L’avvocato straniero che esercita l’attività professionale in Italia è tenuto al rispetto delle norme deontologiche italiane (art. 3, co 3, cdf).
In particolare, l’attività professionale in parola può essere esercitata in modo permanente oppure temporaneo: nella prima ipotesi, trova applicazione il D.Lgs. n. 96/2001, altrimenti la L. n. 31/1982. In ogni caso, l’avvocato “straniero” che può esercitare in Italia (in modo permanente o temporaneo) è esclusivamente il cittadino di uno Stato membro dell’Unione europea (o di un altro Stato comunque aderente all’accordo sullo Spazio economico europeo), in possesso del titolo professionale nello Stato di origine o appartenenza. Al di fuori di tali ipotesi eccezionali, deve quindi ritenersi che gli avvocati stranieri non possano esercitare la professione forense in Italia.
L’avvocato stabilito.
L’avvocato straniero che esercita la professione in modo permanente (c.d. avvocato stabilito) è iscritto nella sezione speciale dell’albo degli avvocati (art. 3 D.Lgs. n. 96/2001), “costituito nella circoscrizione del tribunale in cui hanno fissato stabilmente la loro residenza o il loro domicilio professionale” (art. 6 D.Lgs. n. 96/2001).
Gli avvocati stabiliti sono “tenuti all’osservanza delle norme legislative, professionali e deontologiche che disciplinano la professione di avvocato” (art. 5, co. 1, D.Lgs. n. 96/2001) nonché soggetti “al potere disciplinare del Consiglio dell’ordine competente” (art. 11 D.Lgs. n. 96/2001).
L’avvocato temporaneo.
L’avvocato straniero che esercita la professione in modo temporaneo non è iscritto in alcuna sezione speciale dell’albo degli avvocati italiani (art. 4, ult. periodo, L. n. 31/1982), ma in un apposito registro, estraneo all’albo (art. 12 L. n. 31/1982), di cui comunque il COA rilascia certificazioni e attestati (art. 14 L. n. 31/1982) e che non esclude la potestas judicandi dell’organo disciplinare (Cass. n. 146/1999), normalmente limitata ai propri iscritti (CNF n. 242/2023).
Gli avvocati temporanei sono “tenuti all’osservanza delle vigenti norme legislative, professionali e deontologiche” (art. 4, co. 1, L. n. 31/1982) nonché soggetti “al potere disciplinare del consiglio dell’ordine competente per territorio” (art. 11, co. 1, L. n. 31/1982).
La “correzione” interpretativa.
Alla luce della sopravvenuta normativa (art. 50, co. 1, L. n. 247/2012), il richiamo al “Consiglio dell’Ordine” quale organo titolare del potere disciplinare va ora inteso riferito al Consiglio distrettuale di disciplina, sia per l’avvocato stabilito, sia per l’avvocato temporaneo. Per il primo, tale adeguamento interpretativo non ha dato luogo a particolari incertezze o dubbi: gli avvocati stabiliti sono pacificamente giudicati dai CDD senza eccezioni di sorta, che quindi non è stato neppure necessario confutare in sede di gravame; non constano invece decisioni disciplinari del CDD con riferimento agli avvocati temporanei, ma ciò non impedisce di giungere alle medesime conclusioni in via interpretativa, essendo venuto meno il potere disciplinare dei COA in forza di normativa sopravvenuta (L. n. 247/2012) con cui la normativa preesistente (cioè la L. n. 31/1982, così come il D.Lgs. n. 96/2001) va necessariamente coordinata pur in difetto di un espresso aggiornamento legislativo.
Conclusioni.
In definitiva, ai sensi dell’art. 51 L. n. 247/2012 e art. 4 Reg. CNF 2/2014, l’Organo disciplinare competente a sanzionare deontologicamente l’avvocato straniero che eserciti l’attività professionale in Italia è il CDD del distretto in cui è iscritto l’avvocato stesso (sezione speciale dell’albo, se “stabilito”; registro speciale, se “temporaneo”), oppure del distretto nel cui territorio è stato compiuto il fatto oggetto di indagine o di giudizio disciplinare, con applicazione del principio della prevenzione.