La L. n. 247/2012 non prevede espressamente ipotesi di radiazione e cancellazione di diritto dall’albo degli avvocati e dal registro dei praticanti.

Tuttavia, tra le varie norme del “vecchio” ordinamento forense sopravvissute alla nuova legge professionale (in arg. cfr. questo editoriale), c’è l’art. 42 RDL n. 1578/1933 (CNF n. 140/2018), che appunto prevede:

Importano di diritto la radiazione dagli albi degli avvocati e dei procuratori:
a) l’interdizione perpetua dai pubblici uffici o dall’esercizio della professione di avvocato o di procuratore;
b) la condanna per uno dei reati preveduti negli articoli 372 [Falsa testimonianza], 373 [Falsa perizia o interpretazione], 374 [Frode processuale], 377 [Intralcio alla giustizia], 380 [Patrocinio o consulenza infedele] e 381 [Altre infedeltà del patrocinatore o del consulente tecnico] del codice penale.
Importano di diritto la cancellazione dagli albi:
a) l’interdizione temporanea dai pubblici uffici o dall’esercizio della professione di avvocato o di procuratore;
b) il ricovero in un manicomio giudiziario nei casi indicati nell’articolo 222, comma secondo, del codice penale;
c) l’assegnazione ad una colonia agricola od a una casa di lavoro.
I provvedimenti preveduti nel presente articolo sono adottati dal Consiglio dell’ordine, sentito il professionista.

Poiché la radiazione, ancorché di diritto, ha natura di sanzione disciplinare, competente ad irrogarla è il CDD, all’esito comunque di un procedimento in contraddittorio con l’iscritto (CNF n. 186/2014, CNF n. 152/2012). A tal proposito, si segnala che la radiazione di diritto consegue anche alla condanna definitiva per uno dei seguenti reati: falsa testimonianza (art. 372 c.p.), falsa perizia o interpretazione (373 c.p.), frode processuale (374 c.p.), intralcio alla giustizia (377 c.p.), patrocinio o consulenza infedele (380 c.p.) e altre infedeltà del patrocinatore o del consulente tecnico (381 c.p.). Tale norma va peraltro coordinata con l’art. 17 co. 1 lett g) L. n 247/2012 secondo cui “Costituiscono requisiti per l’iscrizione all’albo: […] g) non avere riportato condanne per i reati di cui all’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale e per quelli previsti dagli articoli 372373374374-bis377377-bis380 e 381 del codice penale;”. Ebbene, poiché i requisiti di iscrizione sono anche requisiti per la permanenza dell’iscrizione stessa (art. 17 co. 9 lett a L. n 247/2012), tali condanne comportano anche cancellazione dall’albo da parte del COA per perdita di un requisito.

Invece, anche a prescindere dal fatto che non costituisca più sanzione disciplinare (cfr. art. 53 L. n. 247/2012), la cancellazione di diritto prevista dalla norma in commento non ha natura disciplinare bensì amministrativa (CNF n. 200/2013, CNF n. 79/2010, Cass. n. 308/2005), in quanto connessa al pieno esercizio dei diritti civili previsti dall’art. 17, co. 1 lett d) L. n. 247/2012 (CNF n. 229/2021) quale requisito di iscrizione e permanenza, sicché competente a deliberarla è il COA.

Tuttavia, la nuova legge professionale ha implicitamente escluso che la cancellazione di diritto prevista dall’art. 42 RDL n. 1578/1933 operi nel caso di interdizione dall’esercizio della professione (art. 30 c.p.), stabilendo esclusivamente che “la durata della pena accessoria dell’interdizione dall’esercizio della professione inflitta dall’autorità giudiziaria all’avvocato è computata in quella della corrispondente sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio della professione” (art. 54 co. 4 L. n. 247/2012, nonché art. 29 co. 1 lett. c) ult. per. Reg. CNF 2/2014), anche alla luce dell’orientamento della più recente giurisprudenza, secondo cui “La pena accessoria dell’interdizione dall’esercizio della professione (art. 30 c.p.) non incide sul mantenimento dell’iscrizione all’Albo e la sua durata è computata in quella della corrispondente sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio della professione forense (art. 54, co. 4, L. n. 247/2012). Tale disciplina, invece, non si applica alla pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici (art. 28 c.p.), la quale comporta infatti l’inibizione del pieno esercizio dei diritti civili, con conseguente necessità di cancellazione dall’Albo professionale per perdita del requisito previsto dall’art. 17 co. 1 lett. d) L. n. 247/2012.”. (CNF n. 266/2022).

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