista penale che deontologico. Dal punto di vista penale, l’utilizzo di un contributo unificato falsificato rientra nel reato di falso previsto dal codice penale, potendo configurare ipotesi di falsità materiale o ideologica a seconda delle modalità con cui viene realizzato.
Dal punto di vista deontologico, l’uso di contributi unificati falsi da parte di un avvocato costituisce una violazione delle norme di probità, dignità e decoro della professione forense, come previsto dall’articolo 9 del Codice Deontologico Forense (CDF). Tale comportamento mina la fiducia nel sistema giudiziario e nella professione legale, e viene di solito sanzionato severamente dai Consigli Distrettuali di Disciplina (CDD) e dal Consiglio Nazionale Forense (CNF).
Ad esempio, nella sentenza n. 208 del 21 novembre 2013, il Consiglio Nazionale Forense ha sottolineato che le condotte riguardanti falsificazioni o utilizzi di documenti falsi devono essere valutate con rigore proprio per l’attentato all’integrità e all’affidabilità che tali comportamenti rappresentano nel contesto della professione legale.