L’incompatibilità tra l’esercizio della professione forense e l’insegnamento di materie non giuridiche è disciplinata dalla Legge n. 247/2012, che regola l’ordinamento della professione forense. In particolare, l’articolo 18 della suddetta legge elenca le attività incompatibili con l’esercizio della professione di avvocato.
Secondo l’articolo 18, comma 1, lettera d) della Legge n. 247/2012, l’esercizio della professione forense è incompatibile con “l’esercizio di qualsiasi attività di lavoro subordinato anche se con orario di lavoro limitato”. Questo significa che l’insegnamento di materie non giuridiche in una scuola pubblica o privata, se svolto come lavoro subordinato, è considerato incompatibile con la professione di avvocato.
La Corte di Cassazione, Sezioni Unite, nella sentenza n. 21949 del 28 ottobre 2015, ha confermato questa interpretazione, stabilendo che l’attività di insegnante, anche se part-time, in una scuola primaria statale è incompatibile con l’esercizio della professione forense. La Corte ha sottolineato che l’incompatibilità si basa sul principio che l’avvocato deve essere libero da vincoli di subordinazione che potrebbero compromettere la sua indipendenza e autonomia professionale.
Tuttavia, è importante notare che l’insegnamento di materie giuridiche presso università o istituti di istruzione superiore non è considerato incompatibile con la professione forense, come specificato dall’articolo 18, comma 1, lettera e) della Legge n. 247/2012. Questo tipo di insegnamento è infatti considerato compatibile con l’esercizio della professione di avvocato, in quanto ritenuto coerente con l’attività professionale e non lesivo dell’indipendenza dell’avvocato.
In sintesi, l’insegnamento di materie non giuridiche in una scuola primaria o secondaria, se svolto come lavoro subordinato, è incompatibile con l’esercizio della professione forense, mentre l’insegnamento di materie giuridiche presso università o istituti di istruzione superiore è compatibile.
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